"Fine" si accorda o no?

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Fausto Raso
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"Fine" si accorda o no?

Intervento di Fausto Raso »

Secondo un linguista di un giornale il linea l'espressione "fine a sé stesso" si può considerare una sola parola; "fine", quindi, resta invariato. È corretto dunque, secondo voi, dire o scrivere "sono discorsi fine a sé stessi"?
Io credo sia "piú corretto" accordare fine con il sostantivo cui si riferisce: "sono discorsi fini a sé stessi".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Secondo me è invariabile. Si sottintende un: sono discorsi [che sono un] fine a sé stessi. Impressione, la mia, epidermica, ma vedrò di controllare sui sacri testi appena possibile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

La sua epidermide non sbagliava.
Il GRADIT riporta:
~ fine a se stesso loc.agg.inv. CO [1870–72] non subordinato ad altri scopi: tentativo f. a se stesso, la virtù è f. a se stessa.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il veggo. :D Non è tuttavia completamente invariabile, visto che stesso muta desinenza.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Non è tuttavia completamente invariabile, visto che stesso muta desinenza.
Si può sostenere, quindi, che "sono discorsi fini a sé stessi" è "molto piú corretto" di "discorsi fine a sé stessi".
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Le confesso che al mio orecchio pur non digiuno di lettere questo plurale stride piú della vampa zingaresca. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Vedo che la questione era già stata proposta.

Sarebbe interessante capire quale sia la tendenza attuale: sembrerebbe che sia diffuso l'uso plurale di fine (fini) in concordanza col sostantivo, mentre la concordanza completa (del genere fina a sé stessa) resta fortunatamente limitata alla satira di Guzzanti ecc. :)
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Federico ha scritto:Vedo che la questione era già stata proposta.
Se ho visto bene non ha avuto una risposta. O sbaglio?
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Federico
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Intervento di Federico »

Fausto Raso ha scritto:
Federico ha scritto:Vedo che la questione era già stata proposta.
Se ho visto bene non ha avuto una risposta. O sbaglio?
No, non sbaglia.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ma abbiamo risposto qui, mi pare. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Ritorno un momento sulla questione: perché, dopotutto, non dovrebbe essere accettabile «sono discorsi [che sono dei] fini a sé stessi»? Non è detto che il fine sia unico, specialmente se è identificato con i discorsi stessi presi singolarmente.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Perché fine a sé stesso vuol dire «non subordinato ad altri scopi», e quindi che ne ha uno solo. Se poi la locuzione è registrata come invariabile nel GRADIT, non vedo perché cominciare a arzigogolare: si potrebbe fare lo stesso discorso per altre locuzioni invariabili, ma l’uso ha stabilito (e in questo caso approvo) che è, appunto, invariabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Ha ragione: mi sono lasciato ingannare dall'ellissi ipotizzata. Come è vero che è rischioso andare a cercare le parole sottintese! :roll:
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