Usciamo di qui!

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Daniele
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Usciamo di qui!

Intervento di Daniele »

Alla televisione lo sento molto spesso. L'eroe capisce che i cattivi hanno messo una bomba a orologeria nella casa, afferra la sua bella e la trascina verso la porta: «Presto, usciamo di qui!»
A me non piace per niente. Il complemento di moto da luogo, leggo sulla mia grammatica, è retto dalle preposizioni da e di, d'accordo, ma si possono usare indifferentemente? Io preferirei dire: «Usciamo da qui». È solo questione di gusti?

Buon anno a tutti!
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

I dizionari ci indicano che si può dire in tutti e due i modi. È riscontrabile una netta preferenza per di qui nella tradizione letteraria (1776 occorrenze nella LIZ, contro 350 per da qui). Dando un’occhiata agli esempi di da qui, si vede che s’adopera soprattutto in espressioni temporali per indicare il punto di partenza (specie in da qui innanzi e simili). Personalmente, dico solo Esci di qui; con da mi suona leggermente stonata la frase, pur essendo grammaticalmente corretta.

Buon anno! :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Daniele
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Intervento di Daniele »

Dunque è questione di gusti. A lei piace Esci di qui, io preferisco Esci da qui. Cercherò di non storcere più il naso quando sento Usciamo di qui! alla televisione o al cinema. Però, come giustamente lei rileva, per indicare il punto di partenza si usa senz'altro da. Credo che a nessuno verrebbe in mente di dire Vengo di Firenze. O sì?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

In italiano antico si usava di in molti casi in cui oggi da è pressoché esclusivo. E di quest’uso abbiamo relitti in espressioni come uscir di casa, di prigione, ecc. (impossibile *uscir da casa, da prigione), e in frasi come Mode venute di Francia accanto a Mode venute dalla Francia. In Toscana è ancor vivo l’illustre di lontano per da lontano. E tutti ricorderete i versi leopardiani

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna.
(La sera del dí di festa, 1-4)

All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
(A Silvia, 60-63)

Quanto a Vengo di Firenze non mi pare impossibile ancor oggi, sebbene sia una scelta marcata rispetto alla lingua stàndara.

Rimando anche a quel che dice in proposito il Fornaciari (notate anche il secondo i casi, considerato scorretto dal Sole 24 Ore ;)).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Aggiungo queste considerazioni di Aldo Gabrielli (Il museo degli errori, Milano, Mondadori, 1977, pp. 127-128, grassetto mio):
Il moto da luogo o la provenienza si esprime correttamente tanto con la preposizione da quanto con la preposizione di. Una regola che fissi nettamente l’uso ora dell’una ora dell’altra preposizione non può stabilirsi: le grammatiche infatti insegnano genericamente che spesso con valore di moto da luogo, di provenienza, la preposizione da può sostituirsi con di, dando maggior finezza alla frase. La regola è quindi dettata dall’uso, spesso della tradizione regionale, spessissimo dal gusto di chi parla o di chi scrive. Un Milanese dirà: «fuggire da casa», un Toscano dirà «fuggir di casa». Normalmente si dice «uscirono dalla città», «venivano da Firenze», ma un Toscano preferirà dire «uscirono di città», «venivano di Firenze». Ricordiamo Dante: «Sí della scheggia rotta usciva insieme Parole e sangue»; o anche: «Vegno del loco ove tornar disío». E un esempio del Boccaccio: «Partirsi di Palermo». E questo d’un moderno, del Giusti: «Li spinge di Croazia e di Boemme».

Ci sono poi frasi dove la preposizione di si è stabilizzata dappertutto, anche nel Settentrione: «l’automobile è uscita di strada» e non «dalla strada»; «lo hanno portato via di prigione» e non «dalla prigione». Specialmente si preferisce il di con gli avverbi di luogo: «va’ via di qui», «uscite di là», «movetevi di lí», «scendeva di lassú», «levatevi di tórno» ecc. Anche quando sia espresso il secondo termine di moto a luogo le due forme si alternano: «da qui a lí» ma anche «di qui a lí»; «da qui a Torino», ma anche «di qui a Torino».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Daniele
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Intervento di Daniele »

Grazie, Marco.
Volevo ringraziarla prima, ma una fastidiosa influenza limita la mia voglia di stare al computer… (mi scuserà, ma proprio non mi riesce di chiamarlo calcolatore)
Dunque, sembra che con gli avverbi di luogo sia preferibile di.
Ne terrò conto in futuro. Ma soprattutto devo dirle che sono felice di poter trovare qui risposte chiare ed esaurienti ai miei dubbi, date con tanta sollecitudine e gentilezza.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prego, Daniele. Grazie a lei delle sue gentili parole. :)

P.S. E che dice di computiere?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Daniele
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Intervento di Daniele »

Computiere l'avevo già letto, in una delle accesissime discussioni sui forestierismi, qui su Cruscate. Io faccio parte di quella schiera che ritiene assolutamente normali alcuni forestierismi, benché la lista di quelli che trovo superflui sia lunghissima. Briefing per riunione, per esempio, lo trovo assurdo, e specialmente nel mondo aziendale di esempi come questo ce n'è (ce ne sono?) a centinaia. Ma molte parole straniere entrate nell'uso le trovo non solo accettabili, ma legittime, e computer è una di queste. Se devo proprio dirla tutta calcolatore e computiere mi fanno un po' sorridere. Non me ne vorrà, spero!
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