Sull'accento circonflesso.
Moderatore: Cruscanti
Sull'accento circonflesso.
Ave amici! Questo è il mio primo intervento e potrei sembrare un novizio; tengo a dirvi, invece, che è da tempo che consulto questo forum, davvero utile ed esaustivo. Da pochi giorni, però, mi è sorto un dubbio. Di norma tendo a scrivere il plurale dei nomi uscenti in -io (-i atona) ponendo l'accento [che poi accento non è] circonflesso sulla -i del plurale:
esempio --> esempî.
So che questo discorso non vale se al singolare -io è preceduto dalle consonanti dolci c e g.
Volevo sapere se ci sono altre eccezioni oltre a questa.
Grazie anticipatamente.
esempio --> esempî.
So che questo discorso non vale se al singolare -io è preceduto dalle consonanti dolci c e g.
Volevo sapere se ci sono altre eccezioni oltre a questa.
Grazie anticipatamente.
- Infarinato
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Re: Sull'accento circonflesso.
Vede, Roberte: come in molti altri casi, la regol[ett]a in questione non è che l[’ imperfett]a semplificazione di tutta una serie di ragioni fonomorfologiche da una parte, ed etimologiche dall’altra.Robertus ha scritto:Di norma tendo a scrivere il plurale dei nomi uscenti in -io (-i atona) ponendo l'accento [che poi accento non è] circonflesso sulla -i del plurale:
esempio --> esempî.
So che questo discorso non vale se al singolare -io è preceduto dalle consonanti dolci c e g.
Volevo sapere se ci sono altre eccezioni oltre a questa.
La regola «[perlopiú] non vale se al singolare -io è preceduto dalle consonanti dolci c e g» semplicemente perché in questo caso la i è [generalmente] solo diacritica (ovvero: serve meramente a indicare la pronuncia palatale di quelle consonanti) e non etimologica (…per rispondere alla sua domanda, la stessa esclusione vale [generalmente] anche per sc /*S/ e gl /*L/).
Tuttavia, in un caso come socio (< lat. sociu[m]), ad esempio, la i è anche etimologica, per cui, se ammettiamo una scrizione quale provincie (oltre al piú usuale province), dovremo logicamente ammettere anche socii (e quindi anche socî, come principii/principî… mentre esempii/esempî [< lat. exemplu(m)] sarebbe grafia già meno giustificata/giustificabile).
Ovviamente, su tutto prevale l’uso (aggiungerei colto, ma oggi ciò potrebbe suonare snobistico ), per cui certe grafie (incluse quelle che ricorrono all’accento circonflesso ) sono decisamente inusuali, e quindi [in generale] poco «raccomandabili».
Re: Sull'accento circonflesso.
Concordo.Infarinato ha scritto:Ovviamente, su tutto prevale l’uso (aggiungerei colto, ma oggi ciò potrebbe suonare snobistico ), per cui certe grafie (incluse quelle che ricorrono all’accento circonflesso ) sono decisamente inusuali, e quindi [in generale] poco «raccomandabili».
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
[...] certe grafie sono decisamente inusuali, e quindi [in generale] poco «raccomandabili».
Se io, però, volessi adoperare il circonflesso, dovrei attenermi a delle «norme» precise (tenendo conto anche delle etimologie delle singole parole) o potrei «liberamente» seguire, come sempre, le regol[ett]e su riportate?
Su wikipedia si parla di accento circonflesso, anche se non mi pare sia tutto «esatto»;
ecco la pagina: http://it.wikipedia.org/wiki/Accento_circonflesso
Illuminatemi!
Se io, però, volessi adoperare il circonflesso, dovrei attenermi a delle «norme» precise (tenendo conto anche delle etimologie delle singole parole) o potrei «liberamente» seguire, come sempre, le regol[ett]e su riportate?
Su wikipedia si parla di accento circonflesso, anche se non mi pare sia tutto «esatto»;
ecco la pagina: http://it.wikipedia.org/wiki/Accento_circonflesso
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Cosa le devo dire, caro Roberto? Io mi atterrei all’etimologia o, perlomeno, alla tradizione letteraria: certe parole uscenti in io (i atona) possono infatti ammettere al plurale la variante in -ii/-î perché a un certo punto si è adottata anche una pronuncia latineggiante in /-ii/, non sempre etimologicamente giustificata.Robertus ha scritto:Se io, però, volessi adoperare il circonflesso, dovrei attenermi a delle «norme» precise (tenendo conto anche delle etimologie delle singole parole) o potrei «liberamente» seguire, come sempre, le regol[ett]e su riportate?
Quanto alla regoletta, può trovarne una chiara illustrazione su Wikipedia, anche se non posso esimermi dal rilevare i limiti di una tale schematizzazione:
- Si dice ad esempio che non è ammessa la variante in -ii/-î dopo gn /*J/, il che è ipotesi meramente teorica, visto che l’unica parola in -io con i atona è tecnopegnio /tekno'pEJJo/, dove la i è etimologica (né potrebbe essere altrimenti).
- Il fatto che la variante in -ii/-î non sia ammessa dopo due [o piú] consonanti (uguali o diverse) è una semplificazione delle leggi di fonetica storica che soggiacciono a quelle parole: ecco quindi che il nostro esempii/esempî (< lat. exemplu[m]) viene giustamente rigettato cosí come *occhii/*occhî (< lat. oculu[m]), ma si rigetta anche il povero ovvii/ovvî (< lat. obviu[m]), dove la i è etimologica…
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