«All’insaputa di» diventa «a insaputa di»?

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Marco1971
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«All’insaputa di» diventa «a insaputa di»?

Intervento di Marco1971 »

Sembra diffondersi sempre di piú questa locuzione senz’articolo. Coloro che difendono a spada tratta l’evoluzione a ogni costo diranno che è normale, perché ci sono mille antecedenti e le lingue tendono a semplificarsi. Non dirò certo il contrario. Tuttavia, c’è anche un limite, e non mi pare atteggiamento sano quello che sdogana tutto in nome dell’«Evoluzione». (I dizionari, per ora, registrano solo la forma con l’articolo.)

Occorre ricordare che tale locuzione ricalca il francese à l’insu de e che, appena entrata, fu criticata:

‘Insaputa’, voce notata dal Bernardoni fra le non approvate. Pare al filologo moderno che sia da tollerare per ora nel linguaggio e nelle scritture familiari e non altro. (Fil. Ugolini)

Il Gabrielli bivolume scrive:

All’insaputa di qualcuno, A mia, tua, sua, nostra, loro insaputa, ricalcate sul francese à l’insu de, à mon insu, ecc., che sostituiscono quelle piú antiche e piú schiette Senza la saputa di, senza saputa di, senza mia, tua, ecc. saputa, senza che uno lo sappia o lo sapesse, senza che io lo sappia o lo sapessi, ecc.

Diamo spazio alla variatio e teniamo in vita queste belle locuzioni? :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Re: «All’insaputa di» diventa «a insaputa di»?

Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Sembra diffondersi sempre di piú questa locuzione senz’articolo. Coloro che difendono a spada tratta l’evoluzione a ogni costo diranno che è normale, perché ci sono mille antecedenti e le lingue tendono a semplificarsi. Non dirò certo il contrario. Tuttavia, c’è anche un limite, e non mi pare atteggiamento sano quello che sdogana tutto in nome dell’«Evoluzione». (I dizionari, per ora, registrano solo la forma con l’articolo.)
C'è anche un caso inverso, in un certo senso. Alcuni (forse tutti) fanno precedere l'aggettivo-sostantivo "incognito" dalla preposizione "in" (in incognito): viaggiare in incognito. Non serve affatto la preposizione perché è insita nel vocabolo di derivazione latina. Si veda il Treccani al punto 1.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Infatti, caro Fausto, il Treccani scrive:

oggi sono usate più comunem. le espressioni viaggiare in incognito, in stretto i., in strettissimo i., nelle quali la parola ha il valore sostantivato del sign. seguente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il Battaglia dà le locuzioni In incognito, all’incognito, da incognito: «senza rivelare la propria identità, sotto falso nome. – Anche: in forma non ufficiale».

In incognito ha i suoi anni sulle spalle, si trova già nel Settecento:

Da varie rispettabili persone
ei nel viaggio accompagnar si fea,
dal Patas, dal Magot e dal Mammone:
ma in incognito stretto si tenea,
onde color che stavangli vicino,
lo chiamavano il conte Babbuino.
(Casti [1724-1803], Gli animali parlanti, canto 19)

Non appare dunque censurabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Il Dizionario Linguistico Moderno di Aldo Gabrielli "sconsiglia" la locuzione "in incognito":
Dal latino incognitus, non conosciuto, ricorre spesso nella locuzione viaggiare in incognito, dove quell'in è del tutto superfluo; si dirà viaggiare incognito; ma meglio si direbbe viaggiare privatamente, da privato, in forma privata.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Intervento di Marco1971 »

Caro Fausto, il Dizionario linguistico moderno di Gabrielli non è affidabile. È un cumulo di giudizi personali non sostanziati da esemplificazione del buon uso. Lo stesso Gabrielli s’è ravveduto (o direi svegliato) con gli anni.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Caro Fausto, il Dizionario linguistico moderno di Gabrielli non è affidabile. È un cumulo di giudizi personali non sostanziati da esemplificazione del buon uso. Lo stesso Gabrielli s’è ravveduto (o direi svegliato) con gli anni.
Dante, però, nel Purgatorio usa "incognito" senza la preposizione "in":
"...di mille odori vi facea un incognito indistinto..."
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Dante non adopera la preposizione ‘in’ nel verso 81 del settimo canto del Purgatorio, perché non ha nulla che fare con quello di cui discutiamo.

Non avea pur natura ivi dipinto,
ma di soavità di mille odori
vi facea uno incognito e indistinto.


Cioè: «Vi produceva un odore unico, non conosciuto e indefinibile.» (Leggo nel commento di questo verso in una delle molte versioni che ho.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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