Devoto e Oli su forestierismi e dialettalismi

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Carnby
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Devoto e Oli su forestierismi e dialettalismi

Intervento di Carnby »

Dalla prefazione al Dizionario della lingua italiana:
Il presente dizionario apparirà troppo ampio nella registrazione di parole straniere. Non è una gioia. Una lingua è un insieme di strutture, assestate e per così dire polite dalla storia come attraverso l'azione dei ghiacci. Modificare a vanvera gli schemi fonetici è arbitrario, e infecondo. Tuttavia non si possono ignorare due fatti di grande importanza sociale: da una parte il peso della tradizione linguistica anglosassone, che dà un'impronta a tutto il mondo della tecnica e delle scienze della natura; dall'altra la necessità di una spinta unitaria nell'armonizzazione delle pronunce dialettali; infine l'opportunità di accogliere di quando in quando qualche elemento dialettale particolarmente caratteristico.
Per quello che riguarda la pronuncia di termini stranieri, il dizionario dì ortografia e pronuncia redatto a cura della commissione nominata dalla RAI-TV contiene quanto di più completo e fidato si possa immaginare. Ma i problemi che i forestierismi propongono all'utente italiano sono complessi. Il primo è quello dell'adattamento delle parole straniere rispetto a strutture che siano non troppo in contrasto con gli schemi italiani. Da almeno un secolo il sistema italiano non rifiuta più come in passato parole che terminino in consonante. Anzi ne sopporta persino di quelle che terminino in due consonanti, purché la prima sia una consonante continua o « più continua » rispetto a una momentanea seguente: tale il gioco del cosiddetto « cart » che è accettabile mentre non lo sarebbe lo schema TEATR; tale il « film » che è accettabile mentre uno schema FIML non lo sarebbe. In queste condizioni forestierismi come « gap » oppure « lider » non dovrebbero far difficoltà. La seconda categoria è quella delle parole che bisogna rassegnarsi a tradurre: sia il caso di « leadership » che non si vede come possa reggere con la sua anitalianità e che bisogna rassegnarsi a sostituire con « guida ». Il terzo caso è quello del calco, quale si presenta nella terminologia fondamentale degli elaboratori elettronici, attraverso le due locuzioni dello « hard-ware », la sostanza rigida dei calcolatori nella loro struttura, che si concilia press'a poco con la immagine di « materia dura » o « rigida » ; e quella di « soft-ware », la « materia soffice », quale risulta dalla elaborazione dei programmi.

G. Devoto, G.C. Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971, p. VII
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Re: Devoto e Oli su forestierismi e dialettalismi

Intervento di Freelancer »

Carnby ha scritto:Dalla prefazione al Dizionario della lingua italiana:
[...]Il primo è quello dell'adattamento delle parole straniere rispetto a strutture che siano non troppo in contrasto con gli schemi italiani. Da almeno un secolo il sistema italiano non rifiuta più come in passato parole che terminino in consonante. Anzi ne sopporta persino di quelle che terminino in due consonanti, purché la prima sia una consonante continua o « più continua » rispetto a una momentanea seguente: tale il gioco del cosiddetto « cart » che è accettabile mentre non lo sarebbe lo schema TEATR; tale il « film » che è accettabile mentre uno schema FIML non lo sarebbe. In queste condizioni forestierismi come « gap » oppure « lider » non dovrebbero far difficoltà. [...]

G. Devoto, G.C. Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971, p. VII
Ma cosa fa? Non lo sa che adesso arrivano i fulmini di Marco?
:wink:
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Be', non ho detto che lo condivido in toto, ma sarebbe già qualcosa se scrivessimo lider anziché di leader, stravolgendo le regole ortografiche dell'italiano per cui i si legge /i/ e ea... /ea/ o /Ea/. Chiaramente capo è molto meglio, ma talvolta occorre un po' di realismo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

È la storia del terzo sistema fonologico devotiano – di cui s’è discusso qui –, che tanto fa comodo a tutti (perché è minor fatica dell’adattamento integrale e ormai i settentrionali – senza offesa a nessuno – sembrano credere che l’italiano lo facciano a modo loro), ma a cui non aderirono mai studiosi insigni come Migliorini e Castellani. In fondo, la sequenza finale [-tr] non è accettabile nella nostra lingua solo perché non esiste neanche in inglese (se ci fosse, col tempo l’accetteremmo, anche a costo di parlare ostrogoto o ostrgt :D).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

La questione delle consonanti finali in italiano è una cosa che si è riproposta più volte nella storia della lingua, anche se, ovviamente, si è sempre trattato di un fenomeno marginale. Dai Cleopatràs e Minòs danteschi fino ai più recenti gas, nord e ovest (adattati da Castellani in norde e gueste). Perfino nei dialetti toscani ci sono avute occorrenze di consonanti finali (-n in alcuni dialetti lucchesi, -s in parole semidotte di vari vernacoli come lapis e storis, per lo più con vocale d'appoggio -e, specie in fine d'enunciato). Per lo più, come si può notare dagli esempi, si tratta di uscite in sonorante o /s/, esattamente come in spagnolo (che ha in più /D/ e /T/, dei quali spesso il primo cade e il secondo passa a /s/). Non condivido completamente l'osservazione di Folena secondo la quale l'italiano sarebbe l'unica grande lingua di cultura che non tollera consonanti finali: qualcosa del genere accadeva anche in alcuni pracriti indiani e nel giapponese antico, mentre in quello moderno /-n/ è in realtà sillabico, quindi in qualche modo "vocalico". A mio avviso l'uscita in consonante deve rimanere circoscritta a pochi casi ben attestati (perlopiù monosillabici), respingendo soprattutto suffissi come -er che stanno diventando "produttivi": inverter, decoder, scanner.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

come in spagnolo (che ha in più /D/ e /T/, dei quali spesso il primo cade e il secondo passa a /s/).
Non capisco questa parte.
Avatara utente
Carnby
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Intervento di Carnby »

Intendevo dire che il seseo è frequente nell'ambito ispanofono, anche nel castigliano, e questo implica che la /T/ finale di lápiz si pronunci /s/.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Capisco, ma quelli che distinguono la z della s lo fanno anche alla fine della parola, non importa la posizione.
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