E Tullio De Mauro, nell’introduzione alle Nuove parole italiane dell’uso (p. XVI):La competenza linguistica (stando a ricerche fatte nella scuola media sulle piú giovani generazioni) è in calo.
Nulla di nuovo: il problema di fondo risiederebbe in massima parte nella scuola, che dovrebbe incoraggiare la lettura e sensibilizzare gl’italiani di domani al nostro patrimonio linguistico e culturale affinché il mirabile edificio della lingua regga, almeno ancora per un po’, alle pressioni, esogene e endogene, che lo scompaginano.Una recente indagine sui livelli di comprensione dei testi svolta dall’IEA in oltre trenta paesi, Progress in International Reading Literacy Studies-PIRLS, mostra che tra 1991 e 2002 bambine e bambini italiani nelle scuole pubbliche elementari sono e restano ai primi posti nel mondo e, rispetto alla media internazionale di 500 punti, hanno migliorato da 525 a 541 il loro punteggio medio. A questo eccellente andamento [trend? dinamica? ] della scuola elementare non corrisponde, come mostra un’altra indagine internazionale, PISA, un altrettanto buon risultato in uscita dalle scuole medie superiori. Ma ancora piú grave è la situazione complessiva della popolazione adulta. Una terza indagine, condotta in Italia dal CEDE (Centro Europeo dell’Educazione), conclusa nel 2001 e, dopo un primo annunzio, circondata dal silenzio, Second International Adult Literacy Survey-SIALS, informa che il 5% degli adulti e delle adulte non è assolutamente in grado di accedere alla lettura e il 33% ha gravi difficoltà a leggere, scrivere e svolgere calcoli elementari e un secondo 33% supera di assai poco questo livello. Soltanto meno di un terzo della popolazione adulta mostra una buona capacità di lettura, produzione scritta e calcolo. Dunque piú della metà di coloro che pur parlano italiano devono farlo senza un retroterra [background? ] di conoscenze e letture adeguato al controllo pieno di una lingua antica e nuova, carica di tradizioni e insieme, come si è visto, vitalmente aperta a innovazioni.
È piú facile e consolante gridare per un apostrofo o un congiuntivo che manchino o per un esotismo magari effettivamente ridondante che incidere su queste premesse profonde del buon uso linguistico. Coloro che si professano amanti della buona lingua [i.e. little me ] e noi con loro (qualche prova di ciò questo dizionario e queste Parole nuove la danno) bisognerebbe che manifestassero il loro amore lavorando perché anche in Italia si affermi, come negli altri paesi ad alto sviluppo, un sistema di educazione ricorrente degli adulti, e si diffonda, come in paesi anche non ad alto sviluppo, un’efficiente rete [network? ] di centri di pubblica lettura. La relazione 2002 dell’ISTAT ci ha detto che solo il 19% delle famiglie italiane di alto reddito spende in un anno qualche euro per acquistare libri non scolastici e l’81% spende zero. Anche da questo solo dato ricaviamo abbastanza per capire quanto è difficile realizzare l’obiettivo di un generalizzato uso responsabile e consapevole della nostra lingua.
Eppure le potenzialità ci sono: lo attestano, per fermarci solo a qualche aspetto, gli ottimi risultati delle nostre scuole elementari, alunni, alunne, maestre e maestri, ed episodi come l’eccezionale successo delle letture dantesche di Roberto Benigni o delle campagne di promozione della lettura della Fondazione Bellonci o dei Presidi del Libro. Da queste potenzialità occorrerà che muovano gli amanti della buona lingua “per correr miglior acque”.
Tullio De Mauro
Roma, 25 aprile 2003
Ma già in questo senso ci adoperiamo, nel nostro piccolo, in questo forum.