Uso di "lui/lei/loro" come soggetto

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Zabob
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Uso di "lui/lei/loro" come soggetto

Intervento di Zabob »

È a tutti noto ed evidente come nel linguaggio parlato (ma anche nello scritto informale) nessuno adoperi i pronomi "egli", "ella", "essi/esse", sostituendoli rispettivamente con "lui", "lei" e "loro".
In quest'articolo sul sito dell'Accademia della Crusca (già citato in un precedente intervento nella sezione Sintassi di questo fòro per via dei millesimi 1927 e 1940 chiaramente errati) F. Sabatini avanza delle spiegazioni a supporto della legittimità dell'uso delle forme oblique "lui"... al posto di quelle nominativali "egli"...
Tali spiegazioni si possono sintetizzare nelle due seguenti argomentazioni:
a. il soggetto è anche “tema”: ossia quando sentiamo che in realtà vogliamo dire “per quanto riguarda lui (o lei o loro)” e simili, il che certamente accade, tra l’altro, quando il soggetto è accompagnato da anche, ancora, proprio, perfino, nemmeno, neanche, neppure, stesso, medesimo;
b. il soggetto è anche “rema” e quindi è posposto al verbo (o ad ecco, che vale come verbo), anche se questo è sottinteso come accade in espressioni del tipo contento lui (‘se è contento lui’), non farò come lui (‘...come fa lui’), beato lui! (‘beato è lui!’), nelle risposte: Chi è stato? – Lui!
Queste argomentazioni tuttavia non mi convincono, poiché allora:
a. se giustifico l'espressione lui parte sottintendendo (per quanto riguarda) lui (,) parte, non vedo perché non dovrei dire me parto [(per quanto riguarda) me (,) parto]; d'altra parte, noto che se è errato (nello scritto come nel parlato) dire nemmeno egli lo sa, non lo è tuttavia dire nemmeno io lo so;
b. anche nel caso di soggetto-"rema", ossia posposto al verbo, noto una discrepanza tra l'uso del pronome al nominativo nella prima persona (vengo io) e nella forma obliqua alla terza (viene lui), mentre negli altri esempi riportati si oscilla tra concordanza ("non farò come lui/non farò come te", "beato lui!/beato te!") e discordanza ("contento lui/contento tu", "Chi è stato? – Lui!/Io!"); peraltro, anche i casi in cui c'è concordanza vengono meno quando esplicitati con il verbo ("non farò come fa lui/come fai tu", "beato è lui!/beato sei tu!").

In breve, Sabatini non spiega perché una certa evoluzione della lingua abbia portato ad adottare le forme oblique "lui/lei/loro" ma non, parallelamente e in casi del tutto analoghi, le equivalenti "me/te".

Infine: mi sono sempre chiesto perché nella nota preghiera del Requiem aeternam il "dona eis" viene tradotto con "dona loro" mentre il "luceat eis" con "risplenda ad essi". Non sarebbe da matita blu quel "risplenda ad essi"?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Lei sicuramente ben saprà che non si può trattare la lingua alla stregua d’un prisma o d’una piramide, insomma essa geometrica non è, e ciò che vale per la terza persona (singolare e plurale) può non valere per la prima e la seconda. L’uso s’è stabilito cosí, spiega Serianni nella sua preziosa grammatica (VII.16), anche per il forte influsso d’un testo come I promessi sposi, nella cui versione definitiva, seguendo l’uso vivo, Manzoni sostituí quasi tutti gli egli e gli ella con lui e lei.

Non capisco perché lei consideri con sospetto risplenda ad essi... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Riporto un paio di esempi (i primi che trovo) proprio dal romanzo di Manzoni:
1) «ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui»
2) «ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond’era lui venuto, ...»

Mi sembra evidente che:
1) nel primo caso sarebbe stato errato "l’aspettato era egli" (dove sarebbe stato invece corretto "l’aspettato sono io/sei tu");
2) nel secondo esempio abbiamo in effetti un "lui" dove ci saremmo attesi un "egli" (per di più non è neanche una battuta in bocca a un personaggio).

Ci sono delle situazioni in cui, come lei stesso osserva, «ciò che vale per la terza persona (singolare e plurale) può non valere per la prima e la seconda». Se dico "lui l'ha voluto" anziché "egli l'ha voluto" forse posso invocare l'influsso di Manzoni; ma se dico "l'ha voluto lui" no, non c'entra Manzoni, poiché "l'ha voluto egli" è un errore bello e buono, laddove, alla prima persona, "io l'ho voluto" rimane "l'ho voluto io" con il soggetto posposto.

Per quanto riguarda il Requiem: "risplenda ad essi" mi sembra errato per lo stesso motivo per cui lo sarebbe "risplenda ad egli". In altri termini, essi/esse li considero solo come pronomi personali soggetto. Tuttavia vedo che ci sono precedenti illustri: «E vo' che sappi che, dinanzi ad essi, / spiriti umani non eran salvati»; «ei non stette là con essi guari, / che ciascun dentro a pruova si ricorse».
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Riassumendo: la grammatica deriva dall’uso cólto-letterario e non viceversa. ;)

Esso/essa/essi/esse sono pronomi sia soggetto sia complemento introdotto da preposizione. Il primo esempio che mi viene in mente è la conclusione d’un’aria del Trovatore: per esso morirò. E già che ho la BIZ[a] aperta, ecco un esempio di Leopardi, sempre inappuntabile:

Uno degli errori gravi nei quali gli uomini incorrono giornalmente, è di credere che sia tenuto loro il segreto. Né solo il segreto di ciò che essi rivelano in confidenza, ma anche di ciò che senza loro volontà, o mal grado loro, è veduto o altrimenti saputo da chicchessia, e che ad essi converrebbe che fosse tenuto occulto. (Leopardi, Pensieri). :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Ritorno sull'argomento per sapere se è "condannabile" o meno indicare con "lui/lei/loro" animali o cose. Una canzone di Ligabue, per esempio, recita: «Dicevi che il mondo va cambiato e intanto è lui che cambia te».
Per quel che riguarda gli animali, mi pare in fondo accettabile («La gazzella correva davanti al leone ma alla fine lui l'ha raggiunta»); per gli oggetti, forse solo nelle forme oblique, es. «Ho guardato cosa dice quel dizionario perché di lui mi fido».
Pareri? Da riservare al parlato?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Come potrà leggere dettagliatamente nella grammatica di Serianni (VII.18-19) – che domani correrà ad acquistare ;)lui/lei «possono anche essere usati per animali e cose, specie quando essi vengano umanizzati o siano comunque oggetto di una particolare carica di affettività». E si precisa piú sotto che esso/essa è «generalmente richiesto per animali e cose».

È insomma di nuovo una questione di registro: in un testo formale si ricorrerà a esso/essa per animali e cose; in un contesto informale e affettivo sarà lecito l’impiego di lui/lei. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Zabob ha scritto:...per sapere se è "condannabile" o meno...
Della sconsigliabilità di o meno si può leggere qui. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Grazie per avermelo fatto notare. Ora che so che non sta bene, cercherò di evitarlo. :wink:

P.S. ehm...
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Ritorno nuovamente sull'argomento per fare un'osservazione e sentire se può trovare condivisione: ho notato, in alcune vecchie grammatiche (fine '700-inizio '800), che erano in uso, nelle coniugazioni dei verbi, "colui", "colei" e "coloro" per le terze persone (soggetto).
È possibile che la sostituzione lui/lei/loro a scapito di egli/ella/essi/esse sia dovuta non a un abbandono delle forme nominativali a favore di quelle oblique, bensì ad aferesi delle forme (co)lui, (co)lei e (co)loro? O che comunque i due fenomeni, producendo lo stesso risultato, si siano incrociati o sovrapposti?
Ultima modifica di Zabob in data mar, 19 mar 2013 11:56, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

L’uso delle forme lui/lei come soggetto attraversa tutta la storia della lingua. Dante stesso, nel Convivio, l’adoperò («se lui fu vile, tutti siamo vili» 4, 15); altri esempi si trovano nel Poliziano e nel Pulci. Nel XVI secolo, arrivò la proscrizione dei grammatici. Lui/lei come soggetto vinsero definitivamente nel XIX secolo, come sappiamo. (cfr. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e i suoi dialetti, Einaudi, Torino 1968, Vol. II, § 436).

Ecco come la Grammatica del Fornaciari (fine Ottocento) spiega quest’impiego delle forme accusative toniche:

[…] fra i pronomi di terza persona, la forma oggettiva (lui, lei, loro) si sostituisce alla soggettiva (egli, ella, elleno), quando la persona operante debba avvertirsi di più e mettersi in rilievo maggiore. Ciò accade specialmente:
dove siano più persone a contrasto o in vicendevole corrispondenza; p. es. Se esso Adamo fu nobile, tutti siamo nobili, e se lui fu vile, tutti siamo vili.Prese la corona del ferro lui e la donna sua. Compagni. – Claudio prese la fanciulla e menavala via: lei s'atteneva al padre abbracciando e gridando. Ser Giovanni Fiorentino;
dove si debba ben distinguere e separare una persona dalle altre; p. es. Quello che lui dice, a tutti è legge. Dante. – Iddio, come tu vedi, è bene signore lui, ed è ricchissimo. Fra Giordano;
in generale, quando il soggetto sia posposto al verbo; p. es. Lasciamo fare a quello lassù. Non volete che sappia trovar lui il bandolo d'ajutarci? Manzoni.
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Intervento di SinoItaliano »

In alcuni italiani regionali, si usa te come soggetto...
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

SinoItaliano ha scritto:In alcuni italiani regionali, si usa te come soggetto
Toscano (fiorentino) compreso: te tu sei.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

SinoItaliano ha scritto:In alcuni italiani regionali, si usa te come soggetto...
Peggio ancora, con l'accento grave: .
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ferdinand Bardamu
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FT «Risplenda ad essi la luce perpetua»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Zabob ha scritto:… mi sono sempre chiesto perché nella nota preghiera del Requiem aeternam il "dona eis" viene tradotto con "dona loro" mentre il "luceat eis" con "risplenda ad essi". Non sarebbe da matita blu quel "risplenda ad essi"?
Si potrebbe trattare d’un espediente del traduttore — un espediente pienamente corretto dal punto di vista grammaticale — per elevare il registro. Veda in proposito quest’interessante articolo del professor Vittorio Coletti sulla lingua della Messa.

Forse c’entra pure il desiderio di variare il costrutto e evitare una sgradevole allitterazione: «… risplenda loro la luce…».
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