«Sit-in»

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Ferdinand Bardamu
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«Sit-in»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Nella nostra lista per sit-in si trova il traducente picchetto; nella IATE, sit-in è tradotto con occupazione o occupazione di fabbrica. Sempre nella stessa banca dati c’è anche sit-in strike, che ha un corrispettivo in italiano in sciopero bianco.

Abbandonando l’àmbito del lavoro, il sit-in è una forma di protesta, in voga nel Sessantotto, che consiste nell’occupazione di un’area pubblica per sostenere una certa causa; di solito si porta avanti sedendosi a terra, donde il nome. In una pellicola del 1969, un periodo in cui la parola iniziava a circolare ma non era ancora entrata stabilmente nell’uso, l’anglicismo è tradotto, in un dialogo tra i due protagonisti, con protesta seduti, che forse è meglio reso con protesta da seduti. Che ne dite?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Italiano urgente propone lo pseudoispanismo sentata.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Avendo sentare nel mio dialetto, avverto sentata come dialettale, e perciò è per me inutilizzabile per esprimere un concetto che travalica i confini regionali. Credo che sia meglio servirsi di materiale italiano.
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Non ho capito ancora bene una cosa. Questi anglicismi che ci piovono da tutte le parti sono esclusivamente parole "non dialettali", sono cioè unicamente il fior fiore del lessico inglese non regionale che proviene da fonti ufficiali e accademie nazionali di tale lingua? No perché qui da noi mi sembra che si faccia accurata distinzione tra parole regionali e parole nazionali, mentre forse da loro se ne fregano in toto.
Io invece con il lessico regionale proverei ad arricchire il lessico nazionale.
Beninteso, a me sta bene sia 'sentata' sia 'protesta da seduti'.

P.S. Secondo me per far fronte a questo dilagare di inglese (cioè di parole di anglofoni australiani, americani, canadesi, ecc.) bisogna considerare seriamente di usare il materiale di tutte le parlate regionali.
Io nella mia lingua ci credo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Personalmente non sono contrario all’uso del lessico dialettale per colmare le lacune dell’italiano. Anzi. Soltanto che, in questo caso, la proposta di Italiano Urgente mi pare destinata all’insuccesso: se m’immedesimassi in un giornalista non anglofilo, farei prima a adoperare un traducente italiano che a inventarmi un neologismo pseudodialettale o spagnoleggiante, che finirebbe coll’essere poco trasparente.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Il problema che si pone è sempre la brachilogia: finché si consigliano traducenti «lunghi» come protesta (da) seduti (se non addirittura «sbagliati» come picchetto), sit-in avrà vita facilissima.
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Carnby ha scritto:Il problema che si pone è sempre la brachilogia: finché si consigliano traducenti «lunghi» come protesta (da) seduti (se non addirittura «sbagliati» come picchetto), sit-in avrà vita facilissima.
Quello dev'essere un problema unicamente italiano. Per tradurre la nostra parola cinquina, per fare un esempio, gl'inglesi hanno messo su un mezzo poema: 'set of five winning numbers'. Continuando a fare confronti vedo che tornio è lathe, ma per tradurre tornire, tornito o tornitore si rifanno a turning, turned, lathe turn e simili. Se il capo non se lo fasciano loro, ché bisogna fasciarselo noi?
Io nella mia lingua ci credo.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Avendo sentare nel mio dialetto, avverto sentata come dialettale, e perciò è per me inutilizzabile per esprimere un concetto che travalica i confini regionali. Credo che sia meglio servirsi di materiale italiano.
Sono pienamente d'accordo... però: sentìn :D
sit-in= sentìn (che sarebbe un piccolo sènto, un sedile, una seduta, una sentà(da)).
E chi fa un sit-in è seduto in senton. Chiedo scusa e faccio la mia proposta: protesta seduta.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sentin sarebbe un buon traducente… in veneto. :D

Per l’italiano, avevo pensato anch’io all’ipallage protesta seduta. E in quanto alla brevità, è interessante l’osservazione che fece Freelancer qui, anche se rimango dell’idea che, in linea generale, la ricerca della concisione non dovrebbe essere un criterio fondamentale nel contrasto ai forestierismi innecessari.
domna charola
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Intervento di domna charola »

sempervirens ha scritto:Non ho capito ancora bene una cosa. Questi anglicismi che ci piovono da tutte le parti sono esclusivamente parole "non dialettali", sono cioè unicamente il fior fiore del lessico inglese non regionale che proviene da fonti ufficiali e accademie nazionali di tale lingua? No perché qui da noi mi sembra che si faccia accurata distinzione tra parole regionali e parole nazionali, mentre forse da loro se ne fregano in toto.
Io invece con il lessico regionale proverei ad arricchire il lessico nazionale.
Beninteso, a me sta bene sia 'sentata' sia 'protesta da seduti'.

P.S. Secondo me per far fronte a questo dilagare di inglese (cioè di parole di anglofoni australiani, americani, canadesi, ecc.) bisogna considerare seriamente di usare il materiale di tutte le parlate regionali.
Mi sembra un po' una mancanza di rispetto verso quelle fra le parlate regionali che hanno la dignità di vera e propria lingua.
In realtà, il discorso è un po' più complesso. Non sono per "ogni Comune ha una lingua" e in effetti il grosso di molte parlate regionali attuali è di fatto una variante dell'italiano. Però permane una quantità di termini che hanno una loro personalità (radice completamente diversa, e quindi origini e percorso storico).
Sono quei termini che da un lato si vanno perdendo perché si tende a dialettizzare la parola italiana corrispondente (soluzione più facile che memorizzare un termine completamente diverso), e che dall'altro meglio si presterebbero perché appunto "nuovi", diversi da tutte le parole in uso nell'italiano standard.
In questo caso, di fatto, andremmo a sostituire un termine straniero (es. inglese) con un altro termine straniero (es. veneziano). L'unica differenza è che attualmente è usato entro il territorio dell'italiano, ma di fatto ci arriva da un ambito e da percorsi evolutivi completamente diversi, e con i termini stranieri ufficiali può addirittura condividere la medesima "non trasparenza".
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Lei parla di termine straniero e cita l'inglese, e poi di un altro termine straniero e cita il veneziano. Francamente non riesco a capire il nesso.
Il veneziano è in Italia. L'inglese non lo è.

Comunque sia, ritornando agli anglicismi, vengono accolti senza subire quell'indagine che subirebbe una parola di un parlante italiano. La parola è italiano regionale o italiano nazionale? Grande dilemma per alcuni. Non per me. Tale criterio di selezione e relative contromisure si applichino allora anche per l'anglicismo. Viene da una varietà dell'inglese (americano, australiano, indiano, canadese, ecc.) o è "genuino"?

Sarò spiccio e incompetente ma se accettiamo un anglicismo dell'australiano, come dell'americano, o dell'indiano o del canadese, allora possiamo aprire le cateratte a tutte le parole di tutte le lingue della Penisola Italiana, di tutti i tempi. Non trasparente per non trasparente preferisco quelle italiane. Mi scusi eh! Così faccio girare la mia cultura. :evil: Parlo per me stesso. Che vantaggio ho a far girare esclusivamente le parole inglesi a scapito di quelle del mio Paese? Faccio circolare la cultura di un altro Paese e lascio cadere nell'oblio quella del mio? Nisba!

Il mio potrà essere un discorso senza capo né coda ma se lavorassi alla Fiat al lavoro ci andrei con una Fiat, e non con una BMW o una Audi. Propendo per una moderata autarchia lessicale con afflussi linguistici limitati alle aree culturalmente vicine, non escludendo ovviamente quelle parole strettamente necessarie prese da tutte le lingue del pianeta. Quindi ritornando all'analogia, se la mia macchina mi lascia a piedi non faccio lo schizzinoso se un amico che ha una Skoda o una Ford o chissà che cos'altro si offre di accompagnarmi al lavoro con la sua. Non so se ho reso l'idea.
Io nella mia lingua ci credo.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Personalmente sono per il no a qualsiasi termine straniero, cioè non italiano "nazionale". Il mio commento è riferito comunque a quei termini che sono completamente diversi dall'italiano regolare, così diversi che, se li uso nella parlata corrente al di fuori della regione di provenienza, non vengono capiti. Essi sono a tutti gli effetti altrettanto stranieri - nel senso di estranei alla lingua - di qualsiasi altro termine proveniente da oltr'Alpe. Quando non c'è comunanza di radice o di percorso evolutivo, un termine è estraneo e basta, secondo me; non c'è "più straniero" o "meno straniero" di un altro.

Faccio un esempio con i primi due termini che mi sono venuti in mente, e che regolarmente, quando mi sfuggono nel parlare di fretta, suscitano sguardi interrogativi:
scravassòn
biavaròl

Anche nella forma, con la terminazione in consonante, non si può certo dire che siano "più italiani" di bar o di computer.
Quindi, con che faccia chiedere la sostituzione dell'anglicismo, non trasparente e fonotatticamente non italiano, per poi sostituirlo con un termine - sia pure bellissimo - come questi?
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Credo di aver capito che cosa intendeva dire. Ad ogni modo io quella faccia ce l'avrei.
Frequento questo forum da poco più di un anno e devo dire che è l'unico in cui mi posso esprimere in italiano senza dover leggere scritti rimpinzati di anglicismi. E pensare che l'inglese è la mia seconda lingua insieme al giapponese!
Vivendo all'estero da tanti anni, ed avendo trascorso tanto tempo nei cantieri con maestranze italiane di tutte le regioni, mi sono abituato a sentire perlomeno quasi tutte le parlate regionali, e devo dire che di queste trovo di gran lunga il lessico molto più familiare di quello dell'inglese parlato un po' dappertutto. Personalmente preferirei una parola tipica di una regione italiana a quella di un anglicismo laddove è possibile la sostituzione. Tutto qui.
Io nella mia lingua ci credo.
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