[Cent'anni di solitudine pag. 19]Gabriel García Márquez ha scritto:«Alla fine della prima settimana uccisero e arrostirono un cervo ma si accontentarono di mangiarne la metà e di salare il resto per i prossimi giorni.»
Tutto è partito da questa citazione che mio fratello fece a proposito dell'uso di «prossimo». La diatriba che nacque tra lui e mia mamma verteva proprio sulla scelta dell'aggettivo, in particolare sull'ambito temporale in cui questo si inseriva.
Mia mamma sosteneva che «prossimo» può essere usato solo con riferimento futuro nel presente, ovvero: «Oggi decido che nei prossimi giorni mi recherò a Verona». Al contrario, mio fratello appoggiava l'uso di cui il periodo di Márquez è a esempio, ammettendo naturalmente l'uso più comune: «Oggi decido et c.»
Preso dal dilemma procurai di consultare il De Mauro in linea con questo risultato (ricopio solo le definizioni più attinenti):
Mentre lo Zingarelli riporta:De Mauro ha scritto:1a agg., molto vicino nello spazio o nel tempo: un campeggio p. al lago, essere p. alla meta, le vacanze natalizie sono prossime.
2b agg. che viene dopo, seguente: svoltare al p. incrocio, scendere alla prossima fermata, ci vedremo la prossima settimana, l’estate prossima andremo in Africa.
Vicino nel passato: un’epoca a noi prossima.
Per arricchire le fonti, avendo a disposizione la versione originale in lingua spagnola, riporto le parole del grande Gabbo:Zingarelli ha scritto:A agg. 2 Il più vicino di tutti nel tempo futuro.
Io personalmente mi trovo d'accordo col buon sangue fraterno e non credo che la traduzione si sia troppo adagiata sulla scelta lessicale dell'originale.Gabriel García Márquez ha scritto: «Al término de la primera semana mataron y asaron un venado, pero se conformaron con comer la mitad y salar el resto para los próximos días.»
Invoco voi, miei deos ex machina.