Inviato: gio, 15 dic 2005 20:18
Un ulteriore precisazione, relativamente al dibattito di Bubu7 con Infarinato, relativamente alla trasformazione tipologica.
Esistono varii, ben attestati esempi di trasformazione tipologica totale e parziale delle lingue, nella storia delle umane favelle.
Due macroesempi sono l'egiziano antico e il cinese (le due lingue dalla storia meglio documentata su tempi millenari, insieme al greco).
Dalla sua fase arcaica fino al copto, la lingua egizia ha oscillato da una tipologia all'altra a causa di erosioni fonetiche e mutamenti di ogni tipo, che non starò qui a riassumere.
Nelle attestazioni più arcaiche del cinese, una lingua isolante, alcuni pronomi hanno forme diverse in relazione alla loro funzione logica: relitto di un precedente, non attestato, stadio flessivo.
Un esempio di trasformazione tipologica regionale dovuta a mutamento fonetico è dato dal futuro del latino prima e delle lingue neolatine poi. Alla base delle lingue neolatine c'è, inevitabilmente, il latino. In latino il futuro ha varie forme, tutte organiche: l'arcaico tipo in -so, derivato dal congiuntivo aoristo indeuropeo, il futuro senza caratteristica del verbo sum, derivato da un congiuntivo presente; il tipo in -am, altro congiuntivo presente, infine il tipo in -bo, confrontabile con il futuro in -fo dell'osco-umbro, altra lingua italica. Quest'ultima forma, flessiva, è figlia di una precedente forma analitica, costituita da un indicativo presente *bhewo preceduto da un nome astratto deverbale al locativo: monebo (<*monei *bhewo) significa: io sono sul punto di ammonire. Le forme organiche del latino classico tramontano, perché poco chiare, e sono sostituite dal praesens pro futuro o da perifrasi con l'infinito, forme analitiche come amare habeo. Queste, in virtù di mutamenti fonetici, divengono nuove forme organiche (tuttavia in aree linguistiche più conservative, come il portoghese, in presenza di pronimi clitici è ancora possibile staccare le desinenze dall'infinito, quasi fossero forme verbali a sé, e apporre sull'infinito le particelle pronominali: es. "falarle emos").
Allo stato attuale abbiamo di fronte il caso lampante dell'inglese. Lingua con alto grado di sinteticità (ma con fenomeni di erosione della flessione nel plurale dei verbi) all'epoca del Beowulf -conserva addirittura un relitto di duale nei pronomi-, si muta poi in lingua analitica, con un relitto di declinazione e coniugazione, nel middle English, per perdere infine ogni residuo di flessione, salvo il plurale, la terza persona singolare del verbo indicativo, i suffissi della -ing form, del preterito e del participio passato. Il suo grado di sinteticità (numeri di morfema per parola) è poco superiore a 1 (una parola, un morfema): è ormai quasi una lingua isolante, e certi dialetti e forme argotiche non hanno più la -s alla terza singolare del presente indicativo e usano solo il present perfect .
Come esempi di trasformazione tipologica non mi sembrano di poco conto quelli qui proposti.
Si potrebbe obbiettare che una lingua come il greco, attestata sin dal 1300 avanti Cristo, è rimasta una lingua flessiva con forme di passivo organico fino ai giorni nostri, perdendo di fatto un caso al millennio (lo strumentale non esisteva più in età classica; il dativo, già moribondo dalla fine del IV sec. a. C. era sparito in età tardoantica). Tuttavia è inevitabile che diverse aree linguistiche evolvano in modo diverso. Le comparazioni tipologiche restano dunque valide in linea di massima.
Esistono varii, ben attestati esempi di trasformazione tipologica totale e parziale delle lingue, nella storia delle umane favelle.
Due macroesempi sono l'egiziano antico e il cinese (le due lingue dalla storia meglio documentata su tempi millenari, insieme al greco).
Dalla sua fase arcaica fino al copto, la lingua egizia ha oscillato da una tipologia all'altra a causa di erosioni fonetiche e mutamenti di ogni tipo, che non starò qui a riassumere.
Nelle attestazioni più arcaiche del cinese, una lingua isolante, alcuni pronomi hanno forme diverse in relazione alla loro funzione logica: relitto di un precedente, non attestato, stadio flessivo.
Un esempio di trasformazione tipologica regionale dovuta a mutamento fonetico è dato dal futuro del latino prima e delle lingue neolatine poi. Alla base delle lingue neolatine c'è, inevitabilmente, il latino. In latino il futuro ha varie forme, tutte organiche: l'arcaico tipo in -so, derivato dal congiuntivo aoristo indeuropeo, il futuro senza caratteristica del verbo sum, derivato da un congiuntivo presente; il tipo in -am, altro congiuntivo presente, infine il tipo in -bo, confrontabile con il futuro in -fo dell'osco-umbro, altra lingua italica. Quest'ultima forma, flessiva, è figlia di una precedente forma analitica, costituita da un indicativo presente *bhewo preceduto da un nome astratto deverbale al locativo: monebo (<*monei *bhewo) significa: io sono sul punto di ammonire. Le forme organiche del latino classico tramontano, perché poco chiare, e sono sostituite dal praesens pro futuro o da perifrasi con l'infinito, forme analitiche come amare habeo. Queste, in virtù di mutamenti fonetici, divengono nuove forme organiche (tuttavia in aree linguistiche più conservative, come il portoghese, in presenza di pronimi clitici è ancora possibile staccare le desinenze dall'infinito, quasi fossero forme verbali a sé, e apporre sull'infinito le particelle pronominali: es. "falarle emos").
Allo stato attuale abbiamo di fronte il caso lampante dell'inglese. Lingua con alto grado di sinteticità (ma con fenomeni di erosione della flessione nel plurale dei verbi) all'epoca del Beowulf -conserva addirittura un relitto di duale nei pronomi-, si muta poi in lingua analitica, con un relitto di declinazione e coniugazione, nel middle English, per perdere infine ogni residuo di flessione, salvo il plurale, la terza persona singolare del verbo indicativo, i suffissi della -ing form, del preterito e del participio passato. Il suo grado di sinteticità (numeri di morfema per parola) è poco superiore a 1 (una parola, un morfema): è ormai quasi una lingua isolante, e certi dialetti e forme argotiche non hanno più la -s alla terza singolare del presente indicativo e usano solo il present perfect .
Come esempi di trasformazione tipologica non mi sembrano di poco conto quelli qui proposti.
Si potrebbe obbiettare che una lingua come il greco, attestata sin dal 1300 avanti Cristo, è rimasta una lingua flessiva con forme di passivo organico fino ai giorni nostri, perdendo di fatto un caso al millennio (lo strumentale non esisteva più in età classica; il dativo, già moribondo dalla fine del IV sec. a. C. era sparito in età tardoantica). Tuttavia è inevitabile che diverse aree linguistiche evolvano in modo diverso. Le comparazioni tipologiche restano dunque valide in linea di massima.