«Allah»

Spazio di discussione semiseria sui traducenti di toponimi e antroponimi

Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

«Allah»

Intervento di Decimo »

Questione spinosa, questa. È ormai invalso l’uso in italiano di non tradurre l’arabo «Allāh» (الله) —scritto perlopiú «Allah» a causa dei limiti delle tastiere tradizionali, o fors’anche della diffusione del principio di traslitterazione— che, come noto, ha il significato generico di «Iddio».
La radice di tale tendenza antifilologica, che esotizza la divinità universale, è da ricercarsi probabilmente in una semplificazione sommaria delle fedi preposte alle religioni: non è infatti raro sentir dire che —presupponendo arabi tutti gl’islamici— «i mussulmani credono in Allāh». Affermazione tanto piú inesatta e goffa se confrontata a improbabili calchi analogici, del tipo «gli anglicani credono in God» o ancora «gli slavi credono in Bog (Бог)». Sarà bene riportare in proposito un’interessante precisazione che troviamo alla voce Allāh di Wikipedia (traduco liberamente dall’inglese):

Gli arabofoni di tutte le confessioni abramitiche, compresi cristiani e ebrei, impiegano la parola «Allāh» a indicare «Dio». I cristiani arabi d’oggigiorno non hanno altra parola per «Dio» che «Allāh». (A tutt’oggi la lingua maltese, appartenente al gruppo arabo, usa Alla per «Dio», in una Malta la cui popolazione è maggioritariamente cattolica.) I cristiani arabi usano per esempio i termini Allāh al-’ab (الله الأب) per Dio Padre, Allāh al-ibn (الله الابن) per il Figlio e Allāh al-rūḥ al-quds (الله الروح القدس) per lo Spirito Santo.

A parte il rischio delle «implicazioni teologiche» paventate da Hodgson (v. art. cit., infra), la cesura semantica della parola «Allāh» —che in italiano e in altre lingue europee si pretende che significhi «il dio dei mussulmani»— comporterebbe una discriminazione, peraltro immaginaria, che incepperebbe la «proverbiale» coscienza integrativa dell’Occidente.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5091
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

La questione che lei solleva è molto interessante. La traslitterazione del tetragramma biblico Jahvè pone un dubbio simile.

Non credo che, di questi tempi, la tendenza a chiamare il Dio unico degl'islamici «Dio» possa essere invertita, purtroppo. Questa, come lei afferma, è un'ambiguità fuorviante e mistificatoria, e è tanto piú grave poiché è ripetuta di continuo in tv e sui giornali.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

È vero, è interessantissimo, e non m’ero mai posto la domanda. Ma è cosí anche nelle altre lingue, quando ci si riferisce all’Islam, si usa il nome arabo Allah (almeno in inglese e francese, ma penso che sia generale). L’evoluzione delle lingue molto spesso non è guidata dalla logica.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

Ferdinand Bardamu ha scritto:La traslitterazione del tetragramma biblico Jahvè pone un dubbio simile.
La comunanza del testo sacro, tra l’altro, renderebbe irragionevole la distinzione tra «Dio» cristiano e «Yahweh» ebraico. Ma facciamo un passo indietro: già con un procedimento discutibile, le traduzioni greche e latine del Vecchio Testamento sostituirono il tetragramma (יהוה) —l’impronunciabile nome del Dio— rispettivamente con Κύριος e Dominus (Signore), piú propriamente corrispondenti all’ebraico Adonai (אֲדֹנָי); mentre Θεός e Deus rendevano [anche] l’«imbarazzante» plurale Elohim (אלהים). Un caso affine è affrontato dal Melandri, le cui conclusioni tornano utili pure al nostro caso:

Noi parliamo di Seconda Guerra Punica, senza renderci conto che già nella semplice traduzione di bellum con guerra ci rendiamo responsabili di una traslazione metaforica la cui imperfezione comporta delle conseguenze incalcolabili. (Enzo Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull’analogia, Il Mulino, Bologna 1968, pp. 49–50).

D’altronde —se mal non rammento— la prima cristianità latina prevedeva anche Juppiter, che troviamo di riflesso in un verso del VI canto del Purgatorio: «E se licito m’è, o sommo Giove, / che fosti in terra per noi crucifisso, / son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?».

Ecco poi far capolino nel Medioevo l’adattamento latino «Jehova[h]» —nato dalla sovrapposizione dei punti vocalici di Adonai sul tetragramma consonantico— che continua nell’italiano «Geova» (oggi noto perlopiú perché compare nell’appellativo del movimento religioso dei Testimoni). L’adattamento, soprattutto in prosa letteraria e in poesia (anche recente), non ha particolari restrizioni teologiche, ma rende liberamente «Dio», per esempio nel Carducci dell’Inno a Satana: «Sacri a te salgano / gl’incensi e i voti! / Hai vinto il Geova / de i sacerdoti». Ha insomma una funzione stilistica.

Do ora un giudizio personalissimo: analogamente a Geova (e direi anche a Iavè), per fini letterari non è da scartare l’uso del maltesismo «Alla», che ben s’acclimerebbe in italiano.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re:

Intervento di G. M. »

Decimo ha scritto: lun, 07 giu 2010 1:49 Questione spinosa, questa. È ormai invalso l’uso in italiano di non tradurre l’arabo «Allāh» (الله) —scritto perlopiú «Allah» a causa dei limiti delle tastiere tradizionali, o fors’anche della diffusione del principio di traslitterazione— che, come noto, ha il significato generico di «Iddio».
[T]ale tendenza antifilologica [...] esotizza la divinità universale [...].
Concordo con le osservazioni; allo stesso tempo, con Marco prendo atto del fatto che il nome arabo è ampiamente diffuso in occidente con questo significato particolare, e, pur riconoscendone i «difetti», possiamo trovarci a doverlo usare (vd. sotto).
Decimo ha scritto: dom, 13 giu 2010 15:41 Do ora un giudizio personalissimo: analogamente a Geova (e direi anche a Iavè), per fini letterari non è da scartare l’uso del maltesismo «Alla», che ben s’acclimerebbe in italiano.
In una traduzione dall'inglese pubblicata qualche anno fa, ho adattato «coraggiosamente» il nome in Allà («gli uomini del Mediterraneo, in particolare, videro passare sul loro mare splendente soltanto l’ombra di un grande Distruttore. Quella che udirono era la voce di Asraele più che di Allà»). Tronca è, infatti, la pronuncia normale in italiano (DiPI).

A parte il francese e l'inglese citati, troviamo adattamenti più sostanziosi nelle lingue iberiche: lo spagnolo ha Alá, il portoghese Alá2, il catalano Al·là.

Diversamente da noi (a parte l'esperienza siciliana) gl'iberici hanno vissuto per secoli sotto la dominazione mussulmana, per cui può darsi che alcune di queste forme si siano consolidate nella lingua già in epoca medievale.*

Qualche attestazione di Allà raccolta in Google Libri:

    Solimano. — Tu l'hai perdonata al vicario d'Issa [Gesù], e l'hai trattato con clemenza e bontà.
    Bonaparte. — È un vegliardo che io onoro (e Dio gli dia compimento de' suoi desideri ogni volta che saranno governati dalla ragione e dalla verità). Ma egli ha torto di condannare all'eternal fuoco tutti i Mussulmani, e Allà fa divieto a tutti della intolleranza.
    Ibrahim. — Gloria ad Allà, e al profeta suo il quale t'invia nel mezzo di noi per rinfiammare la fede ne' fiacchi, e riaprire a' fedeli la porta del settimo cielo.
    Bonaparte. — Voi l'avete detto, zelosissimi muftì: siate fedeli ad Allà, sovrano signore de' sette mirabili cieli, a Maometto suo visire, il quale discorse per tutti i cieli in una notte: siate amici dei Franchi, e Allà, Maometto e i Franchi ve ne renderanno mercè.

(C. Paganel, Napoleone legislatore e guerriero, vol. II, 1840)

È giorno; la scena è occupata da Musulmani, che fanno la preghiera del mattino. [...] Tutti cantano il seguente inno. [...]
    Gloria Allà! la terra suoni
    del tuo nome o sommo Allà!

(Francesca Donato, melodramma in tre atti, 1845)

Amor, dicea quella soave voce,
    È la vita di quanto il ciel rinserra:
    Ei dal trono di Allà move veloce
    E fra le sfere si raggira ed erra
[...]
(C. Boccella, Il templare, 1845)

Le acque del Nilo, mollemente agitate da soffio boreale, baciando le rovine ripetevano l'inno ad Allà, e per cinque volte l'eco dell'isola lo ripeteva alle sabbie del duplice deserto ed ai graniti delle prossime montagne.
    Compiuta la preghiera, i devoti si alternarono un saluto, salem, e riverenti baciarono la destra al loro eletto Imam, il quale non traeva autorità dai maneggi della vita pubblica, ma dalle buone opere e dall'assidua preghiera, leggendo il Corano e invocando Allà.

(G. Regaldi, Canti e prose, vol. II, 1861)

PS.
[* Una curiosità interessante, che dimenticavo. La parola araba per 'Dio' è entrata in portoghese e spagnolo, in modo opaco, nelle esclamazioni port.oxalá e sp.ojalá, che significano più o meno 'magari!, speriamo!', e derivano dall'arabo إِنْ شَاءَ ٱللَّٰهُ in šāʾ Allāh 'se Dio vuole' (o forse da una sua variante), usato similmente in funzione augurale. Ricorderete l'Insciallah della Fallaci, pronunciato /inʃalla̍*/.]

PPS.
Per insciallah/inshallah ho aperto un filone dedicato.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 0 ospiti