Punto fermo dopo avverbio avversativo o aggiuntivo
Inviato: ven, 11 mar 2011 18:04
Mi càpita con buona frequenza d'incontrare negli editoriali di pubblicisti rinomati avverbi avversativi o aggiuntivi isolati in un periodo. Tale suddivisione, per me innaturale e illogica, si trova di solito all'inizio di un nuovo capoverso in cui sono esposte argomentazioni contrarie al precedente o sono fornite informazioni nuove.
Un esempio tratto da Flores D'Arcais (sottolineato mio):
Ferrara e la sua coorte di devotissimi di “Lui” sanno benissimo di mentire per la gola. Ma con la cassa di risonanza di un controllo televisivo quasi totalitario è molto facile far diventare bianco il nero. Contano su questo, sull’incubo orwelliano della neolingua sontuosamente realizzato da “Lui-con-quel-che-segue”.
E invece. Libertari e garantisti siamo rimasti (e libertini talvolta, ma questa è irrinunciabile privacy).
Un altro esempio, che spiego a parole, è «E ancora.», che introduce un nuovo blocco di testo con nuovi dati che si uniscono a quelli menzionati prima.
Quel punto fermo fa stare col fiato sospeso: mi sembra un'enfasi eccessiva, disturbante, sintomo di cattiva retorica. Voi che ne pensate?
Un esempio tratto da Flores D'Arcais (sottolineato mio):
Ferrara e la sua coorte di devotissimi di “Lui” sanno benissimo di mentire per la gola. Ma con la cassa di risonanza di un controllo televisivo quasi totalitario è molto facile far diventare bianco il nero. Contano su questo, sull’incubo orwelliano della neolingua sontuosamente realizzato da “Lui-con-quel-che-segue”.
E invece. Libertari e garantisti siamo rimasti (e libertini talvolta, ma questa è irrinunciabile privacy).
Un altro esempio, che spiego a parole, è «E ancora.», che introduce un nuovo blocco di testo con nuovi dati che si uniscono a quelli menzionati prima.
Quel punto fermo fa stare col fiato sospeso: mi sembra un'enfasi eccessiva, disturbante, sintomo di cattiva retorica. Voi che ne pensate?