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Anatema o condanna?

Inviato: sab, 06 mag 2006 21:13
di Marco1971
Rimando a un articolo di Maria Luisa Altieri Biagi, proposto nel bloggo del mio caro amico Massimo Binelli.

Inviato: sab, 06 mag 2006 23:02
di Federico
Be', sicuramente è deprecabile l'uso di certi "paroloni" che impediscono (deliberatamente? – vedi latinorum) la comunicazione...
C'è da dire che però i giornali sono letti da pochissime persone, che tendenzialmente dovrebbero essere quelle piú colte, senza contare che all'interno dei giornali il registro varia molto: le pagine di economia sono ben diverse da quelle sullo sport...

Comunque sinceramente mi preoccupa di piú l'impoverimento lessicale, e mi sembra davvero eccessivo non poter usare parole comuni come anatema (frequente persino nei libri di Harry Potter!) e ineluttabile. Diverso il caso di coprolalia, che pure anche non conoscendo il greco posso "subodorare" cosa voglia dire (o era una reminiscenza?).
Resta il fatto che secondo me i veri paroloni sono quelli veramente difficili da capire anche leggendone la definizione (i termini filosofici, ad esempio), non quelli un po' ricercati il cui significato si può anche intuire.

Ne approfitto per chiedervi una stima: un lessico ragionevole di quante parole è composto? Qualche dato approssimativo: mi ricordo di aver letto qualche anno fa che i ragazzi oggigiorno in terza media (credo) conoscono 900 parole, che una volta erano 1400 (o 1700?); negli USA parlano di 14'000 parole per un laureato (di Harvard, se non ricordo male), che una volta erano di piú; in Cina si parla di decine di migliaia di ideogrammi da conoscere perfettamente.

Inviato: sab, 06 mag 2006 23:43
di Marco1971
Tullio De Mauro, nel suo Guida all’uso delle parole (Roma, Editori Riuniti, 1991 [prima ed. 1980]), in base a studi fatti con la collaborazione del Centro universitario di calcolo elettronico dell’università di Pisa, definisce il vocabolario di base dell’italiano in circa 7.050 unità, e dice che
Se usiamo le parole abbastanza semplici del vocabolario di base possiamo avere buone probabilità di essere capiti da chi ha fatto almeno la terza media.
La suddivisione è questa:

Vocabolario fondamentale: 2.000
Altro vocabolario di alto uso: ca 2.750
Vocabolario di alta disponibilità: ca 2.300

Proseguo nel citare:
Se usiamo solo le parole del vocabolario fondamentale, possiamo sperare di essere capiti dal 79% della popolazione italiana, cioè da quelle persone che hanno almeno la licenza elementare o titoli superiori, specie se le frasi non superano le 20 parole ciascuna.
Poi segue il gustoso esempio graduale d’una frase complicata a oltranza, ma fo una pausa. ;)

Inviato: dom, 07 mag 2006 0:14
di Marco1971
Ecco:
Diciamo: Il letto è in disordine. Ma sono stanco e a vederlo mi fa venire sonno lo stesso. Chi fatica lavorando o studiando tutto il giorno conosce bene il banale senso di queste due frasette. Espresso cosí, è un senso che capisce a dir poco il 79% degli italiani. Ma diciamo una frase sinonima: Ad onta del suo disordine, il giaciglio mi spira sonno al solo vederlo a causa dell’affaticamento. Abbiamo già ristretto il numero di coloro che possono capire. Ci capiscono, diciamo cosí solo i diplomati, i ragionieri, ecc. Se diciamo infine: Un’aura ipnotica promana comunque dal talamo verso di me nell’atto solo della percezione ottica catalizzata dall’astenia ci capiscono solo i laureati (2,8%), e nemmeno tutti.
Se la questione è giocare a non capirsi, possiamo ancora dire frasi come: L’astenicità del mio privato fa sí che lo sciabugliamento talamico sia auraticamente ipnotico o, per dir meglio, ipnoticamente auratico nella mia introiezione psichica del percetto ottico. O altre simili. Non pare esserci limite noto alla possibilità di oscurare un discorso e di rubare agli altri la possibilità di capirlo senza lunghe e spesso poco utili riflessioni.

Inviato: dom, 07 mag 2006 11:22
di Incarcato
A mio avviso anatèma non si può considerare parola « difficile », senza contare che — come diceva il Tommaseo — non esistono sinonimi: dire condanna non è dire anatèma. Casomai, prezioso e ricercato sarebbe stato scrivere anàtema, variante adatta solo in certi contesti « elevati » (opportuni).

Inviato: dom, 07 mag 2006 16:14
di Marco1971
Anatema non fa parte del vocabolario di base (ora evidenziato nella maggior parte dei dizionari) capito dal 79% della popolazione stando al De Mauro. Sarebbe interessante fare un sondaggio fermando la gente a caso per le strade. Secondo me, almeno il 50% non sa di preciso che cosa significa questa parola.

Inviato: dom, 07 mag 2006 16:28
di giulia tonelli
Io lo sapevo a 12 anni, avendo avuto un transfer fortissimo col personaggio di Amneris la prima volta che vidi Aida, ma si sa, io non faccio mica testo... :D

Inviato: dom, 07 mag 2006 17:44
di Marco1971
In it. trasferimento. ;)

Inviato: dom, 07 mag 2006 17:49
di Infarinato
Marco1971 ha scritto:In it. trasferimento. ;)
E comunque, al massimo, transfert (latino: «[egli] trasporta»)… Non c’è proprio ragione d’usare un anglicismo qui.

Inviato: dom, 07 mag 2006 18:39
di giulia tonelli
Transfert è ancora meno fono-morfo bla bla conforme all'italiano, quindi non c'è proprio ragione di usare un latinismo, qui. :wink:

Inviato: dom, 07 mag 2006 18:59
di Marco1971
giulia tonelli ha scritto:Transfert è ancora meno fono-morfo bla bla conforme all'italiano, quindi non c'è proprio ragione di usare un latinismo, qui. :wink:
In psicologia e psicanalisi, si parla di transfert e non di transfer. La parola entra in italiano nel 1927, dal francese transfert, der. di transférer ‘trasferire’ (cfr ted. Übertragung). I dizionari registrano trasferimento col medesimo significato tecnico. Riporto solo quel che dice il Treccani:
Lo stesso, ma meno usato, che transfert.
:)

Inviato: dom, 07 mag 2006 19:07
di Infarinato
giulia tonelli ha scritto:Transfert è ancora meno fono-morfo bla bla conforme all'italiano, quindi non c'è proprio ragione di usare un latinismo, qui. :wink:
La ragione c’è: transfert è perlomeno una «citazione»Transfer (che poi in questo caso è un’abbreviazione di transference) è solo la traduzione di una traduzione in un’altra lingua.

È un po’ come se, invece di carpe diem, dicessimo seize the day. ;)

P.S. A parziale correzione di quanto riportato da Marco (e a corroborazione di quanto da me scritto poc’anzi :mrgreen:):
il Trésor de la Langue Française informatisé ha scritto:Mot lat. transfert « il transfère », 3e pers. du sing. de l'ind. prés. de transferre (v. transférer).

Inviato: dom, 07 mag 2006 19:10
di Marco1971
Sí. :D Segnalo inoltre il sinonimo traslazione, dato dal DISC sotto transfert.

Inviato: dom, 07 mag 2006 19:17
di giulia tonelli
Sì, certo, è ovvio che la parola giusta era transfert. Però santo cielo, per una volta che uno (per errore, per sbadataggine) usa una parola che comunque si trova sui dizionari come sinonimo di transfert, e che tutto sommato non disturba il ritmo della frase in italiano, non introducendo gruppi consonantici alieni all'italiano, niente, non va bene neanche quello. Fate passare la voglia di intervenire...

Inviato: dom, 07 mag 2006 19:35
di Marco1971
No, no; tergete il ciglio,
perché tremar, perché?
A questo sen volate;
figlia, sorella, amica,
tutto trovate in me.
:mrgreen: