E in effetti frasi come
appaiono goffissime nell'urgenza di mostrare la cultura e la conoscenza del loro autore. Il primo periodo, poi, tocca vette di nonsenso. Il risultato è, paradossalmente (ma neanche tanto), simile a quello del discorso d'un direttore commerciale, col greco e il latino a sostituire l'inglese.Massimo Cacciari, Ama il prossimo tuo ha scritto:Il Figlio che è uomo, noi, i figli, nel cuore del Theós Agape. La sua sovrabbondanza, il suo essere Agathós, potremmo dire, custodisce in sé ab aeterno tutti i loro pathemata. Dio è proximus perché plesios in sé – e per questo può essere vinto d’amore per il plesios che incontra e invocarne la philia
Mi chiedo allora: ci può essere una via di mezzo fra la lingua degli autori che scrivono «libri di cassetta» (una lingua che imita quella della tivvú e del parlato quotidiano, incapace di variare registro o per ignoranza o per studiata pigrizia) e quella degli intellettuali chiusi nella torre d'avorio della propria erudizione?