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[congiuntivo]che tu abbi visto

Inviato: mer, 25 lug 2012 22:25
di GianDeiBrughi
L'altro giorno sono andato a Lucca a trovare i miei nonni e ad un tratto ho sentito proferire da un'amica di nonna una frase di questo tipo: "Non penso che tu abbi visto...". :shock:

Lì per lì rimasi alquanto stupito, poiché qualche tempo fa sulla grammatica del Serianni lessi che il congiuntivo presente di seconda persona singolare in "i" di taluni verbi è reputato piuttosto obsoleto. Tuttavia accanto a questa affermazione, se non ricordo male, c'era anche un esempio abbastanza recente di Leopardi. Inoltre a titolo personale posso dire che espressioni sul tipo di "spero che tu sii/abbi" tutto sommato non mi sono mai suonate troppo desuete.

La questione che vorrei porre alla gentile attenzione degli utenti perciò sarebbe: quella che ho sentito è una reminescenza della vecchia coniugazione del congiuntivo presente oppure un qualche genere di erroraccio? :?: :idea: :?:

modifica: corretto errore di battitura

Inviato: sab, 28 lug 2012 18:29
di Marco1971
Certamente questa forma non può essere considerata corretta nell’italiano senz’aggettivi di oggi; tuttavia, si trova attestata da Cecco Angiolieri a D’Annunzio nella lingua letteraria, ossia dal Due al Novecento:

Ora si direbbe che tu abbi voglia di piangere... (D’Annunzio, Il ferro)

La forma da lei udita non può dunque essere che un relitto dell’uso antico, documentato ininterrottamente per sette secoli nelle piú ínclite scritture.

Inviato: gio, 02 ago 2012 19:35
di GianDeiBrughi
La ringrazio molto per la sua risposta cortese ed esaustiva. :)

Inviato: ven, 24 ago 2012 15:55
di Bue
Oddio ma allora anche il congiuntivo alla pisana "vadi" e` aulico e antico? La frase di un "tenni'o" di mia conoscenza "I tubi perdano" (indicativo) "ma bisogna 'un perdino" (congiuntivo) rientra in questa tradizione letteraria da angiolieri a dannunzio? :shock:

Inviato: ven, 24 ago 2012 16:28
di Marco1971
Vadi conosce una lunga fortuna, dal Trecento all’Ottocento:

Se per aventura incontra che tu vadi là dove persone sieno che dubitare ti paiano nella tua ragione, non ti smarrire, ma dí loro: Poi che non vedete la mia bontade, ponete mente almeno la mia bellezza. (Dante, Convivio, Tratt. 2, 11)

E ciaschun dí s’intende rinnovare le nuove del Turco, e oppenione è di qualchuno che vadi alla volta di Sicilia... (Machiavelli, Lettere)

Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra. (Leopardi, Dialogo della Moda e della Morte)

Senza spogli approfonditi, l’indicativo presente in -ano dei verbi in -ere sembra concentrato fra Cinque e Seicento:

Detta per quelle terre, che si rallegran di vedere perdere la libertà ai loro maggiori, mediante i quali poi perdano il soccorso e rimangono legati in potenzia del loro nemico, lasciando la libertà e spesse volte la vita. (Leonardo da Vinci, Favole)

Il tipo perdino ha corso fra Quattro e Seicento:

...anzi è necessario, quando el nimico si accosta, che le città divise si perdino subito, perché sempre la parte piú debole si aderirà alle forze esterne e l’altra non potrà reggere. (Machiavelli, Il Principe)

E qui bisogna sottolineare che la morfologia verbale costituisce forse lo spartiacque piú palmare fra la lingua antica e la moderna: nessuna di queste forme sarebbe oggi ammissibile, se non forse in una prosa volutamente arcaizzante.

Inviato: gio, 13 set 2012 23:07
di GianDeiBrughi
Aggiungo che dopo qualche visita estiva aggiuntiva dai nonni ho empiricamente notato che questi ultimi e diversi loro conoscenti sembrano utilizzare assai spesso forme quali "vadi, abbi, sii, ecc." più frequentemente delle voci regolari quali "vada, abbia, sia".

Addirittura usano le prime voci anche per la terza persona singolare es. "che lui vadi a Lucca, che lui abbi fatto, ecc."

Per quanto riguarda l'indicativo presente di terza persona plurale in -ano devo confessare che nel parlato casalingo molto informale e pseudovernacolare, di tanto in tanto, lo impiego. :oops:

Inviato: gio, 13 set 2012 23:28
di Andrea Russo
GianDeiBrughi ha scritto:Per quanto riguarda l'indicativo presente di terza persona plurale in -ano devo confessare che nel parlato casalingo molto informale e pseudovernacolare, di tanto in tanto, lo impiego. :oops:
A Pisa si sente spesso dalle persone d'una cert'età.

Inviato: dom, 23 set 2012 6:20
di SinoItaliano
E per quanto riguarda il classico e stereotipato «venghino (siore e siori)»? :D

Inviato: dom, 23 set 2012 12:55
di Marco1971
...non dubito che l’agurio ch’io presi delle parole di tuo padre, quando davanti gli presentai il paone, non venghino ad effetto, che disse di darmi, avanti che l’anno compiesse, per marito il maggior barone del suo regno... (Boccaccio, Filocolo)

Il peggio che possa aspettare uno principe, dal populo inimico, è lo essere abbandonato da lui; ma da’ grandi, inimici, non solo debbe temere di essere abbandonato, ma etiam che loro gli venghino contro... (Machiavelli, Il Principe)

\GER.\ (Piano a Marta) E lo sposo è egli con lei?
\MAR.\ (Piano) Lo sposo?
\GER.\ Sì, vi è egli ancora? o è partito?
\MAR.\ (Da Sé) (Bellissima). (a Geronte) Vi è, non è partito.
\GER.\ Che venghino qui.
(Goldoni, Il burbero di buon cuore)

Ecco un ennesimo esempio di come la norma muti nel tempo: oggi venghino è forma errata, mentre era corretta dal Tre al Settecento.

Inviato: dom, 20 gen 2013 19:55
di GianDeiBrughi
Sono riuscito a mettere le grinfie sul famoso "Vocabolario lucchese" del 1901. 8)
A quanto pare una caratteristica del dialetto lucchese storico è quella di avere alcuni congiuntivi uscenti in -i invece che in -a.
Ad esempio "che io abbi, che tu abbi, che lu(i) abbi, ecc."
Sempre nel lucchese storico, stando al vocabolario, c'era pure il congiuntivo in -ino, ma spesso in -in(o) usciva anche l'indicativo.
Es. "voglin(o)" potrebbe voler dire sia "vogliono" sia "vogliano".

Inoltre, oltre a causa dell'esposizione al lucchese, probabilmente l'uso arcaico mi suonava tanto familiare anche perché ho scoperto che nel dialetto mantovano contemporaneo si usa di fatto tale coniugazione:
"che mè sia, che tè't sii, che lü'l sia, ecc."

Ho pensato che avendo sollevato io tutto questo polverone fosse giusto riferire ciò che ho scoperto. :)

Inviato: dom, 20 gen 2013 20:02
di valerio_vanni
Marco1971 ha scritto: Senza spogli approfonditi, l’indicativo presente in -ano dei verbi in -ere sembra concentrato fra Cinque e Seicento:

Detta per quelle terre, che si rallegran di vedere perdere la libertà ai loro maggiori, mediante i quali poi perdano il soccorso e rimangono legati in potenzia del loro nemico, lasciando la libertà e spesse volte la vita. (Leonardo da Vinci, Favole)
Questa si sente ancora spesso.

Inviato: lun, 21 gen 2013 14:05
di Jonathan
Vadi, abbi, venghino, perdano e via dicendo, al posto degli standari vada, abbia, vengano, perdono sono comuni nel linguaggio colloquiale mio e dei miei familiari nati fra Pistoia e Siena, qualunque sia la loro età — non sono sicuro dei miei nipotini di quattro e sei anni, ma spero che anche a loro venga tramandato l'uso di questi dolci arcaismi.

Inviato: lun, 21 gen 2013 14:18
di Carnby
Jonathan ha scritto:Vadi, abbi, venghino, perdano e via dicendo, al posto degli standari vada, abbia, vengano, perdono
Scusate, io sapevo che perdono è indicativo presente e perdano è congiuntivo presente di perdere. La forma del congiuntivo toscano sarebbe semmai *perdino (mentre perdano è indicativo presente), in analogia con vengano ~ venghino (fenomeno di apofonia).

Inviato: lun, 21 gen 2013 15:26
di Jonathan
Caro Carnby, la mia era solo una lista incompleta di congiuntivi [vadi, abbi e venghino] e indicativi [perdano] citati da altri in questo filone. Mi scuso se non sono stato chiaro abbastanza.

Inviato: lun, 21 gen 2013 17:23
di Carnby
Jonathan ha scritto:Caro Carnby, la mia era solo una lista incompleta e mista di congiuntivi [vadi, abbi e venghino] e indicativi [perdano] citati da altri in questo filone. Mi scuso se non sono stato chiaro abbastanza.
La perdono. :wink: