«Chiedere» e «domandare»
Moderatore: Cruscanti
«Chiedere» e «domandare»
La distinzione «si chiede per ottenere, si domanda per sapere» – che non so più se è un ricordo scolastico (probabile) o dove io l'abbia trovata – ha un senso che la renda legittima? Gli autori l'hanno sempre rispettata? È dunque improprio, come spesso si sente, "domandare affetto" o "chiedere un'informazione"?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Non c’è vera sostanziale differenza (come ci mostrano gli esempi letterari antichi e moderni). Ecco quel che dice in proposito il De Felice-Duro:
domandare 1 a. Cercare di sapere qualcosa, interrogando altri. [...] Com. nell’uso fam., per esprimere disapprovazione e risentimento, l’espressione (mi) domando e dico se...: domando e dico se è questo il modo di rispondere ai genitori! Fuorché in quest’ultima espressione, domandare è sinon. di chiedere, con la stessa frequenza e ampiezza di uso.
b. Cercare di avere, di ottenere qualcosa, rivolgendosi ad altri. In questo sign. è altrettanto com. del sinon. chièdere, se l’oggetto è una cosa astratta: d. scusa, perdono; d. un favore; d. notizie; d. consiglio a un amico; d. la parola, chiedere di parlare, in riunioni, assemblee; è invece meno com. di chiedere e piú limitato come possibilità di realizzazioni, se l’oggetto è una cosa concreta: d. un bicchiere d’acqua.
2. Chiedere notizie: d. di una persona, di una cosa; mio fratello mi domanda sempre di te e della tua salute. Cercare una persona, chiedere di vederla e di parlarle: c’è uno che domanda di te. Anche in questo uso intr. è sinon. di chièdere, che tuttavia, spec. nella prima accezione, è meno comune.
domandare 1 a. Cercare di sapere qualcosa, interrogando altri. [...] Com. nell’uso fam., per esprimere disapprovazione e risentimento, l’espressione (mi) domando e dico se...: domando e dico se è questo il modo di rispondere ai genitori! Fuorché in quest’ultima espressione, domandare è sinon. di chiedere, con la stessa frequenza e ampiezza di uso.
b. Cercare di avere, di ottenere qualcosa, rivolgendosi ad altri. In questo sign. è altrettanto com. del sinon. chièdere, se l’oggetto è una cosa astratta: d. scusa, perdono; d. un favore; d. notizie; d. consiglio a un amico; d. la parola, chiedere di parlare, in riunioni, assemblee; è invece meno com. di chiedere e piú limitato come possibilità di realizzazioni, se l’oggetto è una cosa concreta: d. un bicchiere d’acqua.
2. Chiedere notizie: d. di una persona, di una cosa; mio fratello mi domanda sempre di te e della tua salute. Cercare una persona, chiedere di vederla e di parlarle: c’è uno che domanda di te. Anche in questo uso intr. è sinon. di chièdere, che tuttavia, spec. nella prima accezione, è meno comune.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Più probabilmente s'intendeva applicare all'italiano la distinzione che esiste in latino fra i verbi quaero (chiedere per sapere) e peto (chiedere per ottenere). Dal primo derivano l'italiano "quesito" e "chiedere", dal secondo "petizione" e "petulante".
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Souchou-sama
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- Ferdinand Bardamu
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Souchou-sama ha scritto:Infine, non dimentichiamoci della forma (obsoleta) chèrere…
Piú che obsoleta, direi arcaica (cfr. Treccani in linea s.v. «Chiedere»).
Souchou-sama ha scritto:… né dell’esistenza, fino al XIV secolo, del verbo pètere anche in italiano.
Grazie per averlo citato: non sapevo che il verbo latino avesse lasciato tracce in italiano

ADDENDUM
Già che ci siamo, ricordiamo anche l'origine dell'italiano pezzente, participio presente del verbo meridionale pezzire, ‹chiedere l'elemosina›.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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Ecco dove l'avevo trovato!
A. Gabrielli, Dizionario dello stile corretto (1960)Aldo Gabrielli ha scritto:Ma [chièdere] sovènte si usa impropr. là dóve dovrèbbe usarsi domandare, che ha il preciso sign. di interrogare per sapére; si domanda, p. es., che óra è, cóme si chiama il tale, il prèzzo di una mèrce, il titolo di un libro. Non sarèbbe male osservare quésta sottile distinzióne di sign.
domandare, è male us. nelle frasi cóme «domandare il permésso», «domandare il cónto», «domandare il denaro» e sim.; si domanda, infatti, per sapére; dirémo perciò correttaménte: «domandar l'óra esatta», «domandare che giórno è», «domandare il nóme d'una strada» e sim. Negli esèmpi di sópra bisognava usare chièdere, perché si chiède per ottenére («chièdere il permésso, il cónto, il denaro»).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Messa giù così sa di regola fantasma. Riporto quel che scrive al riguardo il Tommaseo nel suo Dizionario dei sinonimi (1858; v. DOMANDARE, CHIEDERE):
Niccolò Tommaseo ha scritto:Nell'uso toscano udrete: chiedere un favore, domandare che ora è. Se talvolta si dice: domandare una grazia, non si dirà mai: chiedere che nuove abbiamo. Si chiede un libro, si domanda che cosa quel libro contiene. Voi chiedete del danaro; domandate se io possa darvi la tal somma domani. Quando la cosa di cui si domanda per saperne, è importante o carissima, allora si direbbe, con proprietà, chiedere, perché si tratta di vero favore. (…) Chiedere, anco quand’è affinissimo, è sempre un po' più. Diciamo, infatti, e: chiedere, e: domandare perdono. Ma chiedesi perdono di fallo vero; si domanda perdono, famigliarmente, anche quando si vuol fare un'obiezione modesta all’altrui detto. Lo stesso dicasi di: domandare scusa, che s'usa in casi molto men gravi del chiedere. (…)domando scusa, diciamo, quando vogliam fare un'obiezione, una risposta convincente a chi sia d'opinione contraria alla nostra, a chi ci contraddica in cosa nella quale a noi sembri aver ragione. Chiede scusa chi sa d’aver offeso altrui.
Ultima modifica di Zabob in data sab, 25 ott 2014 22:26, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Idem.Carnby ha scritto:Io nel linguaggio spontaneo uso quasi sempre chiedere e avverto domandare come più «raffinato».
Forse non è il luogo più adatto per una simile considerazione‚ però come è opportuno che gli studiosi disputino sulle sfumature della lingua‚ a mio parere‚ è ancora più opportuno che non si diffondano troppi dubbi‚ interpretazioni o regole ferree (ove possibile‚ certo). Queste finiscono per soffocare l’italiano corretto e accettabile a disposizione delle persone che vorrebbero parlare e scrivere bene‚ in omaggio a se stesse‚ alla lingua‚ alle nostre tradizioni‚ senza andare in giro con un armamentario di testi da consultare per risolvere un problemino linguistico.
Nel linguaggio spontaneo.Carnby ha scritto:Io nel linguaggio spontaneo uso quasi sempre chiedere e avverto domandare come più «raffinato».
Chiedo qualcosa in prestito e chiedo che ora sia.
In quello formale?
Potrebbe anche essere una fantaregola, ma è meglio che qualche regola ci sia, perché non ha un gran senso andare a cercare un autore che ha trasgredito per poi dire : "visto? Si può dire anche come lui!" e giustificare tutta la nostra coerenza passata con un presente (ormai parecchio lungo) spontaneismo che dovrebbe garantire una maggiore espressività. Io sono sicuro che non manchi nessuna possibilità d'espressione all'italiano corretto, son sicuro che non sia necessaria la tragressione, o il dialettalismo, per aggiungere quel pizzico d'espressività in più, indispensabile per trasferire un recondito senso viscerale. Tanto ogni parola ha un senso diverso per ognuno, evoca esperienze personali, non confrontabili, sebbene grossomodo comuni.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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