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Mostri in libertà

Inviato: mer, 20 mar 2013 19:35
di Zabob
Inauguro questo filone con l'intento di "imprigionarvi" alcuni inutili vocaboli presi a prestito dal burocratese e che invadono spensierati anche l'italiano di tutti i giorni senza che nessuno cerchi di ammanettarli come meriterebbero; per lo più si tratta di aggettivi usati in funzione di sostantivo.

Immaginiamo questo dialogo telefonico:
– Buongiorno, signorina. Ho fatto l'altro giorno un ordinativo di generi alimentari ma non ho ricevuto nulla. Vorrei sapere come mai la tempistica per la consegna non è stata rispettata.
– Vediamo... Che nominativo ha indicato nella modulistica?
– Mario Rossi.
– Vediamo, vediamo... Trovato. Ecco, le motivazioni del mancato invio sono queste: il quantitativo di merce che lei ci ha richiesto eccedeva i limiti per la spedizione; inoltre ha inserito delle tipologie di prodotti che non sono presenti nel nostro catalogo. Infine non ha ceccato (checked, N.d.Z.) alcuna metodologia di pagamento fra quelle elencate.
– Ho capito, ma potevate avvertirmi: ho il magazzino quasi vuoto!
– Ha ragione, infatti abbiamo provato a contattarla, come previsto dalla nostra politica in queste casistiche, ma la numerazione che ci ha fornito risulta inesistente. Mi dispiace ma l'unica modalità per risolvere la sua problematica è effettuare un nuovo ordinativo.

Stendendo il dovuto e ormai logoro velo pietoso su "ceccare", "contattare" e "politica", è evidente come le parole in corsivo siano inutili quanto goffi sostituti di: ordine, tempi, nome, modulo, motivi, quantità, tipi, metodo, casi, numero, modo e problema.
Segnalo ancora:
  • "tematica" ("Tematiche de La storia infinita");
  • "metodica" (in luogo di "metodo/criterio")
  • "finalità" (in luogo di "fine/scopo": "l'indagine è stata condotta con la tale metodica con la finalità di dimostrare ecc.")
Anche l'uso di "motivazione" in una frase come «Il premio Nobel per la Pace è stato assegnato a XY con la seguente motivazione» non mi sembra ineccepibile.

Sono troppo severo?

Inviato: mer, 20 mar 2013 20:28
di Fausto Raso
Sono con lei, caro Zabob :D

Inviato: mer, 20 mar 2013 20:48
di Souchou-sama
No, no, son d’accordo anch’io. Quando sento parlare di problematiche, tematiche eccetera mi sale una rabbia che non vi dico. :D Che ci vuole a capire che la problematica significa già «i problemi», al plurale, e che fare il plurale del plurale non ha alcun senso?… (E per una volta non potete prendervela coll’inglese, ché si dice sempre e comunque problems e themes, alla faccia nostra!)

Inviato: mer, 20 mar 2013 21:27
di Ferdinand Bardamu
Concordo, anch’io, ah, se concordo… :D Tra l’altro, ogni volta che sento problematica per problema, oltre a venirmi su la rabbia, mi viene in mente questa perla di Guzzanti-Funari: «Vedi, ’o scollamento da’a politica è come la carta da’a caca, ’a carta ’ggènica. Se ttu dilicatamente separi ’sti due veli — ha’ mai fatto l’esperimento? è mmorto sfizzioso — ’na vorta che ha’ separato i due veli ’n ze riattaccano piú. E sse te va’ a ppulí c’un velo solo te resta tutta ’a probblematica na’a mano.».

Inviato: mer, 20 mar 2013 21:49
di Souchou-sama
:lol: Delizioso come sempre, Corrado.

Inviato: mer, 20 mar 2013 23:10
di PersOnLine
Da una parte si perora l'(ab)uso dell'inglese con la scusa della brevità, e dall'altra si va verso l'elefantiasi lessicale dell'italiano.

Inviato: mer, 20 mar 2013 23:12
di Marco1971
PersOnLine ha scritto:Da una parte si perora l'(ab)uso dell'inglese con la scusa della brevità, e dall'altra si va verso l'elefantiasi lessicale dell'italiano.
Sí, pare che ci sia un desiderio inconscio di autodistruzione.

Inviato: mer, 20 mar 2013 23:35
di Zabob
Ecco un altro "plurale del plurale", da affiancare a problematiche e tematiche: le normative (es.: «Normative in materia di sicurezza»: non basta "norme" o "disposizioni"? vabbè, la seconda è più lunga...).

Inviato: mer, 20 mar 2013 23:49
di Marco1971
Zabob ha scritto:Ecco un altro "plurale del plurale", da affiancare a problematiche e tematiche: le normative (es.: «Normative in materia di sicurezza»: non basta "norme" o "disposizioni"? vabbè, la seconda è più lunga...).
Basta e avanza, ma, come sempre, la brevità interessa solo se la parola è straniera, nella sua forma esotica; in italiano, invece, si preferisce allungare (si veda il classico utilizzo ~ uso).

Sono abitudini che vengono martellantemente inculcate in modo subconscio, e alla fine, a furia di sentirle, diventano talmente naturali che chiunque venisse ripreso risponderebbe (naturalmente, ovviamente, chiaramente): «Si dice cosí!»

Dunque la partita è persa. Chi decide della lingua sono i mèdia. Perché non c’è nessuna politica linguistica e non esiste né un organismo preposto a indirizzare all’uso piú consigliabile, né, guarda guarda, molte persone in grado di farlo se ciò fosse realisticamente possibile.

Inviato: gio, 21 mar 2013 0:18
di u merlu rucà
Paradossalmente questo 'gergo endogamico' è un isolotto di resistenza contro gli anglismi...

Inviato: gio, 21 mar 2013 0:31
di Zabob
u merlu rucà ha scritto:Paradossalmente questo 'gergo endogamico' è un isolotto di resistenza contro gli anglismi...
La mia ignoranza del sign. di "endogamia" mi ha permesso di scoprire un errore nel Treccani in linea: lo segnaliamo*? V. defin. 2:
In genetica e in zootecnia, riproduzione sessuale tra individui dello stesso ceppo; è sinon. di inincrocio, che traduce l’ingl. imbreeding.
*Segnalato. Hanno corretto!

Inviato: gio, 21 mar 2013 1:01
di Zabob
Marco1971 ha scritto:Chi decide della lingua sono i mèdia.
I giornali, in primis; quotidiani e mag... ehm... periodici. È nei giornali che la lingua scritta si sviluppa, appunto, giorno dopo giorno. È lì che nasce la maggior parte dei neologismi; ed è lì che vengono accolti sempre più e sempre nuovi forestierismi («quanti sono quelli che mi hanno scritto per dirmi che ormai i nostri quotidiani vanno letti col vocabolario inglese alla mano?», ed era il 1977... figuriamoci adesso!).
Ed è da lì che bisogna partire. Per esempio si potrebbero tempestare le "lettere al direttore" dei vari quotidiani di lamentele per le troppe "parole straniere", minacciando di non acquistarli più (o di non rinnovare l'abbonamento) perché non si capisce che cosa c'è scritto. Sarei curioso di leggere le risposte...

Inviato: gio, 21 mar 2013 1:14
di Marco1971
Zabob ha scritto:Per esempio si potrebbero tempestare le "lettere al direttore" dei vari quotidiani di lamentele per le troppe "parole straniere", minacciando di non acquistarli più (o di non rinnovare l'abbonamento) perché non si capisce che cosa c'è scritto. Sarei curioso di leggere le risposte...
Io credo che ogni reazione sia uno sfogo necessario. Ma credo anche all’assoluta inutilità di tutto questo: mi sono prodigato per ben dodici anni, cercando di coinvolgere le «massime autorità» in fatto di lingua (o tali presunte). Risultato? Ah sí, il sito del TLIO ha mutato X in Y, il sito della Crusca ha cambiato Z in W.

Se non si trova coscienza civica e una reale fede nei luoghi stessi dove dovrebbe trovarsi, come stupirsi di tanta decadenza e lasciar correre?

Inviato: gio, 21 mar 2013 1:26
di Zabob
Non sarei così pessimista. Ammettiamo che il tale giornale pubblichi la lettera-sfogo di Pinco Pallo, indignato perché "se volevo leggere un giornale in inglese compravo il Times". Cento altri lettori potrebbero a loro volta scrivere, i più senz'altro mostrandosi solidali con Pinco Pallo. Io proverei...

Inviato: gio, 21 mar 2013 1:44
di Marco1971
Per quale motivo i giornalisti cambierebbero le loro care abitudini?