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Ceronetti e il "compùtero"

Inviato: mer, 01 mag 2013 12:58
di Zabob
Ho sempre letto con interesse gl'interventi di Guido Ceronetti sul quotidiano La Stampa. Spessissimo lo scrittore è intervenuto dalle colonne del quotidiano per sferzare la degenerazione e la decadenza della nostra lingua. Mi piace qui riportare, quasi integralmente, un suo articolo del 10/4/2000:
Guido Ceronetti ha scritto:La parola tecnica più usata è oggi computer. Non è più stampata in corsivo, è diventata lingua. La pronuncia, italiana quanto il mango o la matrioska, è compiuter. Allora perché non scriverla con la i dentro? Per non fare arrabbiare l'America? L'italiano si pronuncia come si scrive: se io trovo scritto choccare pronuncio coccare e non scioccare come vorrebbe il cretino che scrive in quel modo così choccante. Sta di fatto che tutti, in corretto angliano, pronunciano compiuter e scrivono computer che i dizionari di italiano registrano traducendolo con l'esatta parola corrispondente: calcolatore.
Dunque la parola italiana per dire tanta meraviglia esiste ed è calcolatore. Ma l'oscuro demone arimanoide che ci sta imbrattando tutta la comunicazione verbale ha fatto in modo che calcolatore, usatissimo da decenni, negli ultimi quattro o cinque anni venisse radiato dall'uso e al suo posto trionfasse l'osceno angliano computer. Chiunque può fare questa esperienza: se dici calcolatore invece di computer non sei più capito. Sarebbe come se per dire «mi faccia due uova al tegamino» si fosse obbligati a dire: «mi faccia due eggs al tegamino» per non vedere nauseante faccia di stupore in chi ha perso l'uso di uovo e deve cercarlo alla voce egg dell'ultimo Zingarelli.
Benedetto chi non si arrende, beato chi ricalcitra. Bravo chi installa (redazioni, grandi aziende, piccoli uffici, ministeri) cartelli ben visibili che dicano: «Qui la parola computer è sostituita da calcolatore». Bravo chi, politico di mestiere, almeno si tolga l'imbrattatura verbale computer, già varrebbe qualche voto in più. Altrimenti dobbiamo, per non rinocerontificarci tutti alla Ionesco, darci da fare per catturare computer nel retino italiano, e non è difficile, perché computo-as-avi-atum è verbo latinissimo, già usato da Plauto. Non sarà uno splendore ma favorirei la lezione: compùtero, così scritto e pronunciato. Non scherzo e ne darò l'esempio: da ora innanzi scriverò compùtero. Voglio vincere.
Tre mie considerazioni a margine:
1) ma davvero esistevano questi cartelli? o forse era da intendersi "bravo chi installi ecc." (più avanti c'è " Bravo chi [...] si tolga")?
2) che cosa sarebbe un demone arimanoide?
3) compùtero fa rima con ùtero: non avrebbe mai attecchito.

Inviato: mer, 01 mag 2013 13:51
di Ferdinand Bardamu
La ringrazio tanto per aver riportato questo bellissimo articolo. Me lo chiedo anch’io cosa sia il «demone arimanoide», ma, a parte questo, sottoscrivo tutto quel che ha scritto Ceronetti, spazi e virgole compresi. Allora esiste un intellettuale dotato di buon senso! Ceronetti cruscone honoris causa! :D

Re: Ceronetti e il "compùtero"

Inviato: mer, 01 mag 2013 17:18
di Freelancer
Zabob ha scritto:Ho sempre letto con interesse gl'interventi di Guido Ceronetti sul quotidiano La Stampa. [...]
A me sembra che questo articolo, con i suoi demone arimanoide, rinocerontificarci tutti alla Ionesco e retino italiano, risulti più oscuro, a tante persone, di un banale computer (che esagerazione scrivere osceno per una parola ormai usata e capita senza alcun problema dal 99,99% dei parlanti madrelingua), venendo quindi meno al principio cardine della comunicazione: la chiarezza. Inoltre l'autore perde di credibilità scrivendo che computer va scritto come si pronunzia e inciampando poi su matrioska anziché scrivere matriosca, dimostrando che non è questione di vita e di morte scrivere anche le parole straniere come si pronunziano perché senz'accorgersene anche lui le scrive come le legge. A quanto pare l'assenza di una i lo disturba ma la presenza di una k non gli fa né caldo né freddo.

Inviato: mer, 01 mag 2013 17:21
di u merlu rucà
Da me, in famiglia, parlando dialetto, abbiamo adattato nella forma conpùte.
Ho cercato questo diavolo arimanoide ma non sono riuscito a trovare nulla. Sarei curioso di sapere di cosa si tratta.

Inviato: mer, 01 mag 2013 17:27
di u merlu rucà
Ecco l'origine probabile di arimanoide:
Ahriman, uno dei nomi di Angra Mainyu, spirito malvagio nello Zoroastrismo.

Re: Ceronetti e il "compùtero"

Inviato: mer, 01 mag 2013 17:55
di Ferdinand Bardamu
Al di là dei miei facili e spontanei entusiasmi, riconosco la ragionevolezza della critica di Freelancer:
Freelancer ha scritto:A me sembra che questo articolo, con i suoi demone arimanoide, rinocerontificarci tutti alla Ionesco e retino italiano, risulti più oscuro, a tante persone, di un banale computer […]
Quelle scelte lessicali mi sembrano una concessione al gergo settoriale.
Freelancer ha scritto:Inoltre l'autore perde di credibilità scrivendo che computer va scritto come si pronunzia e inciampando poi su matrioska anziché scrivere matriosca, dimostrando che non è questione di vita e di morte scrivere anche le parole straniere come si pronunziano perché senz'accorgersene anche lui le scrive come le legge. A quanto pare l'assenza di una i lo disturba ma la presenza di una k non gli fa né caldo né freddo.
Questo è verissimo, e mi fa pensare quasi che tutta l’argomentazione fosse solo strumentale: un pretesto per far polemica sulla modernità.

Tra l’altro, l’adattamento che propone non è nemmeno molto coerente: se la pronuncia è compiuter, ne dovrebbe conseguire un compiútero. E poi, dopo aver rintracciato l’origine latina dell’anglicismo, non propone un calco morfologico, come il castellaniano computiere, ma un semplice adeguamento alla fonotassi italiana che non rispetta la pronuncia reale.

Ma, nonostante questi non trascurabili difetti, Ceronetti è uno dei pochi intellettuali — se non l’unico — ad aver almeno avanzato una proposta.

Inviato: mer, 01 mag 2013 20:24
di Carnby
u merlu rucà ha scritto:Da me, in famiglia, parlando dialetto, abbiamo adattato nella forma conpùte.
Qui compiùte, nell'italiano regionale e nel vernacolo.

Inviato: mer, 01 mag 2013 21:20
di Zabob
Non sono pochi quelli che lo chiamano PC piccì. È breve, simpatico, suona italiano e non fa più pensare a falci e martelli :D .
Io adopero un Mac, anche se lo pronuncio mèc. Se parlo di un portatile, mio o altrui, dico appunto "portatile": sono la maggioranza, ormai.

Inviato: mer, 01 mag 2013 22:23
di Souchou-sama
Zabob ha scritto:Non sono pochi quelli che lo chiamano PC piccì. È breve, simpatico, suona italiano e non fa più pensare a falci e martelli. :D
Infatti, anch’io ricorro quasi sempre a questa soluzione. :) Ma purtroppo non sempre un computer è un personal computer

Inviato: mer, 01 mag 2013 22:38
di u merlu rucà
Carnby ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Da me, in famiglia, parlando dialetto, abbiamo adattato nella forma conpùte.
Qui compiùte, nell'italiano regionale e nel vernacolo.
Per la fretta ho scritto male, in effetti è cunpùte, la o pretonica diventa u (portu 'porto'; purtà 'portare').

Inviato: gio, 02 mag 2013 0:14
di Carnby
Souchou-sama ha scritto:Infatti, anch’io ricorro quasi sempre a questa soluzione. Ma purtroppo non sempre un computer è un personal computer
Il netbook per me è un portatilino; il notebook un portatile. Il desktop è un PC (Windows o Linux) o un Mac.
Negli altri casi uso (quasi) sempre calcolatore o elaboratore.

Inviato: gio, 02 mag 2013 10:06
di domna charola
Secondo me, per essere utili alla causa occorre anche scrivere in maniera piana, dicendo chiaro quello che si vuole significare, anziché gongolare della propria pregiata cultura. Sinceramente, posto che il riferimento di Ceronetti è al Mazdeismo - antica religione persiana - mi sono chiesta però che senso abbia buttarlo lì nel discorso: mi sembra eccessivo paragonare un problema di trascrizione alla contrapposizione fra il principio del male Ahriman e quello del bene Ahura-mazda, componenti paritarie del dualismo alla base della religione mazdeista. Un'espressione così forte, col senno di poi, andava risparmiata per ben altri attacchi della "forza del male" alla nostra lingua, quali quelli che abbiamo visto negli ultimi anni!

Personalmente propendo per tradurre come "elaboratore", termine molto più preciso. Computer viene da computare, e in effetti i primi elaboratori elaboravano essenzialmente calcoli, cioè trattavano dati numerici secondo algoritmi matematici. Quindi "computavano".
Poi l'evoluzione ha fatto nascere qualcosa di diverso, una macchina che era in grado di lavorare su testi, immagini, informazioni di qualsiasi tipo. Chiaro che a monte c'è sempre un'operazione di calcolo eseguita su dati trasformati in valori "numerici" (in senso lato), però la peculiarità e la funzionalità dell'oggetto è ormai molto diversa.
Usiamo "calcolatrice" (femminile) per la macchinetta che fa i conticini della spesa, e "calcolatore" per uno strumento che fa disegni, riproduce musica, scrive testi... mi pare pure un po' sessista, questa cosa :D

Inviato: gio, 02 mag 2013 12:15
di Zabob
domna charola ha scritto:mi sembra eccessivo paragonare un problema di trascrizione alla contrapposizione fra il principio del male Ahriman e quello del bene Ahura-mazda, componenti paritarie del dualismo alla base della religione mazdeista.
Non è un problema di "trascrizione" ma di colonizzazione, linguistica e non solo («non si tratta d'imprestiti, questa è colonizzazione linguistica, subita senza la minima renitenza» – Ceronetti, La Stampa 10-8-2000).
domna charola ha scritto:Computer viene da computare, e in effetti i primi elaboratori elaboravano essenzialmente calcoli, cioè trattavano dati numerici secondo algoritmi matematici. Quindi "computavano".
Poi l'evoluzione ha fatto nascere qualcosa di diverso, una macchina che era in grado di lavorare su testi, immagini, informazioni di qualsiasi tipo.
Le faccio osservare che gli anglofoni computer hanno chiamato i primi elaboratori e computer hanno continuato a chiamare i PC (personal computer, per l'appunto). Non hanno sentito il bisogno di cambiare termine. Non si vede, perciò, perché si dovrebbe farlo in italiano, passando da "calcolatore" a qualsiasi altro vocabolo.
Tant'è vero che se le domandassi «quand'è nato il primo computer?» lei cercherebbe notizie sul primo... "calcolatore", ossia qualche cosa di ben diverso da quella con cui sto scrivendo adesso.

Inviato: gio, 02 mag 2013 15:48
di domna charola
Osservato. Infatti ho definito "elaboratore" come "un termine più preciso". Il fatto che gli inglesi non abbiano nemmeno la fantasia per denominare diversamente i diversi prodotti dell'evoluzione di un'idea-base, non significa che ci si debba limitare anche noi e appiattire sulla loro pigrizia.
Ho per le mani uno strumento che è un archivio, un bibliotecario attento che dispone in ordine i miei documenti in appositi scaffali, uno strumento di grafica di ampie applicazioni, e istintivamente sento riduttivo chiamarlo calcalatore, tutto lì.

Non riesco comunque a vedere una "colonizzazione" come equiparabile al concetto di dualismo, se non per fare uno sfoggio di cultura che, nel caso in questione, rischia solo di rendere oscuro il testo stesso.

Inviato: gio, 02 mag 2013 16:05
di Zabob
domna charola ha scritto:Non riesco comunque a vedere una "colonizzazione" come equiparabile al concetto di dualismo, se non per afare uno sfoggio di cultura che, nel caso in questione, rischia solo di rendere oscuro il testo stesso.
Non vi vede un'antitesi fra due culture? o, almeno, la contrapposizione fra un "dominante" e un "dominato"?