Del problema degli adattamenti

Spazio di discussione semiseria sui traducenti di toponimi e antroponimi

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

domna charola ha scritto:Un nome proprio è un nome proprio, e basta.
Ovvero "appartiene" a chi è designato con esso. A chi lo ha come significante unico e univoco.
Concordo su molte delle considerazioni e [sostanzialmente] sulle conclusioni, ma non su questo.

L’argomento è trattato di sfuggita in questo mio vecchio intervento.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Come dice Scilens, le urgenze linguistiche son altre, a mio parere. Non mi sento d'esprimere un'opinione netta, ché la situazione è complessa e non tutto è riducibile all'adattamento. Londra, Berlino, Magonza, Pechino son esempi di adattamenti ben riusciti e, come diceva giustamente Infarinato nel collegamento fornitoci, sarebbe inconcepibile un ipotetico sentimento d'ira e di sdegno nei nostri confronti, ché inglesi, tedeschi e cinesi non avrebbero alcun motivo d'adontarsi. Ma cosa fare con Bastian Schweinsteiger? Bastiano Cavalcatore di maiali regge finché la traduzione dell'antroponimo rimanga confinata entro un ambito di ludica sperimentazione. Voglio togliermi uno sfizio e traduco il nome del calciatore tedesco, poiché amo giocar colla lingua. Poi basta. Pensate a cosa potrebbe accadere se di colpo venisse buccinato a destra e a manca. Se fossi il diretto interessato mi sentirei offeso nell'animo. Per cui, ripeto, credo sia deleterio difendere a spada tratta l'uno o l'altro partito. Occorre valutare caso per caso e scegliere quel che piú è opportuno per questa o per quella situazione, senza che le nostre idee ci siano d'intralcio e ci rendano ciechi.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Il discorso della "proprietà" del nome è molto più serio - nelle conseguenze - di quanto la mera disquisizione linguistica possa far supporre, secondo me.
Questo soprattutto nel mondo globalizzato, ove la documentazione personale serve di riconoscimento e credito ovunque.

Faccio l'esempio del mio specifico caso: battezzata e registrata con tre nomi - Carla Caterina Luigia - andai a iscrivermi all'esame di stato (presentando, all'epoca, la domanda in una sede lontana 150 km; oggi farei tutto attraverso la rete, ma dubito che il sistema sarebbe più elastico delle gentili segretarie e funzionari che mi hanno fatto rimbalzare qua e là), consegnando diploma di laurea e estratto dell'atto di nascita.
Mi dissero che non potevo iscrivermi perché dall'atto di nascita risultavo come "Carla" mentre la laurea era riferita a "Carla Caterina Luigia".
Dovetti tornare al Comune di nascita ove, per una nuova legge, risultava la forma a un solo nome; l'unica soluzione possibile fu una dichiarazione del funzionario addetto, in cui si confermava, "in fede", che C e CCL erano la stessa persona...
Mi immagino cosa sarebbe successo se fossi stata di origine anglosassone con un nome registrato in anagrafe in inglese, e una laurea conferita a un nome tradotto in Italiano!!!

Lo stesso discorso, dall'altro lato, mi è accaduto con studentesse dal nome improbabile (il fatidico Sarah/Sahra/Sara... dove il patetico tentativo di usare la forma esotica si scontra con l'ignoranza della lingua di provenienza...): vanno registrate, in tutti gli atti, con il nome depositato in anagrafe, qualunque esso sia.
Legalmente, l'insieme di fonemi che designano una persona è uno e uno solo, strettamente legato a essa. Volgarizzando, "appartenente" a essa.

Tragicamente, è lo stesso motivo per cui mi viene fuori spesso il maschile di "professione": ho verificato, il magnifico rettore mi ha proclamato "dottore" in scienze geologiche (scritto anche su pergamena), all'esame di stato ho conseguito il titolo di "geologo", e in tempi molto più recenti (l'inverno scorso), nonostante tutti i discorsi sui nomi al femminile e il sessismo, un altro magnifico rettore ha perseverato proclamandomi "dottore" in scienze storiche (sempre scritto su pergamena, contro ogni possibile dubbio). Legalmente, sono un dottore, perché il titolo è unico, e questo devo usare nelle comunicazioni ufficiali... almeno nell'ambito burocratico.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ivan92 ha scritto:Ma cosa fare con Bastian Schweinsteiger? Bastiano Cavalcatore di maiali regge finché la traduzione dell'antroponimo rimanga confinata entro un ambito di ludica sperimentazione.
Più che «cavalcatore» (che sarebbe Reiter da reiten) credo che voglia dire «supervisore» (Steiger vuol dire anche «colui che controlla una miniera» e anche «alpinista»); quindi (probabilmente) Bastiano Guardaporci. :)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Carnby ha scritto:Più che «cavalcatore» (che sarebbe Reiter da reiten) credo che voglia dire «supervisore» (Steiger vuol dire anche «colui che controlla una miniera» e anche «alpinista»); quindi (probabilmente) Bastiano Guardaporci. :)
La sua versione è senz'altro piú convincente della mia. Pensandoci bene, e non capisco come mai non l'abbia fatto prima, Steigen significa salire, scalare. Ergo, Steiger è scalatore. Passaggio filtrante per Bastiano Scalatore di maiali!! :lol:

Rimango comunque dell'opinione che tale adattamento (traduzione) sia eccessivo e che esso abbia una sua ragion d'essere soltanto se si vuole schernire e deridere il diretto interessato.
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