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«È uscito con la bora»

Inviato: mar, 07 lug 2015 21:36
di rossosolodisera
Secondo voi che complemento è con la bora nella frase che dà il titolo a questo filone? Una sfumatura concessiva ce la vedo (nonostante la bora), ma il complemento è di tempo? Di luogo? Di cosa?

Inviato: mar, 07 lug 2015 22:03
di Scilens
Mi chiedo in che occasione si usi.
Mentre soffiava la bora?
Come uscire con la tempesta?
O è qualcosa di simile al detto "è venuto giù con la piena"?

Inviato: mar, 07 lug 2015 23:23
di rossosolodisera
Scilens ha scritto:Mi chiedo in che occasione si usi.
Mentre soffiava la bora?
Come uscire con la tempesta?
O è qualcosa di simile al detto "è venuto giù con la piena"?
Non conosco l'ultimo detto che lei cita ma trovo centrato il primo e sovrpponibile il secondo.

Inviato: mar, 07 lug 2015 23:26
di Carnby
Equivale di fatto a «mentre soffiava la bora».
Direi che il valore temporale predomina.

Inviato: mar, 07 lug 2015 23:34
di rossosolodisera
Penso anche io di sentenziarlo. Unico dubbio se possa incidere il contesto...
Ma è vero che esiste il complemento concessivo? Io l'ho sentito in un foro di Facebook ma giuro che mi era sempre sfuggito...

Inviato: mer, 08 lug 2015 0:30
di PersOnLine
Pare che esista.

Inviato: mer, 08 lug 2015 8:12
di Scilens
È venuto giù con la piena è come dire «è caduto dal cielo», ma senza connotazioni positive, anzi.

Re: «È uscito con la bora»

Inviato: mer, 08 lug 2015 9:39
di sempervirens
rossosolodisera ha scritto:Secondo voi che complemento è con la bora nella frase che dà il titolo a questo filone? Una sfumatura concessiva ce la vedo (nonostante la bora), ma il complemento è di tempo? Di luogo? Di cosa?
Avrei giurato che fosse un complemento di unione. Figurativo. Sono sempre in tempo a ricredermi, se è il caso. :)

Inviato: mer, 08 lug 2015 11:37
di Infarinato
A questo punto non ci resta che citare il Serianni (L. Serianni, «L’italiano a scuola», in: P. Cantoni e S. Tatti [a cura di], Lettere in classe: Percorsi didattici del TFA di area letteraria della Sapienza, «Sapienza», Roma 2014, pp. 15–26 —articolo che invito tutti a leggere per intero). :)
Luca Serianni, op. cit., pp. 15–7 (sottolineature mie), ha scritto:La comprensione di un testo scritto nella propria lingua non è solo una competenza richiesta dalla carriera scolastica: è un requisito di cittadinanza consapevole, che riguarda l’intera massa degli adolescenti e che dunque non ricade solo sulle spalle degli insegnanti di lettere, ma interpella la società nel suo insieme. Come e dove intervenire? Non si può dire che le ore dedicate alla lingua siano poche… Il punto è che le ore sono mal distribuite e soprattutto che i contenuti sono scarsamente funzionali per la padronanza della lingua scritta. […] Poco funzionali perché l’accertamento è fondato prevalentemente su esercizi di riconoscimento, come se si dovesse stilare un regesto catastale: «sottolinea una volta le preposizioni proprie e due volte quelle improprie», «distingui il complemento di unione e quello di compagnia» eccetera.

L’analisi logica, in particolare, si estenua in una tassonomia esasperata di complementi che molte volte è fine a sé stessa. Francesco Sabatini, nella risposta a un quesito rivolto al periodico «La Crusca per voi» (2004), commenta un esercizio assegnato a un’alunna quattordicenne: che complemento è “dalla finestra” in «Dalla mia finestra vedo il mare»? L’alunna risponde: «stato in luogo», no, corregge l’insegnante: “moto da luogo”. Sabatini osserva ironicamente: «e perché non “moto a luogo”? «Un po’ di ottica elementare ci dice che è l’immagine del mare che viene verso di me, colpisce la mia retina e arriva al mio cervello, rispetto al soggetto della frase qui ci sarebbe addirittura... un moto a luogo! Chi può negare che il verbo vedere indichi ricezione e percezione di immagini?».

Esercizi del genere non servono a usare meglio la lingua e non ci dicono nulla sul suo funzionamento (né tantomeno su quello della nostra mente). […] Alcuni di questi complementi rappresentano, oltretutto, un trascinamento inerziale rispetto a categorie ereditate dalla grammatica latina, in cui si giustificavano per la diversa costruzione richiesta. Cosí per il complemento d’agente e di causa efficiente, che piú saggiamente le tradizioni grammaticali francese e spagnola unificano nell’unica categoria rispettivamente di complément d’agent e di complemento agente. Anche la nozione di “complemento di denominazione” è alquanto dubbia e sembra nascere dalla pedestre preoccupazione di distinguerlo dal complemento di specificazione, perché lo studentello non traduca «la città di Roma» con *urbs Romae: ma si dovrebbe parlare piuttosto di un’apposizione, non di un complemento del nome, come fanno francesi e spagnoli. E qualche volta la distinzione è una superfetazione successiva, senza radici nel latino, come avviene per i complementi di compagnia e di unione, che in latino si costruiscono con cum + ablativo, indipendentemente dalla natura [± animato] dell’elemento retto.
Tornando alla frase oggetto del filone, in latino si tradurrebbe con un ablativo assoluto: Borea flante «spirante il borea / la bora» (e in greco antico con un genitivo assoluto), cui potete divertirvi ad attribuire i valori che preferite, anche se direi che (in assenza di altre informazioni, che potrebbero far propendere per una sfumatura concessiva) qui prevale quello della concomitanza temporale.

Inviato: gio, 09 lug 2015 0:47
di sempervirens
Non posso darLe torto, ovvero non sono la persona idonea a contrastare quanto dice. Se interessa, faccio parte di quella schiera di studenti che appunto a scuola facevano l'analisi logica. A me sinceramente non dispiaceva. Forse sono uno di quelli che si accontenta solo vedendo gli altri che mangiano il gelato. Il divertimento finì perché poi in seguito passai a fare i calcoli e le funzioni e cambiai indirizzi scolastici.
Riflettere, anzi speculare su un fenomeno linguistico, vuoi un forestierismo, vuoi un complemento indiretto, è secondo me quasi alla base di tutto l'edificio in cui ci stiamo muovendo.
Mi rendo conto di essere una mollica in confronto ai grandi nomi delle Grammatiche ma , mi chiedo, se nel passato trovavamo con relativa scioltezza (anche sbagliando) il nome da dare a un complemento indiretto, oggi non ne siamo più in grado?
Considerando me stesso un ospite senza credenziali, e comunicando direttamente con il padrone di casa, ho avuto qualche momento di timore prima di fare questo intervento. Ma con i timori, per esperienza personale, si fa poca strada. La prego quindi di chiudere un occhio e di non esagerare colla frusta.

P.S Le resto comunque debitore per il Suo intervento. Intervento che non sarebbe apparso se la presente discussione non fosse stata mossa.
Un sentito grazie a tutti gli utenti.
:)

Inviato: gio, 09 lug 2015 8:40
di domna charola
Meditando sugli ultimi interventi: anch'io vengo dalle scuole in cui si faceva l'analisi logica, e sinceramente la detestavo. Oltre un certo limite (soggetto, complemento oggetto etc.) mi sfuggiva la reale sostanza della questione. Tipico atteggiamento infantile che, davanti a qualcosa che sottrae tempo al gioco, senza una ricaduta pratica in termini di esplorazione di avvincenti mondi nuovi, si ritrae pensando "ecchissene..."
Molto meglio il latino, all'epoca, che permetteva di costruire frasi in un linguaggio criptico che ai compagni di giochi, solo di poco più giovani, risultava alieno, e "faceva sentire grandi" con i genitori perché finalmente si capivano e si sapevano usare certi modi di dire (mamma laureata in lettere classiche e insegnante... ebbene sì, il trauma infantile dietro queste preferenze c'era... :roll: ).

Di fatto, ancora oggi, davanti a domande tipo quella iniziale di questo filone, la mia "analisi logica" passa in automatico attraverso la domanda "come lo dico in latino", anzi, non me lo domando nemmeno, lo penso e da lì cerco di dedurre che razza di complemento diventerebbe in italiano. Mi viene più spontaneo.

L'articolo di Serianni citato sopra mi consola, e mi sostiene nell'idea che non sia io un caso patologico, ma forse solo un madre lingua a cui da piccola hanno inculcato la lingua madre...

Ringrazio quindi Infarinato per averlo segnalato.

Inviato: gio, 09 lug 2015 11:00
di sempervirens
domna charola ha scritto:Ringrazio quindi Infarinato per averlo segnalato.
Anch'io lo ringrazio, come ringrazio voi tutti per i contributi, e mi rammarico di non aver cominciato a partecipare alle vostre discussioni già anni fa, invece di passar tempo altrove.

Inviato: gio, 09 lug 2015 13:44
di marcocurreli
domna charola ha scritto:Meditando sugli ultimi interventi: anch'io vengo dalle scuole in cui si faceva l'analisi logica, e sinceramente la detestavo.
Io provengo dalle scuole in cui l'analisi logica si faceva solo all'ora di latino, alle scuole medie: si prendeva la frase in italiano, si faceva l'analisi logica e poi si traduceva in latino. Fatta così era anche divertente. All'epoca non c'erano tutti i complementi che si sono oggi, ce n'erano molti di meno, ma tanti bastavano per tradurre correttamente dall'italiano al latino.

Inviato: gio, 09 lug 2015 17:46
di Sixie
rossosolodisera ha scritto:Penso anche io di sentenziarlo. Unico dubbio se possa incidere il contesto...
Non è un dubbio, è una certezza a questo punto se non vogliamo che, citando Serianni, l'analisi logica si estenui "in una tassonomia esasperata di complementi che molte volte è fine a sé stessa".

Esistono due tipi di Bora: la chiara e la scura e fra le due possono intercorrere anche una settantina di Km/h.
Il che fa la differenza nell'uscire con la Bora.

Proverbio triestino: la Bora nasce in Dalmazia, si scatena a Trieste e muore a Venezia. :)

http://www.unafinestrasutrieste.it/bora02.htm