Sulle «oscillazioni» grafiche

Spazio di discussione su questioni di grafematica e ortografia

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Marco1971
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Sulle «oscillazioni» grafiche

Intervento di Marco1971 »

Se nel campo della sintassi certi cambiamenti, per analogia o semplificazione, si giustificano, non mi sembra salúbre il lassismo dei nostri dizionari nell’accogliere certe varianti grafiche devianti. Mi riferisco alle parole che, univerbate, richiedono la cogeminazione: soprattutto, sennonché, dappertutto, per citarne solo tre, che troppo spesso s’incontrano scritte sopratutto, senonché, dapertutto. Compito del vocabolario, secondo me, sarebbe di segnalarle come errate, non di registrarle come varianti legittime: l’ortografia dovrebbe rimanere omogenea, specie per vocaboli d’uso cosí comune. L’utente che ha un dubbio e consulta il dizionario per risolverlo, senza indicazioni chiare rimane a bocca asciutta, e questo non mi pare un bene. In francese, in spagnolo, in portoghese, ma anche in tedesco e in inglese i casi di doppia ortografia, nei termini del lessico di base, sono pressoché se non del tutto inesistenti: la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori. :evil: :(
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Concordo totalmente :evil: E mi viene da ridere (di rabbia) :x quando leggo nei dizionari la voce meno corretto. Un vocabolo - come faceva notare Aldo Gabrielli - o è corretto o non lo è. Non può essere "corretto a metà". :lol:
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Federico
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Intervento di Federico »

Fausto Raso ha scritto:Concordo totalmente :evil: E mi viene da ridere (di rabbia) :x quando leggo nei dizionari la voce meno corretto.
Be', Fausto, è già qualcosa: i vocabolari non vogliono opporsi all'Uso (che non sempre è poi il vero uso), ma se indicano le forme grammaticalmente piú corrette senza sbilanciarsi con giudizi perentori, c'è solo da essere contenti.

A proposito: in un simpatico libretto di Benni (Achille piè veloce) ho constatato svariati errori, per la massima parte riguardanti proprio il raddoppiamento fonosintattico: mi sapete dire come si fa a segnalarli? La casa editriche (Feltrinelli) non sembra nemmeno considerare la possibilità di sbagliare, a giudicare dai suoi numerosi siti, in cui questa posssibilità non è nemmeno contemplata.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Il problema è complesso e le (mancate) segnalazioni di tutti i dizionari moderni non fanno che mettere in pratica le posizioni teoriche della maggior parte dei linguisti.
Questa unanimità di comportamento dovrebbe farci riflettere: forse, invece di pensare che tutti sbagliano e noi siamo gli unici ad avere ragione, sarebbe il caso di rimettere in discussione le nostre convinzioni.
Parlare di corretto ed errato, nel caso di varianti grafiche, ha poco senso. Capisco che l’utente medio che consulta un vocabolario vorrebbe risposte certe: o bianco o nero, o corretto o sbagliato; ma la mancata indicazione categorica può essere anche un bene per questo tipo d’utente. Una risposta problematica potrebbe farlo riflettere su una caratteristica fondamentale della lingua: il suo dinamismo. Chi conosce un po’ di storia dell’italiano ammetterà che questo delle varianti grafiche non è un problema di oggi. Si può anzi dire che l’entità attuale del fenomeno sia trascurabile rispetto alla situazione anteriore alla riforma bembiana e anche solo alla situazione lessicale ottocentesca.

Tornando alle indicazioni dei vocabolari, un’attenta lettura di quelli migliori permette molto spesso di ottenere delle indicazioni chiare sulla forma moderna consigliabile.

Ma veniamo ora ai termini che hanno portato Marco1971 ad accusare di lassismo i nostri vocabolari.

Sopratutto è attestato (tra gli altri) in: L. B. Alberti, Machiavelli, Guicciardini, P. Bembo, Tasso, Leopardi, Tommaseo, Nievo, Verga, F. De Sanctis, Svevo, Pirandello… (Google 2.880.000)

Senonché è attestato (tra gli altri) in: Tommaseo, D’Azeglio, Nievo, De Amicis, Pirandello… (Google 227.000, addirittura la forma sennonché è minoritaria 101.000)

Dapertutto è attestato (tra gli altri) in: G. B. Vico, Alfieri, Verga, A. Oriani… (Google 58.900)

Cosa avrebbero dovuto fare i nostri migliori vocabolari?
Scrivere, come fa il Gabrielli: senonché: forma non corretta; sopratutto: non bene [bontà sua!]; dapertutto: ZERO [addirittura questa variante non esiste]?
Oppure rimandare, come fa giustamente il GRADIT, alle forme attualmente più diffuse dando così implicitamente, per chi sa leggere il vocabolario, un’indicazione di consigliabilità?

Non ci possono essere dubbi sulla risposta, a meno di non voler considerare la lingua solo una costruzione teorica: le forme senza raddoppiamento sono accettabili (a causa dell’attuale diffusione e delle attestazioni letterarie) anche se non (ancora [?]) consigliabili e non sono forme errate.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ha fatto bene a ricordarci la presenza delle forme senza doppia nella storia della lingua. Sono tuttavia del parere che l’ortografia dell’italiano moderno debba rispettare la pronuncia modello (per quanto riguarda le doppie) e che varianti di questo tipo non rendano funzionale il sistema, o diciamo la caratteristica trasparenza di lettura dell’italiano.

Il DOP dice errata la grafia dapertutto, mentre considera «meno bene» le forme sopratutto e senonché. E credo che la stampa in generale s’attenga alle doppie in queste parole.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Sul fatto che l’esistenza di varianti renda meno funzionale il sistema, sono d’accordo.
Ma a me sembra che questa diminuita funzionalità sia un male necessario che ha come contropartita la possibilità del sistema di evolversi. Certo, questo andrà bene solo se il fenomeno si mantiene entro certi limiti di diffusione ma, come dicevo, oggi l’esistenza di varianti è di gran lunga inferiore al passato, sia prossimo sia remoto.

Convengo con lei che la perdita delle doppie diminuisca la trasparenza dell’italiano.
Ma anche questo processo avviene continuamente in una lingua, basti ricordare la progressiva perdita di trasparenza etimologica delle parole e la perdita di trasparenza dovuta ai continui rimodellamenti morfologici a cui è stato sottoposto la maggior parte del nostro lessico. Infine ricordiamoci che per una buona parte dell’Italia del nord (che ha un peso sociale maggiore di quello meramente demografico) il raddoppiamento grafico delle forme univerbate è meno trasparente del resto d’Italia a causa del mancato raddoppiamento nella pronuncia.

Sarei curioso di conoscere la pronuncia modello suggerita dal DiPI. Se qualcuno non ci verrà in soccorso domani cercherò di riportarla.

Per quanto riguarda le scelte della stampa, una ricerca sicuramente grossolana con Google sui siti della Repubblica (R) e del Corriere della Sera (C) ha dato i seguenti risultati:

sopratutto vs soprattutto: 803 – 34.500 (R); 546 – 19.600 (C);

dapertutto vs dappertutto: 19 – 1.440 (R); 6 – 649 (C);

senonché vs sennonché: 80 – 26 (R); 49 – 20 (C).

Come vede questi risultati particolari, (molto) parziali, confermano abbastanza le ricerche generali.

Rispetto ovviamente la sua opinione, ma continuo a pensare che siano nel giusto i vocabolari moderni che si limitano a consigliare (più o meno esplicitamente) le forme con le doppie e a non condannare, come errate, le forme con le scempie.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La forma dapertutto è ignorata anche dal Sabatini-Coletti e dal Devoto-Oli, perché giustamente non ligia alla regolare fonotassi dell’italiano d’oggi. Procedendo di questo passo, dovremmo considerare accettabili anche davero, dapoco, dapresso, daprima, ecc., solo perché qualcuno di poco informato avrebbe diffuso questa moda.

L’evoluzione non mi pare necessariamente un bene da auspicare e incoraggiare a tutti i costi e in tutti i casi. E quando le trasformazioni, oltre a rendere poco efficiente il sistema ortografico, indeboliscono la coerenza interna della lingua mi sembra ragionevole opporvisi. La lingua è un bene culturale e non dovremmo lasciare che venga bistrattata solo per amor di bizzose e infeconde «evoluzioni».

Chi desideri scrivere in un italiano ineccepibile adoperi le forme soprattutto, sennonché e dappertutto (lemmi principali nei suddetti dizionari); e chi cura non ha di questi dettagli, scriva come preferisce purché sia consapevole di scostarsi dalla norma attuale e d’esporsi quindi a possibili riprensioni.

Fra tanto italiano «lasciar correre», un po’ d’ordine e di rigore ogni tanto non guasta. ;)
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Sarei curioso di conoscere la pronuncia modello suggerita dal DiPI…
  • da: pronuncia «moderna» /da/ (data per prima), pronuncia «tradizionale» /da*/;
  • da(p)pertutto non è registrato a lemma;
  • daccapo, dappoco, etc: le varianti grafiche con consonante scempia non sono registrate: la pronuncia con consonante scempia [delle forme con consonante doppia] è indicata come «tollerata» (ovviamente, per le varianti non univerbate [e ciò vale anche per i lemmi che seguono], questa diventa la pronuncia «moderna», e quella con raddoppiamento è ovviamente la pronuncia «tradizionale»);
  • davvero: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata»;
  • se(n)nonché: grafie entrambe registrate senz’alcuna indicazione, ma la pronuncia con consonante doppia per senonché è «accettabile», mentre quella con con consonante scempia per sennonché è solo «tollerata»;
  • soprattutto: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata».
La posizione del Canepàri mi sembra chiara (e coerente ai criteri che informano la sua definizione di «pronuncia neutra»).

Ma soprattutto non si capisce perché i vocabolari d’oggi non possano dare una chiara indicazione di quale sia la «norma attuale», cioè di quali siano le forme [attualmente] predilette dalla maggioranza dei parlanti (e/o degli scriventi) [nativi] cólti.

Il problema non è indicare la norma, il problema è tenerla aggiornata. Ad esempio, ancorché chi scrive sia —com’è ben noto— un fautore della pronuncia tradizionale (o almeno di una pronuncia tradizionale «ragionevolmente aggiornata»), trovo vergognoso che un «dizionario dell’uso» come il GRADIT non faccia menzione della pronuncia con /-z-/ di una parola come cosa.
Ultima modifica di Infarinato in data gio, 07 dic 2006 10:31, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: La forma dapertutto è ignorata anche dal Sabatini-Coletti...
--- DISC 2002 Dizionario Italiano Sabatini Coletti ---

dappertutto [dap-per-tùt-to] meno freq. dapertutto, da per tutto...
Marco1971 ha scritto:...perché giustamente non ligia alla regolare fonotassi dell’italiano d’oggi. Procedendo di questo passo, dovremmo considerare accettabili anche davero, dapoco, dapresso, daprima, ecc., solo perché qualcuno di poco informato avrebbe diffuso questa moda.
Al contrario, la regolare fonotassi dell’italiano d’oggi prevede che la particella da sia ageminante. Di fatto il raddoppiamento sintattico dopo la particella da non è mai uscito fuor di Toscana, come giustamente ricordava anche Infarinato in un suo precedente intervento. Gli esempi che lei fa non sono significativi perché non si tratta di neoformazioni ma di termini entrati in italiano nel passato tramite il canale letterario che, in questo, seguiva i canoni della pronuncia toscana. Oggi le forme raddoppiate dopo da permangono nella pronuncia (fuor di Toscana) per inerzia linguistica facilitata dalla diffusione dello scritto che spinge il lettore a riprodurre fedelmente, nella pronuncia, quanto legge.
Marco1971 ha scritto:L’evoluzione non mi pare necessariamente un bene da auspicare e incoraggiare a tutti i costi e in tutti i casi. E quando le trasformazioni, oltre a rendere poco efficiente il sistema ortografico, indeboliscono la coerenza interna della lingua mi sembra ragionevole opporvisi. La lingua è un bene culturale e non dovremmo lasciare che venga bistrattata solo per amor di bizzose e infeconde «evoluzioni».
Lei sembra pensare (o almeno è quello che si evince da quanto scrive) che le forme scempie siano un'evoluzione recente di precedenti forme doppie.
E se io le dicessi che non è cosi? :wink:
Forse si è lasciato prendere un po’ troppo la mano dall’invettiva contro il lassismo dei moderni… :)

Oggi, poi, l’evoluzione sta seguendo proprio la strada opposta a quella da lei tratteggiata: abbiamo molte meno varianti grafiche rispetto al passato e sempre più si procederà in questa direzione.
Marco1971 ha scritto:Chi desideri scrivere in un italiano ineccepibile adoperi le forme soprattutto, sennonché e dappertutto (lemmi principali nei suddetti dizionari); e chi cura non ha di questi dettagli, scriva come preferisce purché sia consapevole di scostarsi dalla norma attuale e d’esporsi quindi a possibili riprensioni.
Ripeto, rispetto la sua posizione ma oggi questa posizione non è quella della quasi totalità dei linguisti. Questi ultimi si limitano solo a consigliare le forme raddoppiate e non riprendono o condannano le forme alternative.

La norma attuale non prevede la condanna di queste forme alternative, questo è poco ma sicuro.
Chi oggi scrivesse senonché non solo non sarebbe fuori dalla norma ma avrebbe più probabilità di passare inosservato di chi scrivesse sennonché. :)
Ultima modifica di bubu7 in data gio, 07 dic 2006 15:40, modificato 2 volte in totale.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di bubu7 »

Grazie Infarinato, mi ha preceduto. :)
Infarinato ha scritto: da(p)pertutto non è registrato a lemma;
L’avevo notato anch’io. L’ho segnalato al nostro Luciano e sto aspettando una sua risposta. Appena mi arriva vi faccio sapere. :)
Infarinato ha scritto:soprattutto: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata».
Nell’integrazione al DiPI è registrata anche la grafia scempia con l’indicazione «da evitare» per grafia e pronuncia.
Infarinato ha scritto:Ma soprattutto non si capisce perché i vocabolari d’oggi non possano dare una chiara indicazione di quale sia la «norma attuale», cioè di quali siano le forme [attualmente] predilette dalla maggioranza dei parlanti (e/o degli scriventi) [nativi] cólti.
L’indicazione (chiara) c’è, certo, non è scritto esplicitamente.
Infarinato ha scritto:Il problema non è indicare la norma, il problema è tenerla aggiornata. Ad esempio, ancorché chi scrive sia —com’è ben noto— un fautore della pronuncia tradizionale (o almeno di una pronuncia tradizionale «ragionevolmente aggiornata»), trovo vergognoso che un «dizionario dell’uso» come il GRADIT non faccia menzione della pronuncia con /-z-/ di una parola come cosa.
Sono d’accordo.
Mi dica se l'ha segnalato o se abbia intenzione di farlo, altrimenti lo faccio io. :)
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Intervento di Marco1971 »

bubu7 ha scritto:
--- DISC 2002 Dizionario Italiano Sabatini Coletti ---

dappertutto [dap-per-tùt-to] meno freq. dapertutto, da per tutto...
Ben mi sta: avevo controllato solo nella mia versione cartacea (edizione 1997), e in questa non c’è la variante dapertutto, né a lemma né nella voce dappertutto.
bubu7 ha scritto:
Marco1971 ha scritto:Chi desideri scrivere in un italiano ineccepibile adoperi le forme soprattutto, sennonché e dappertutto (lemmi principali nei suddetti dizionari); e chi cura non ha di questi dettagli, scriva come preferisce purché sia consapevole di scostarsi dalla norma attuale e d’esporsi quindi a possibili riprensioni.
Ripeto, rispetto la sua posizione ma oggi questa posizione, che si riflette nella compilazione dei dizionari più importanti, non è quella della quasi totalità dei linguisti. Questi ultimi si limitano solo a consigliare le forme raddoppiate e non riprendono o condannano le forme alternative.
Eppure non mi pare d’aver mai trovato le forme scempie nella prosa di Sabatini, Serianni, Nencioni ecc.
bubu7 ha scritto:La norma attuale non prevede la condanna di queste forme alternative, questo è poco ma sicuro.
Chi oggi scrivesse senonché non solo non sarebbe fuori dalla norma ma avrebbe più probabilità di passare inosservato di chi scrivesse sennonché. :)
Le forme in oggetto non sono condannate, ma generalmente ritenute meno consigliabili. Quanto al passare inosservati, non so se sia un pregio o un difetto.

P.S. Sorvolo volutamente sul resto del suo intervento per mancanza di tempo da una parte e, dall’altra, per non farmi trascinare in una discussione senza fine. Mi voglia scusare.
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto: Eppure non mi pare d’aver mai trovato le forme scempie nella prosa di Sabatini, Serianni, Nencioni ecc.
Perché quegli autori (come anche io del resto) si attengono alle forme consigliabili.
Marco1971 ha scritto:Le forme in oggetto non sono condannate, ma generalmente ritenute meno consigliabili.
Perfetto. È quello che ho sempre sostenuto.
Marco1971 ha scritto:P.S. Sorvolo volutamente sul resto del suo intervento per mancanza di tempo da una parte e, dall’altra, per non farmi trascinare in una discussione senza fine. Mi voglia scusare.
Non c'è bisogno di scusarsi.
Lei è libero di rispondere sempre e solo alle parti alle quali ritiene più opportuno replicare. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:soprattutto: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata».
Nell’integrazione al DiPI è registrata anche la grafia scempia con l’indicazione «da evitare» per grafia e pronuncia.
Grazie, volevo controllare anch’io, ma me ne son dimenticato…
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Ma soprattutto non si capisce perché i vocabolari d’oggi non possano dare una chiara indicazione di quale sia la «norma attuale», cioè di quali siano le forme [attualmente] predilette dalla maggioranza dei parlanti (e/o degli scriventi) [nativi] cólti.
L’indicazione (chiara) c’è, certo, non è scritto esplicitamente.
Fino a un certo punto: un dizionario come il GRADIT, ad esempio, si limita a rimandare (senz’altra indicazione) dalla variante meno diffusa (che generalmente è anche quella «meno canonica») a quella piú diffusa, atteggiamento che trovo perfettamente adeguato per varianti del tipo per lo piú ~ perlopiú, dove l’impiego dell’una o dell’altra forma non è soggetto ad alcun tipo di censura da parte della maggioranza dei parlanti cólti.

Troverei invece piú appropriato, proprio per dar conto della censura sociale da cui sono [ancora] colpite, accompagnare varianti [tuttora] minoritarie come sopratutto con un bell’«evit.» (com’era nello Zingarelli e del tutto analogo alla freccia all’ingiú del DiPI), che non significa (questo è l’equivoco!) «da evitarsi», ma semplicemente «[attualmente] evitata dalla maggioranza dei parlanti/scriventi cólti» —anche questa, dopotutto, è un’«indicazione d’uso». ;)

Di piú: ciò permetterebbe al lettore meno esperto di fare le sue scelte in modo piú consapevole, che è poi quello che auspica[va] Marco, e —credo— tutti noi.
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:…Ad esempio, ancorché chi scrive sia —com’è ben noto— un fautore della pronuncia tradizionale (o almeno di una pronuncia tradizionale «ragionevolmente aggiornata»), trovo vergognoso che un «dizionario dell’uso» come il GRADIT non faccia menzione della pronuncia con /-z-/ di una parola come cosa.
Sono d’accordo.
Mi dica se l'ha segnalato o se abbia intenzione di farlo, altrimenti lo faccio io. :)
Faccia pure, ma non si tratta d’un caso isolato: tutte le indicazioni ortoepiche del GRADIT andrebbero riviste. Di là da veri e propri errori di trascrizione fonematica (soprattutto di voci straniere), manca l’indicazione della variante sonora per tutti gli aggettivi in -óso, per quelli in -ése (eccezioni «tradizionali» a parte), per altre parole isolate come cosí, asino… Anche per quanto riguarda la z iniziale, la variante sonora è segnalata per zio, ma non per zampa, zucchero, etc. Buon divertimento! :D
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: ...che è poi quello che auspica[va] Marco...
Ho l'impressione che la lettura della discussione, sottointesa da questa sua frase, sia un po' forzata. :)
Non che m’interessi più di tanto la puntualizzazione, perché l’importante alla fine è capirsi, ma il pensiero «sotto accusa» era (grassetto mio):
Marco1971 nel suo primo intervento ha scritto:… non mi sembra salúbre il lassismo dei nostri dizionari nell’accogliere certe varianti grafiche devianti.

Compito del vocabolario, secondo me, sarebbe di segnalarle come errate, non di registrarle come varianti legittime…

...la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori.
Io avevo contestato solo la radicalità di questa posizione e infatti avevo concluso:
bubu7 ha scritto:le forme senza raddoppiamento sono accettabili (a causa dell’attuale diffusione e delle attestazioni letterarie) anche se non (ancora [?]) consigliabili e non sono forme errate.
Che non si discosta molto (a parte la specificazione «cólti» il cui significato andrebbe definito operativamente pena il ritrovarsi una normatività troppo rigida e fuori dal tempo) dal suo:
Infarinato ha scritto:«[attualmente] evitat[e] dalla maggioranza dei parlanti/scriventi cólti»
Alla fine, mi sembra, abbiamo tutti convenuto che l'indicazione linguisticamente più corretta sia quella più sfumata, ma in origine la mia replica è nata per contestare la radicalità di certe affermazioni. :wink:
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Marco1971 »

bubu7 ha scritto:
Marco1971 nel suo primo intervento ha scritto:...la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori.
Questa mia affermazione si riferiva alle altre lingue menzionate.
bubu7 ha scritto:Alla fine, mi sembra, abbiamo tutti convenuto che l'indicazione linguisticamente più corretta è quella più sfumata, ma in origine la mia replica è nata per contestare la radicalità di certe affermazioni. :wink:
È vero, sono stato un po’ radicale, ma questo ha portato a una discussione in cui, alla fine, ci si trova concordi nel preferire le grafie con la doppia.
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