Per tener presenti piú facilmente le due accezioni del vocabolo, lascio la parola al Treccani (sott. mia):
caporióne ‹-ri̯ó- o -rïó- nel sign. 1; sempre -ri̯ó- nel sign. 2› s. m. [comp. di capo e rione] (pl. caporióni). – 1. Anticam., chi era a capo di un rione (spec. a Roma dal medioevo alla fine del Settecento, e a Todi), anche con funzioni giudiziarie. 2. Chi è alla testa di un gruppo di gente chiassosa, o di un tumulto, di una sommossa e sim.: […] Con questo sign., è usato popolarmente anche il femm.: è una caporiona.
Non c’è nulla da eccepire, ovviamente, sul plurale di «caporione»², in cui, analogamente a pomodoro, «i costituenti sono ormai totalmente fusi nel composto», sicché «dalla scomposizione del nome nei suoi costituenti non ricaviamo un sintagma semanticamente equivalente» (Serianni, III.150a). È infatti usata —com’evinciamo dalla voce succitata— anche la forma femminile caporiona.
Abbiamo inoltre appurato che la prima accezione del vocabolo prevede la piú logica dizione con iato («anche kapori-óne nel sign. mediev. di ‹capo di rione›» [DOP]; ma v. DiPI, in cui la pronuncia /kapori'one/ è esclusiva per l’accezione «stor.»), tanto piú logica quanto piú s’avverte il senso della composizione.
Giungo quindi al quesito di questo filone: perché nessun dizionario (da me consultato, compreso il Battaglia) riporta anche il plurale logico —nonché piú spontaneo— «capirïone»? Siamo infatti «nel tipo ‘x è il capo di y’ (composto subordinativo, cfr XV.125)» dove «il secondo nome ha la funzione di determinatore» e, «non forman[do] un blocco unico» i due membri, «il segnale del plurale si aggiunge al primo: il capogruppo > i capigruppo (‘i capi di un gruppo’…)», eccetera (Serianni, III.139a).
Chiedo gentilmente lumi.
Il plurale di «caporione»
Moderatore: Cruscanti
Il plurale di «caporione»
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Alcuni dizionari fanno la distinzione, e indicano capirione come plurale nel senso antico (lo trovo nel GRADIT, nel Devoto-Oli 2004-2005, nel Garzanti 1987, nello Zingarelli 11a e nel De Agostini 1990). Stupisce che il Treccani, di solito cosí attento, non lo menzioni.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
…o anche il DOP.
La ringrazio di cuore, gentile Marco, per aver consultato tutta quella mole di vocabolari: ho peccato di fretta, e d’eccesso d’ossequio per certi testi che ritenevo infallibili. Ma avrei potuto perlomeno consultare il GRADIT in biblioteca…
La ringrazio di cuore, gentile Marco, per aver consultato tutta quella mole di vocabolari: ho peccato di fretta, e d’eccesso d’ossequio per certi testi che ritenevo infallibili. Ma avrei potuto perlomeno consultare il GRADIT in biblioteca…
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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