«Amico» è un (semi)cultismo?
Inviato: mar, 22 mag 2018 13:46
L’alternanza, nell’area linguistica veneta, tra il plurale ami/ʦ/i e amighi mi ha fatto nascere il sospetto che amico, in italiano e nei dialetti, sia una sorta di semicultismo.
Il sospetto si è rafforzato guardando la carta «amico» dell’AIS. Mi ha colpito, in particolare, la presenza in Veneto (e in altre zone dell’Alta Italia) della variante amiko, con /k/ estranea alla naturale evoluzione di /k/ intervocalica latina.
È ben vero che la forma amico è diffusa in tutta Italia, ma l’incertezza del plurale in area veneta (amitsi ~ amighi) e l’evoluzione mancata di /-k-/ mi fan pensare che, secoli fa, la parola non fosse in uso. (Almeno non presso il popolo).
In particolare, vedo che l’alternativa, nettamente minoritaria, è compagno, presente sia nel Settentrione sia nel Meridione. È questa, per me, la parola di tradizione ininterrotta, la cui origine rimanda alla concretezza della vita contadina (compagno è, etimologicamente, colui con il quale si condivide il pane): una parola che, successivamente, è stata soppiantata quasi ovunque da amico.
Il sospetto si è rafforzato guardando la carta «amico» dell’AIS. Mi ha colpito, in particolare, la presenza in Veneto (e in altre zone dell’Alta Italia) della variante amiko, con /k/ estranea alla naturale evoluzione di /k/ intervocalica latina.
È ben vero che la forma amico è diffusa in tutta Italia, ma l’incertezza del plurale in area veneta (amitsi ~ amighi) e l’evoluzione mancata di /-k-/ mi fan pensare che, secoli fa, la parola non fosse in uso. (Almeno non presso il popolo).
In particolare, vedo che l’alternativa, nettamente minoritaria, è compagno, presente sia nel Settentrione sia nel Meridione. È questa, per me, la parola di tradizione ininterrotta, la cui origine rimanda alla concretezza della vita contadina (compagno è, etimologicamente, colui con il quale si condivide il pane): una parola che, successivamente, è stata soppiantata quasi ovunque da amico.