Dativo etico vs. pronome riflessivo

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Maestro Italiano
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Dativo etico vs. pronome riflessivo

Intervento di Maestro Italiano »

Un salve a tutti i Cruscanti! Premetto che non sono molto esperto nel settore.
Ora, quello che volevo sapere era un chiarimento riguardo la definizione di certi oggetti linguistici adoperati nelle frasi sotto:

1) Mi mangio la mela; 2) Mi è morto il gatto.

Nella prima frase intravedo un falso riflessivo (credo che venga chiamato pronome benefattivo), e nella seconda un dativo etico.

I gentili frequentatori di queste stanze, sicuramente più preparati di me, condividono siffatta distinzione o sono del parere che entrambi i pronomi nei suddetti esempi sono dativi etici?

La risposta me la sono già data. Benefattivo nel primo e dativo etico nel secondo, ma non sono irremovibile, a maggior ragione quando sbaglio.
Ben vengano quindi delucidazioni dagli esperti! Visti i tempi moderni posso essere sicuro d'aver evitato in partenza i ferri roventi. Al limite farò una figuretta; sopravvivrò. :)
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
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malapartiano
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Intervento di malapartiano »

Per me dici bene!
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Rimando alla mia risposta nell’altro filonee parole non ci appulcro. :)
Maestro Italiano
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Intervento di Maestro Italiano »

Infarinato ha scritto:Rimando alla mia risposta nell’altro filonee parole non ci appulcro. :)
Abbellire il discorso? No, per carità! Basterebbero le risposte, sue e di altri esperti. :)
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
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Francesco94
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Intervento di Francesco94 »

Maestro Italiano ha scritto:Nella prima frase intravedo un falso riflessivo (credo che venga chiamato pronome benefattivo), e nella seconda un dativo etico.
Facendo riferimento alla risposta di "Infarinato" e "valerio_vanni" nell'altro filone citato qui in precedenza, concorderei con Lei nel dire che la prima frase è costituita da un falso riflessivo; personalmente mi azzarderei a dire che è usato colloquialmente nel parlato e da evitare nello scritto. Un classico esempio potrebbe essere Mi prendo un caffè e/o Mi prendo un gelato. L'oggetto è il caffè/gelato, non me stesso. Fin da piccolo mi dissero che questa costruzione è errata.

Riguardo alla seconda frase in questione, il monosillaba (con funzione proclitica) "Mi" è un pronome atono che funge da complemento di termine. Il gatto è morto a me (era il mio gatto). Difatti il caso dativo in latino corrisponde al complemento di termine. Il dativo etico enfatizza il coinvolgimento della persona rispetto all'azione espressa dal predicato.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Francesco94 ha scritto:Facendo riferimento alla risposta di "Infarinato" e "valerio_vanni" nell'altro filone citato qui in precedenza, concorderei con Lei nel dire che la prima frase è costituita da un falso riflessivo; personalmente mi azzarderei a dire che è usato colloquialmente nel parlato e da evitare. Un classico esempio potrebbe essere Mi prendo un caffè e/o Mi prendo un gelato. L'oggetto è il caffè/gelato, non me stesso. Fin da piccolo mi dissero che questa costruzione è errata.
Purtroppo codesto è un atteggiamento che tradisce un’impostazione fortemente grammaticistica, che non tiene debito conto della dimensione diafasica della lingua.

Si potrebbe anche sostenere (si potrebbe, ma si farebbe male) che prendersi un caffè sia una variante intensiva colloquiale e (quindi?) «meno corretta» del canonico prendere un caffè, ma che dire di prendersi una soddisfazione o prendersi cura, che non possono in alcun modo essere sostituite da improponibili (e agrammaticali) *prendere una soddisfazione e *prendere cura? (Si veda, e.g., il Treccani, s.v. «prèndere», 15.b.)

Inoltre, una cosa è la diafasia, un’altra la diamesia.
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Francesco94
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Intervento di Francesco94 »

La ringrazio per aver citato il riferimento del Treccani.
Perciò, prendersi un caffè ha valore rafforzativo, tuttavia risulta corretto.

Vorrei un chiarimento, però, su prendersi cura e/o prendersi una soddisfazione.
Il Treccani afferma che hanno valore mediale, non rafforzativo perciò non si può dire *prendere cura* e/o *prendere una soddisfazione* come già detto da Lei, Infarinato.
Come mai, allora, la frase Leggiti bene questo libro ha comunque valore mediale come riportato nel Treccani se la frase è grammaticalmente corretta anche senza l'elemento pronominale enclitico ti?

Personalmente, ritengo il "ti" in "Leggiti bene questo libro" rafforzativo, non mediale. Si potrebbe benissimo anche dire "Leggi bene questo libro". Come mai allora "prendersi cura" e "prendersi soddisfazione" ha valore mediale se è agrammaticale scriverlo senza il pronome enclitico?
Spero di essermi spiegato bene. :)

La ringrazio.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Francesco94 ha scritto:Come mai, allora, la frase Leggiti bene questo libro ha comunque valore mediale come riportato nel Treccani se la frase è grammaticalmente corretta anche senza l'elemento pronominale enclitico ti?
«Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus». ;)
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Francesco94
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Intervento di Francesco94 »

Potrebbe spiegarmi meglio, Infarinato?
Grazie :roll:
Maestro Italiano
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Intervento di Maestro Italiano »

Lunga vita a Cruscate! Cruscate è un mondo a parte, me lo si lasci dire! Qui non si fanno circolare discorsi triti e ritriti, tutt'altro! Chiedi una cosa e te ne rispondono due.
Succede anche che certe domande, prettamente linguistiche, sollevano temi letterari, e questo funge da poderosa leva agente in profondità, nell'io.
Qui chi aveva introiettato banalmente gergalismi viene rimesso a vita e reintrodotto per mano nel mondo degli antichi savi, dell'antica lingua, dei poeti, nell'origine della favella stessa. Dici che Tizio ha le gota rosse? Ti viene corretto che Egli presenta porpor genieno e vieni iniziato al mondo dell'ermeneutica. Uno che si presenta qui sull'architrave non vede Nosce te ipsum bensì Nosce cruscatem.

Da una domanda sui pronomi siamo andati ben oltre. Il risultato è comunque positivo. Anche se non impari una cosa ne impari un'altra gratuitamente.
Io mi fermo qui gingillandomi mentalmente con questo passo del Giusti.

"Scendi al motriglio dell'empia tana" :)
Arriveremo al giorno in cui, per chiamare "pietre" le pietre bisognerà sguainare la spada. La mia mano stringe l'impugnatura.
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Francesco94
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Intervento di Francesco94 »

Gentile Infarinato,

Provo finalmente a rispondere alla Sua affermazione, cercando anche una risposta da parte sua per vedere se ho ben capito la differenza tra valore rafforzativo e valore mediale di un'azione espressa dal verbo. :D

La sua affermazione
Si potrebbe anche sostenere (si potrebbe, ma si farebbe male) che prendersi un caffè sia una variante intensiva colloquiale e (quindi?) «meno corretta» del canonico prendere un caffè, ma che dire di prendersi una soddisfazione o prendersi cura, che non possono in alcun modo essere sostituite da improponibili (e agrammaticali) *prendere una soddisfazione e *prendere cura?
Avendo letto questo articolo dell'Accademia della Crusca, proverò a spiegarmi, sperando di aver capito e se non sarà così, spero di ricevere un chiarimento. :)

Il pronome atono in prendersi un caffè ha funzione affettivo-intensiva (chiamato anche dativo etico). Si tratta pertanto di un uso pronominale intensivo. L'utilizzo del pronome è ridondante, pleonastico.

Il pronome atono in prendersi una soddisfazione, invece, è obbligatorio. Il verbo in questo caso è chiamato riflessivo apparente, detto anche "riflessivo improprio" o transitivo-pronominale.
Un altro esempio è il caso dei verbi intransitivo-pronominali (addormentarsi, pentirsi ecc.). Trattasi dunque di funzione mediale. Si tratta di usi tutti generalmente riflessivi con un valore comune: indicano che il soggetto è il mittente e destinatario dell'azione espressa dal verbo.

L'uso affettivo-intensivo e l'uso mediale del verbo trae origine dal greco antico in cui esisteva per questo scopo la diatesi media, cui poteva avere due funzioni: riflessiva (usi riflessivi apparenti) e quella di interesse all'azione (dativo etico).
La diatesi media si interponeva tra diatesi attiva e diatesi passiva. Difatti, questa coniugazione verbale consentiva di esprimere una particolare partecipazione del soggetto all'azione verbale (funzione affettivo-intensivo) e descriveva un processo che partiva dal soggetto e restava interno al soggetto (funzione mediale come in "prendersi una soddisfazione").
Il pronome atono nei verbi transitivo-pronominali è obbligatorio per evitare disambiguazione ("Ho fatto la barba/Mi son fatto la barba"); essi cambiano anche a livello morfologico (guardasi l'ausiliare) in cui i verbi transitivi vengono trattati come verbi pronominali a tutti gli effetti.
In latino, questi verbi venivano chiamati "verbi deponenti".

In sintesi:
1. Mi prendo un caffè - valore intensivo-affettivo (dativo etico), pronome atono ridondante ai fini della compiutezza sintattico-grammaticale.
2. Mi prendo una soddisfazione - il verbo è un transitivo-pronominale in cui l'azione parte e ritorna al soggetto (chiamato anche "riflessivo apparente"). Il pronome atono in questo caso è obbligatorio e nei tempi composti l'ausiliare cambia. Trattasi di valore mediale.
3. Il valore mediale di un verbo traspare anche nei cosiddetti "verbi intransitivo-pronominali" come in "Mi sono pentito/Mi sono addormentato".

Il dativo etico è pleonastico. Il pronome atono in funzione mediale è obbligatorio nei verbi transitivo-pronominali ed intransitivo-pronominali.

Facendo riferimento agli esempi della domanda in questione:
1. Mi mangio la mela è un dativo etico, ove il pronome atono è pleonastico. La frase ha senso compiuto anche senza il pronome atono con funzione proclitica. Discorso analogo in funzione enclitica "Mangiati la mela".
2. Mi è morto il gatto è un verbo transitivo-pronominale in cui il verbo ha funzione mediale e non affettivo-intensiva. Il pronome atono è obbligatorio al fine di non creare disambiguazione; è un riflessivo apparente dato che l'oggetto è il gatto e non il soggetto ma l'evento resta comunque all'interno del soggetto o nei suoi interessi (si specifica che il gatto è morto a me, non ad altre persone). Il verbo riflessivo indiretto rivela l'appartenenza dell'oggetto alla persona del soggetto (il gatto è mio e di nessun altro). Un altro esempio è "lavarsi le mani": sono le mie mani.
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Intervento di Infarinato »

Francesco94 ha scritto:Provo finalmente a rispondere alla Sua affermazione…
Veramente io non avevo sollecitato risposta alcuna… ;)
Francesco94 ha scritto:Avendo letto questo articolo dell'Accademia della Crusca, proverò a spiegarmi…
Ecco… sarebbe bastato il rimando: nell’articolo del Bellina avrebbe infatti potuto trovare tutte (ma proprio tutte!) le risposte alle sue domande, se solo si fosse fermato un attimo in piú a rifletterci. Purtroppo il riassunto che ne ha fatto contiene molte inesattezze, che ora mi tocca correggere… :roll:
Francesco94 ha scritto:Il pronome atono in prendersi un caffè ha funzione affettivo-intensiva (chiamato anche dativo etico).
Ni. Lato sensu, sí, è una forma di «dativo etico»; stricto sensu, no, anche se, come ho già detto, assolve alla medesima funzione affettivo-intensiva.
Francesco94 ha scritto:Si tratta pertanto di un uso pronominale intensivo. L'utilizzo del pronome è ridondante, pleonastico.
Sintatticamente, sí; semanticamente/pragmaticamente, no: e per questo nessuno parla ormai piú di «pleonasmo». E che dire di si è preso bel caffè? Ha preso un bel caffè, se non agrammaticale, è però molto marginale, perché quel bel (col significato di «che gli ci voleva proprio») si sposa male con una forma verbale non esplicitamente affettivo-intensiva.
Francesco94 ha scritto:Il pronome atono in prendersi una soddisfazione, invece, è obbligatorio. Il verbo in questo caso è chiamato riflessivo apparente, detto anche "riflessivo improprio" o transitivo-pronominale.
«Transitivo pronominale» è dizione raramente usata. :?
Francesco94 ha scritto:L'uso affettivo-intensivo e l'uso mediale del verbo trae origine dal greco antico in cui esisteva per questo scopo la diatesi media
No, «[l]’uso affettivo-intensivo e l’uso mediale del verbo» non «tra[ggono] origine dal greco antico»: semplicemente, il greco antico aveva una diatesi, quella «media» appunto, in cui tale funzione trovava un’esplicita rappresentazione. Anzi, il protoindoeuropeo aveva solo l’attivo e il medio: il passivo si sviluppa a partire dal medio e in alcune lingue, come il greco antico, sviluppa [anche] forme proprie (i passivi e i deponenti latini sono originariamente/morfologicamente delle voci medie). Ma stiamo divagando…
Francesco94 ha scritto:In latino, questi verbi venivano chiamati "verbi deponenti".
No, non esattamente: veda sopra.
Francesco94 ha scritto:1. Mi prendo un caffè - valore intensivo-affettivo (dativo etico), pronome atono ridondante ai fini della compiutezza sintattico-grammaticale.
No, in senso stretto questo non è un dativo etico: veda sopra.
Francesco94 ha scritto:1. Mi mangio la mela è un dativo etico, ove il pronome atono è pleonastico.
No, come sopra. Un esempio di dativo etico propriamente detto è ma cosa mi combini? (la persona del clitico non corrisponde a quella del verbo).
Francesco94 ha scritto:2. Mi è morto il gatto è un verbo transitivo-pronominale in cui il verbo ha funzione mediale e non affettivo-intensiva. Il pronome atono è obbligatorio al fine di non creare disambiguazione…
Cosa vorrebbe mai dire «al fine di non creare disambiguazione»? :shock:
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marcocurreli
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Intervento di marcocurreli »

Giusto un appunto (senza pretese) su "prendersi un caffè":

se al bar qualcuno mi chiedesse: «cosa prendì?», io rispondereei: «prendo un caffè»;
se voglio preparare il caffè per chi lo volesse, direi agli astanti: «faccio il caffè»;
se invece volessi un caffè solo, o principalmente, per me, direi: «mi prendo un caffè» o «mi faccio un caffè».

Secondo me, inoltre, ci possono essere dei casi di dativo etico in senso stretto in cui il pronome non è così pleonastico come sembra; per esempio, se ho cucinato un buon pranzetto e mio figlio non lo mangia, potrei dire, con tono un po' piccato: «non mi hai neanche assaggiato lo stufato di cipolle!», e il mi sottolineerebbe il fatto che non ha assaggiato quello che ho fatto io.
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Francesco94
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Intervento di Francesco94 »

Gentile Infarinato
So benissimo che le mie domande avrebbero potuto trovar risposta in altri filoni ecc. ma volevo esprimere la mia opinione per avere una sua risposta perché ci tenevo ad avere una spiegazione da lei. Mi dispiace se ha dovuto correggere gli errori nel mio messaggio. :(
So anche che non cercava nessuna risposta: forse questa mia affermazione era una scusa per scrivere ciò che pensavo. :lol:
La ringrazio vivamente per il suo intervento. :)
Ho letto tutto l'articolo del Bellina, ecco perché ho provato a riassumere il tutto nel mio messaggio (purtroppo con vari errori). Le domande a cui pensavo di aver trovato risposta, sono ancora in attesa di chiarimento, purtroppo.

Riguardo alla sua ultima correzione
Cosa vorrebbe mai dire «al fine di non creare disambiguazione»? Sconvolto / Shocked
Rispondo con una parte dell'articolo che ho citato nel mio messaggio
L’uso del pronome, d’altra parte, corrisponde a oggettive necessità di disambiguazione nei casi che sono stati detti «di appartenenza somatologica», ossia quando ci si riferisce a parti del corpo o indumenti o accessori che appartengano al soggetto: tagliarsi la barba (perché potrei anche tagliarla a un altro), lavarsi le mani, asciugarsi le lacrime, mettersi gli occhiali (ma certo si può anche dire, con poche possibilità di equivoco risolte dal contesto, soffiare il naso, grattare la testa, togliere la giacca). Questo anche perché, a differenza di altre lingue moderne (francese, inglese, tedesco), l’italiano in questi casi ammette raramente l’alternativa dell’uso dell’aggettivo possessivo (si è rotto una gamba, ma non ha rotto una sua gamba).
Certamente, la morte del gatto non fa parte della somatologia, però ho pensato che se "taglio la barba" ciò non significa che taglio la mia barba. Ecco perché il pronome atono (complemento di termine) è d'obbligo. Posso tagliare la barba a te ("Ti taglio la barba") o "Mi taglio la barba" ecc.
Discorso analogo per "mi lavo le mani" ecc.
Ecco perché ho detto che la frase "Mi è morto il gatto" specifica che il gatto è morto a me e non ad altre persone.

Riguardo all'esempio di marcocurreli
«non mi hai neanche assaggiato lo stufato di cipolle!»
Penso che questo sia un esempio classico di "dativo etico". Se si eliminasse il pronome atono, il quale evidenzia il dispiacere della persona che ha cucinato, la frase a livello semantico non cambierebbe. Personalmente, lo ritengo superfluo ai fini della compiutezza sintattico-grammaticale. Tuttavia, non è pleonastico se si vuole sottolineare il coinvolgimento emotivo di una persona nell'evento espresso dal predicato.

Un esempio che mi è sfuggito nel mio messaggio è - "Leggiti bene questo libro". Il Treccani afferma che si tratta di verbo con funzione mediale.
Se io dicessi invece "Leggi bene questo libro", la frase non avrebbe lo stesso significato? Non si tratta perciò di "dativo etico" e non di funzione mediale del verbo?
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Animo Grato
Interventi: 1384
Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11

Intervento di Animo Grato »

Francesco94 ha scritto:Riguardo alla sua ultima correzione
Cosa vorrebbe mai dire «al fine di non creare disambiguazione»?
Credo che lei abbia semplicemente confuso ambiguità e disambiguazione (che è, per l'appunto, la mancanza di ambiguità).
La frase, così come l'ha scritta, significa «al fine di evitare una mancanza di ambiguità» ma, visto che generalmente l'ambiguità non è la mira comunicativa che ci si prefigge, immagino che intendesse «al fine di evitare ambiguità».
Questo a prescindere dal fatto che nella frase del gatto morto non c'erano grossi spiragli di ambiguità. Il mi aggiunge un'informazione (si tratta del gatto di chi parla), non disambigua tra due o più possibili interpretazioni.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
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