Gentile Infarinato,
Provo finalmente a rispondere alla Sua affermazione, cercando anche una risposta da parte sua per vedere se ho ben capito la differenza tra
valore rafforzativo e
valore mediale di un'azione espressa dal verbo.
La sua affermazione
Si potrebbe anche sostenere (si potrebbe, ma si farebbe male) che prendersi un caffè sia una variante intensiva colloquiale e (quindi?) «meno corretta» del canonico prendere un caffè, ma che dire di prendersi una soddisfazione o prendersi cura, che non possono in alcun modo essere sostituite da improponibili (e agrammaticali) *prendere una soddisfazione e *prendere cura?
Avendo letto
questo articolo dell'Accademia della Crusca, proverò a spiegarmi, sperando di aver capito e se non sarà così, spero di ricevere un chiarimento.
Il pronome atono in
prendersi un caffè ha funzione affettivo-intensiva (chiamato anche
dativo etico). Si tratta pertanto di un uso pronominale intensivo. L'utilizzo del pronome è ridondante, pleonastico.
Il pronome atono in
prendersi una soddisfazione, invece, è obbligatorio. Il verbo in questo caso è chiamato
riflessivo apparente, detto anche "riflessivo improprio" o transitivo-pronominale.
Un altro esempio è il caso dei verbi intransitivo-pronominali (
addormentarsi, pentirsi ecc.). Trattasi dunque di funzione mediale. Si tratta di usi tutti generalmente riflessivi con un valore comune: indicano che il soggetto è il mittente e destinatario dell'azione espressa dal verbo.
L'uso affettivo-intensivo e l'uso mediale del verbo trae origine dal greco antico in cui esisteva per questo scopo la
diatesi media, cui poteva avere due funzioni: riflessiva (usi riflessivi apparenti) e quella di interesse all'azione (dativo etico).
La diatesi media si interponeva tra diatesi attiva e diatesi passiva. Difatti, questa coniugazione verbale consentiva di esprimere una particolare partecipazione del soggetto all'azione verbale (funzione affettivo-intensivo) e descriveva un processo che partiva dal soggetto e restava interno al soggetto (funzione mediale come in "prendersi una soddisfazione").
Il pronome atono nei verbi transitivo-pronominali è obbligatorio per evitare disambiguazione ("Ho fatto la barba/Mi son fatto la barba"); essi cambiano anche a livello morfologico (guardasi l'ausiliare) in cui i verbi transitivi vengono trattati come verbi pronominali a tutti gli effetti.
In latino, questi verbi venivano chiamati "verbi deponenti".
In sintesi:
1. Mi prendo un caffè - valore intensivo-affettivo (dativo etico), pronome atono ridondante ai fini della compiutezza sintattico-grammaticale.
2. Mi prendo una soddisfazione - il verbo è un transitivo-pronominale in cui l'azione parte e ritorna al soggetto (chiamato anche "riflessivo apparente"). Il pronome atono in questo caso è obbligatorio e nei tempi composti l'ausiliare cambia. Trattasi di valore mediale.
3. Il valore mediale di un verbo traspare anche nei cosiddetti "verbi intransitivo-pronominali" come in "Mi sono pentito/Mi sono addormentato".
Il dativo etico è pleonastico. Il pronome atono in funzione mediale è obbligatorio nei verbi transitivo-pronominali ed intransitivo-pronominali.
Facendo riferimento agli esempi della domanda in questione:
1.
Mi mangio la mela è un dativo etico, ove il pronome atono è pleonastico. La frase ha senso compiuto anche senza il pronome atono con funzione proclitica. Discorso analogo in funzione enclitica "Mangiati la mela".
2.
Mi è morto il gatto è un verbo transitivo-pronominale in cui il verbo ha funzione mediale e non affettivo-intensiva. Il pronome atono è obbligatorio al fine di non creare disambiguazione; è un riflessivo apparente dato che l'oggetto è il gatto e non il soggetto ma l'evento resta comunque all'interno del soggetto o nei suoi interessi (si specifica che il gatto è morto a me, non ad altre persone). Il verbo riflessivo indiretto rivela l'appartenenza dell'oggetto alla persona del soggetto (il gatto è mio e di nessun altro). Un altro esempio è "lavarsi le mani": sono le mie mani.