Condizionale dopo il «se»
Moderatore: Cruscanti
Condizionale dopo il «se»
Per l'ennesima volta, ma sicuramente l'ultima, vi propongo un copia/incolla di una risposta di de Rienzo ad un intevento sul suo forum:
► Se e il condizionale... e l’estetica
Le pongo un quesito: lasciando perdere l'estetica (può essere espressa decisamente meglio), la frase "se non farei una cosa, non chiedo sia fatta" intendendo ovviamente che non si chiede una cosa che - se ci si trovasse - nella situazione di dover fare - non si farebbe?
Massimiliano De Marco
L’uso del condizionale retto da “se” nel caso proposto è corretto. Lei intende dire “dal momento che io non farei una cosa, non chiedo che sia fatta”. Però sente come suona male? Non suonerebbe meglio “non chiedo che si fatta una cosa, che io non farei”? ◄
Ma è veramente solo questione di estetica?
Scusate per il disturbo e buone vacanze a tutti quanti.
► Se e il condizionale... e l’estetica
Le pongo un quesito: lasciando perdere l'estetica (può essere espressa decisamente meglio), la frase "se non farei una cosa, non chiedo sia fatta" intendendo ovviamente che non si chiede una cosa che - se ci si trovasse - nella situazione di dover fare - non si farebbe?
Massimiliano De Marco
L’uso del condizionale retto da “se” nel caso proposto è corretto. Lei intende dire “dal momento che io non farei una cosa, non chiedo che sia fatta”. Però sente come suona male? Non suonerebbe meglio “non chiedo che si fatta una cosa, che io non farei”? ◄
Ma è veramente solo questione di estetica?
Scusate per il disturbo e buone vacanze a tutti quanti.
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
il qual sorride a non so che Gentucca.
Invece a me sembra che quella virgola sia proprio errata (sintatticamente): è una restrittiva.
Comunque non so fino a che punto valgano queste distinzioni fra estetica e grammatica: come dice Fochi, la lingua (e soprattutto l'italiano) non è il meccano.
Se lo scopo è farsi capire, usare costruzioni inutilmente cervellotiche (nel senso che costringono a riflettere) e marginali, a mio parere si sbaglia.
Quella frase, seppur corretta, non è – almeno per me – di interpretazione immediata, nel senso che alla prima lettura bisogna pensare riflettere qualche secondo sul valore di quel condizionale, e questo proprio perché ci sono molti altri modi di esprimere lo stesso concetto, e molti altri concetti che si esprimono normalmente con una costruzione simile.
In conclusione, va bene interrogarsi sulla correttezza di una frase del genere come esercizio di applicazione delle norme grammaticali sul condizionale, ma in un tema – ad esempio – la maestra ben farebbe a sottolineare e correggere.
Comunque non so fino a che punto valgano queste distinzioni fra estetica e grammatica: come dice Fochi, la lingua (e soprattutto l'italiano) non è il meccano.
Se lo scopo è farsi capire, usare costruzioni inutilmente cervellotiche (nel senso che costringono a riflettere) e marginali, a mio parere si sbaglia.
Quella frase, seppur corretta, non è – almeno per me – di interpretazione immediata, nel senso che alla prima lettura bisogna pensare riflettere qualche secondo sul valore di quel condizionale, e questo proprio perché ci sono molti altri modi di esprimere lo stesso concetto, e molti altri concetti che si esprimono normalmente con una costruzione simile.
In conclusione, va bene interrogarsi sulla correttezza di una frase del genere come esercizio di applicazione delle norme grammaticali sul condizionale, ma in un tema – ad esempio – la maestra ben farebbe a sottolineare e correggere.
Dell’uso del condizionale dopo se s’è disquisito moltissimo in queste come nelle chiuse stanze della Crusca. Riassumendo: il condizionale dopo se è ammesso solo:
1. quando si tratta d’un’interrogativa indiretta (Mi domando se sarebbe possibile);
2. quando si sottintende «è vero che» (Se [è vero che] sarebbe esagerato definirlo pazzo è certamente ragionevole considerarlo marginale).
La sua frase, caro Fabio, non rientra in nessuno di questi due casi, ed è perciò errata. Si può dire soltanto Se io andassi in città...
1. quando si tratta d’un’interrogativa indiretta (Mi domando se sarebbe possibile);
2. quando si sottintende «è vero che» (Se [è vero che] sarebbe esagerato definirlo pazzo è certamente ragionevole considerarlo marginale).
La sua frase, caro Fabio, non rientra in nessuno di questi due casi, ed è perciò errata. Si può dire soltanto Se io andassi in città...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Sì, caro Marco.
Anch'io penso che quella frase sia errata.
Allora perché non è errata quella del quesito che vi ho posto in apertura? Non mi sembra che rientri in uno di quei casi che lei mi ha detto.
Mi fa una rabbia non capire le cose...
Anch'io penso che quella frase sia errata.
Allora perché non è errata quella del quesito che vi ho posto in apertura? Non mi sembra che rientri in uno di quei casi che lei mi ha detto.
Mi fa una rabbia non capire le cose...
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
il qual sorride a non so che Gentucca.
Nella frase iniziale – marginale a dir poco – io vedrei un contorsionismo ellittico del tipo Se [è vero che] non farei una cosa, [è anche vero che] non chiedo [neanche che] sia fatta.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Questa non ha proprio senso perché Tizio può accompagnare in città Caio solo se questo decide di andarci, non se è semplicemente disposto a farlo (disposizione che sarebbe espressa dal condizionale), perciò serve il congiuntivo.Fabio48 ha scritto:♣ Se io andrei in città, tu mi accompagneresti?
E' corretta, ma semplicemente brutta? (almeno per me).
E non si può sottintendere «fosse vero che», come nella prima frase, se nella principale ci fosse il condizionale?Marco1971 ha scritto:2. quando si sottintende «è vero che» (Se [è vero che] sarebbe esagerato definirlo pazzo è certamente ragionevole considerarlo marginale).
Cambierebbe il senso. Qui siamo in una concessiva-avversativa:Federico ha scritto:E non si può sottintendere «fosse vero che», come nella prima frase, se nella principale ci fosse il condizionale?
Il DISC ha scritto:se¹ concessive-avversative (nelle quali la protasi enuncia un fatto la cui verità però non condiziona o limita la verità del secondo), con il v. all’ind.: se non ho fatto centro, però ci sono andato vicino. [...] spesso, per maggiore efficacia, la protasi è introdotta da se è vero che, e perfino da se è vero, come è vero, che...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- umanista89
- Interventi: 39
- Iscritto in data: lun, 14 ago 2006 22:22
Da profano (ma appassionato) vorrei sottoporvi la mia supposizione riguardo alla prima frase. A mio avviso la risposta di De Rienzo è molto pertinente, perché il periodo ipotetico cosiddetto «di I tipo» o «dell'obiettività» (ma, com'è noto, la canonica distinzione nei tre periodi ipotetici in italiano ora è accolta con molta cautela dai grammatici, e talora disconosciuta), proprio per la sua stretta aderenza con la realtà (o, meglio, con quella che dal parlante o dallo scrivente o percipita come tale) ha spesso una connotazione piuttosto causale che ipotetica. Pertanto, come in una causale si può usare tanto l'indicativo quanto il condizionale (e quest'ultimo caso si potrebbe considerare un periodo ipotetico ellettico della protasi: «dal momento che io [in una data circostanza, i.e. "se le cose stessero cosí"] non farei una cosa, non chiedo sia fatta»), cosí pure nella protasi d'un periodo ipotetico «di I tipo» è legittimo usare l'uno o l'altro. Ciò su cui però sono indeciso (sicuramente qualcuno di voi saprà illuminarmi al riguardo) è se questo tipo di costruzione è assimibile al II caso di quelli elencati da Marco1971 («quando si sottintende "è vero che"»), o se è da considerarsi un ulteriore caso a sé.
Quella frase assai contorta mi sembra si possa anche interpretare come fa lei, con valore causale. Si veda l’ottima trattazione della voce se nel DISC (riporto ovviamente solo quel che qui interessa):
se¹ ipotetiche-causali: (nelle quali la protasi richiama un dato di fatto come premessa, non propriamente come ipotesi), dal momento che, visto che, con il v. all’ind.: se le cose stanno cosí, non c’è niente da fare; se lo sapevi, dovevi avvertirmi; se questi oggetti non sono tuoi, devi restituirli...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non avevo visto.
Naturalmente, quello sarebbe un altro caso. Era solo per indicare un altro possibile significato che può essere assunto da se, oltre ovviamente a quello causale, che si mette in evidenza ipotizzando l'ellissi di è vero che.Marco1971 ha scritto:Cambierebbe il senso. Qui siamo in una concessiva-avversativa: [...]
Io concordo con l'interpretazione di Ladim e molto meno con quella di Marco, che mi sembra più contorta e meno probabile.
Tuttavia non sono sicuro che definirei "causale" la preposizione.
Secondo me la frase originale significa "Se una cosa (è di quelle che io) non farei, non chiedo (certo) sia fatta (da altri)".
Il "se" quindi non è un "dal momento che" ma proprio un "se" nel senso di "nel caso in cui" (la cosa fosse tra quelle che io non farei mai).
Tuttavia non sono sicuro che definirei "causale" la preposizione.
Secondo me la frase originale significa "Se una cosa (è di quelle che io) non farei, non chiedo (certo) sia fatta (da altri)".
Il "se" quindi non è un "dal momento che" ma proprio un "se" nel senso di "nel caso in cui" (la cosa fosse tra quelle che io non farei mai).
Non vedo una gran differenza, anche perché l'eventualità è già contenuta nell'articolo indeterminativo: non è quella cosa di cui stiamo parlando, ma una cosa generica, ipotetica; sarebbe diverso se ci fosse un oggetto preciso (ad esempio, il bagno), nel qual caso dovrebbe essere per forza causale (come potrei non sapere se farei il bagno, in questo momento?), a meno che l'eventualità sia data da una genericità temporale o spaziale (se non farei il bagno[, in un dato momento e luogo], non chiedo che lo faccia tu).Bue ha scritto:Il "se" quindi non è un "dal momento che" ma proprio un "se" nel senso di "nel caso in cui" (la cosa fosse tra quelle che io non farei mai).
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