«Il gazebo, i gazebi»

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

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Decimo
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Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Ma gazebo (come tornado) hanno morfologia pienamente italiana (tanto che non credo la maggioranza sappia che sono termini stranieri)?
Chiesi delucidazioni a Marco su tornado e su gazebo dopo aver notato che alcune reti televisive nazionali declinano tali vocaboli nei messaggi in sovrimpressione durante i servizi telegiornalistici.
Perciò si può auspicare con realismo la diffusione mediatica (perché, come nota bubu7, è ancora maggioritaria la forma invariabile) a colmare l'incertezza sul plurale.
Bue ha scritto:Lo dice anche per frigo-frighi, video-videi, stereo-sterei?
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Nel sito non trovo stereo però... :?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ricordo che di norma sono invariabili i sostantivi che costituiscono un’abbreviazione: frigo(rifero), [impianto] stereo(fonico), radio(fonia), auto(mobile), ecc. o che derivano da una forma verbale (video).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Bue ha scritto:Lo dice anche per frigo-frighi, video-videi, stereo-sterei?
Non credo assolutamente. Sono parole tronche e nel plurale restano invariate.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Bue ha scritto:Lo dice anche per frigo-frighi, video-videi, stereo-sterei?
Mi pare che lo facciano non pochi, almeno da queste parti. Non vi sembra?
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

L'adeguamento analogico è più forte di qualunque regola. Molti termini vengono intesi come forme autonome e non come forme tronche e, di conseguenza, si adeguano.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

u merlu rucà ha scritto:L'adeguamento analogico è più forte di qualunque regola. Molti termini vengono intesi come forme autonome e non come forme tronche e, di conseguenza, si adeguano.
Lei direbbe, per "adeguarsi", le fote, le radie, le mote ecc.? :lol:
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Infarinato ha scritto:Bisognerebbe forse procurarsi quest’articolo
Ho ricevuto l'articolo. Niente [a] che fare col cinese. L'autore presenta l'ipotesi di una possibile derivazione dall'arabo-spagnolo casbah 'citadel' e dalla derivata parola spagnola alcazaba 'castle, citadel, stronghold'. Ma l'etimologia precisa ancora sfugge. Se pensa possa interessare ad altri leggere l'intero articolo le mando il PDF.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Comunque sia, adoro questo coraggio un po’ anacronistico del DOP. Beccatevi quanto dice su euro:

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Più che coraggiose le considerazioni riportate tra parentesi mi sembrano miopi (quando si afferma che la motivazione non è adeguata) e incomplete. Perfetta invece l’indicazione: invariabile nella lingua moderna; può avere il plurale in –i nella lingua familiare e popolare (ma è forma non raccomandabile nella lingua sorvegliata).

Una trattazione, a mio parere migliore, si ritrova nella Nota grammaticale che segue il lemma sul dizionario Garzanti 2007 (direz. scientifica G. Patota):
Il nome maschile euro al plurale è invariabile […] Questo è stato stabilito ufficialmente dalla commissione che ha sorvegliato l’entrata in uso di questa moneta in Italia, ma è anche linguisticamente naturale perché la parola euro è sentita come una forma abbreviata di europeo (o di moneta europea) e perciò si colloca nella serie di auto (per automobile), moto (per motocicletta) ecc.: tutte parole invariabili al plurale.
La forma plurale gli euri è usata soltanto da qualcuno.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Una trattazione, a mio parere migliore, si ritrova nella Nota grammaticale che segue il lemma sul dizionario Garzanti 2007 (direz. scientifica G. Patota)…
Sí, questo, prima del Patota, l’ho detto io. :mrgreen:

Ma non riterrei il bollare d’inadeguatezza la motivazione alla base dell’invariabilità di euro una scelta «miope», semmai una scelta «basata su criteri rigorosamente/esclusivamente morfologici», in una parola: «normativa» (e per questo, oggi, indubbiamente «coraggiosa»).

Euro è per definizione un neologismo [paneuropeo] e [storicamente] non è un’abbreviazione: come tale, sarebbe stato quindi piú «logico» (ancorché forse meno «naturale», dato il contesto —è questo il punto) in italiano sancire l’uso familiare [toscano].
Bue
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Intervento di Bue »

Fausto Raso ha scritto:Lei direbbe, per "adeguarsi", le fote, le radie, le mote ecc.? :lol:
Questo esempio, pur amato da Marco nelle antiche discussioni su "euro/euri" nel forum della Crusca, secondo me e` inappropriato. Infatti si tratta di sostantivi femminili con terminazione in -o, e a nessuno (credo) verrebbe in mente di formarne il plurale in -e ('unica parola femminile autenticamente italiana terminante in -o e dotata di plurale che mi sovviene e` "mano", che non fa certo le *mane).

I sostantivi invariabili con cui confrontare l'eventualita` "euro-euri" sono a mio avviso stereo, video, frigo, memo (sono abbreviazioni tanto quanto foto e moto, ma almeno sono maschili) oppure, meglio, parole come panda o lama (diciamo poeta/poeti ma non panda/*pandi), o anche ad esempio i nomi delle lettere greche: "un'alfa, due alfa"; "una delta, tre delta".
Ultima modifica di Bue in data mer, 28 nov 2007 11:29, modificato 2 volte in totale.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Ma non riterrei il bollare d’inadeguatezza la motivazione alla base dell’invariabilità di euro una scelta «miope», semmai una scelta «basata su criteri rigorosamente/esclusivamente morfologici», in una parola: «normativa» (e per questo, oggi, indubbiamente «coraggiosa»).
È proprio l’uso esclusivo di criteri morfologici, per esprimere un giudizio di adeguatezza sulle motivazioni delle scelte della comunità dei parlanti, ad essere, a mio parere, miope [dal punto di vista linguistico].
Infarinato ha scritto:Euro è per definizione un neologismo [paneuropeo] e [storicamente] non è un’abbreviazione: come tale, sarebbe stato quindi piú «logico» (ancorché forse meno «naturale», dato il contesto —è questo il punto) in italiano sancire l’uso familiare [toscano].
Però, nelle sezioni etimologiche d’importanti dizionari (tipo: il GRADIT, il Supplemento del Battaglia, il Garzanti 2007) si afferma che il termine è nato come abbreviazione di Europa.
In questo caso, il «sentimento» popolare sembra essere risalito inconsciamente all’origine del termine e ha quindi applicato ad esso la regola dell’invariabilità delle parole abbreviate di cui si parlava. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:È proprio l’uso esclusivo di criteri morfologici, per esprimere un giudizio di adeguatezza sulle motivazioni delle scelte della comunità dei parlanti, ad essere, a mio parere, miope [dal punto di vista linguistico].
Capisco, ma non condivido: se una scelta è normativa, è «normativa»: si deve poggiare, cioè, su «criteri intrinseci alle strutture d’una lingua» (*); altrimenti, sarebbe semplicemente «descrittiva» [delle scelte dei parlanti].

E poi, visto che si parla di «motivazione», non credo che lí ci si riferisca alle «scelte della comunità dei parlanti», bensí a quella di chi tali scelte ha ratificato.
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Euro è per definizione un neologismo [paneuropeo] e [storicamente] non è un’abbreviazione…
Però, nelle sezioni etimologiche d’importanti dizionari (tipo: il GRADIT, il Supplemento del Battaglia, il Garzanti 2007) si afferma che il termine è nato come abbreviazione di Europa.
In questo caso, il «sentimento» popolare sembra essere risalito inconsciamente all’origine del termine e ha quindi applicato ad esso la regola dell’invariabilità delle parole abbreviate di cui si parlava.
Non direi, e infatti «abbreviazione» è [qui] un termine sbagliato (= impreciso). Lo stimolo all’invariabilità lo dà la natura intimamente prefissoidale di euro, che non potrebbe mai essere desunta dal sostantivo Europa (*< euro- + *pa)… ;)

_____________
(*) E le strutture [piú] «stabili» d’una lingua sono essenzialmente quelle morfologiche.
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Intervento di Infarinato »

Freelancer ha scritto:
Infarinato ha scritto:Bisognerebbe forse procurarsi quest’articolo
Ho ricevuto l'articolo. Niente [a] che fare col cinese. […] Se pensa possa interessa ad altri leggere l'intero articolo le mando il PDF.
Grazie, caro Roberto. In realtà, le informazioni essenziali ce le ha già date Lei.

Inoltre non credo potrei metterlo in rete, visto che in rete già c’è… a pagamento.

Se Lei è d’accordo, suggerirei a chi è interessato a leggere l’articolo di contattarla via messaggio privato (…io sono moderatamente interessato :D).
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:È proprio l’uso esclusivo di criteri morfologici, per esprimere un giudizio di adeguatezza sulle motivazioni delle scelte della comunità dei parlanti, ad essere, a mio parere, miope [dal punto di vista linguistico].
Capisco, ma non condivido: se una scelta è normativa, è «normativa»: si deve poggiare, cioè, su «criteri intrinseci alle strutture d’una lingua»; altrimenti, sarebbe semplicemente «descrittiva» [delle scelte dei parlanti].
Quello che voglio dire, in altre parole, è che una scelta esclusivamente normativa è miope, dal punto di vista linguistico.
È evidente che lo stesso si potrebbe dire di una scelta esclusivamente descrittiva.
Le norme attuali sono anche il frutto di scelte [quasi sempre inconsapevoli] dei parlanti dei secoli precedenti.
Come abbiamo detto tante volte, la lingua vive di quest’equilibrio tra norma e innovazione.
Applicare ciecamente le norme consolidate, oppure rifiutarle in blocco, non mi sembra tanto «coraggioso» quanto ottuso. Naturalmente non stiamo qui parlando delle scelte del DOP che rispettano, in questo caso, l’equilibrio di cui parliamo, ma del giudizio riportato tra parentesi che, tra l’altro, si può prestare, come lei ha suggerito, a diverse interpretazioni.
Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Euro è per definizione un neologismo [paneuropeo] e [storicamente] non è un’abbreviazione…
Però, nelle sezioni etimologiche d’importanti dizionari (tipo: il GRADIT, il Supplemento del Battaglia, il Garzanti 2007) si afferma che il termine è nato come abbreviazione di Europa.
In questo caso, il «sentimento» popolare sembra essere risalito inconsciamente all’origine del termine e ha quindi applicato ad esso la regola dell’invariabilità delle parole abbreviate di cui si parlava.
Non direi, e infatti «abbreviazione» è [qui] un termine sbagliato (= impreciso). Lo stimolo all’invariabilità lo dà la natura intimamente prefissoidale di euro, che non potrebbe mai essere desunta dal sostantivo Europa (*< euro- + *pa)… ;)
Non sono così sicuro che «abbreviazione» sia un termine impreciso.
Anche la grammatica del Serianni, elencando le categorie dei nomi invariabili al plurale, dice (III.127.III):
I nomi, quasi tutti femminili, che costituiscono l’abbreviazione di altri nomi: … la metro, le metro (da ferrovia metropolitana); la moto, le moto (da motocicletta)…
A me sembra che euro- ed euro possono essere considerati, con i vocabolari, abbreviazioni di Europa (come metro; metro- + *politana).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Non sono così sicuro che «abbreviazione» sia un termine impreciso.

[…]

A me sembra che euro- ed euro possono essere considerati, con i vocabolari, abbreviazioni di Europa (come metro; metro- + *politana).
«Abbreviazione» non è un termine impreciso se usato per euro al posto di Europa: lo è se usato per «prefissoide», e alla natura prefissoidale, non meramente abbreviativa, si deve questa tendenza a lasciare il plurale invariato. In soldoni, euro rimane invariato perché viene sentito come euro-, non perché euro sia un’abbreviazione di Europa [tout court]: se euro valesse Europa (che comunque è vero solo semanticamente, non letteralmente: v. infra) ma non avesse dato luogo a composti quali eurocentrismo etc., non sarebbe un prefissoide e probabilmente non lo avvertiremmo nemmeno come tale.

(Il paragone con [metro]politana non è del tutto pertinente, ché euro, sebbene tratto da Europa, non significa Europa [come parola a sé stante].)
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