«Bloggista» (!)

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Sí, ma un dizionario non dovrebbe registrare i lemmi solo a beneficio di chi già li conosce, ma forse soprattutto per coloro che non li conoscono e fanno invece affidamento alle regole canoniche della nostra ortografia (…certo, c’è la trascrizione fonetica, ma quanti sono davvero in grado di decifrarla o si prendono la briga di controllarla?).
Questa è l’impostazione puristica (detto stavolta senz’alcuna sfumatura negativa). L’altra impostazione, adottata dai dizionari […] sarebbe quella di rendere edotti, coloro che non conoscono il termine, della giusta grafia e pronuncia da usare se vogliono passare inosservati (come scrittori e locutori) nell’ambiente in cui s’usa il termine.
Devo dire la verità, caro Bubu: codesta posizione mi sembra etico-esteticamente molto piú impegnativa dell’impostazione asetticamente «puristica» di cui sopra. :)

Ma ripeto: non si tratta nemmeno di asettico purismo qui, bensí di coerenza con la natura stessa di un’opera lessicografica, in cui intrinseche esigenze di classificazione e razionalizzazione impongono di operare determinate scelte grafiche, tipografiche, tassonomiche.

Va bene (soprattutto in un dizionario dell’uso) riportare varianti grafiche anche in aperto contrasto con le piú basilari norme ortografiche [attualmente] in vigore, anzi lo si dovrà fare. Ma coerenza col sistema ortografico in cui sono trascritte tutte le altre voci del dizionario vorrebbe la lemmatizzazione della variante grafica «normalizzata», anche se meno frequente o addirittura non attestata. Altra cosa è, per esempio, un’edizione filologico-diplomatica d’un testo antico (…e anche lí non sempre si possono trovare/ricostruire univocamente tutt’i dettagli del manoscritto originale).

Per non citare sempre il solito Oxford English Dictionary, prendiamo ad esempio il TLIO, che certo si rivolge a un pubblico piú ristretto e mediamente piú «competente», e a cui non si può davvero rimproverare una mancanza di accuratezza filologica. Si leggano in particolare i criteri cui soggiace la scelta della forma dell’entrata lessicale (§4.1.2), da cui cito (enfasi mia):
Pietro G. Beltrami ha scritto:È possibile porre come entrata una forma non attestata, quando ciò serva a mantenere coerente una serie: per es. ARRESTA s.f. (unica forma attestata aresta, ma cfr. ARRESTARE v. ecc.).
Ciò basti. ;)
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Federico
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Intervento di Federico »

Infarinato ha scritto:A parte il fatto che esiste la variante (a mio avviso piú coerente) egheliano
Appunto. Ma visto che è piú coerente si dovrebbe adattare sempre del tutto, e non solo a metà?
Infarinato ha scritto: al limite, *blogista sarebbe stato piú coerente con l’ortografia italiana, ma, se si fa *bloggista, allora si facciano le cose fino in fondo e si scriva senz’altro blogghista.
Giusto: il paragone corretto allora è fra hegeliano e blogista.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Federico ha scritto:…il paragone corretto allora è fra hegeliano e blogista.
Sí, ma *blogista, sebbene teoricamente accettabile (*) dal punto di vista ortografico, è mal formato e non rispecchia la pronuncia (…e anche in inglese si ha blogger).

_____________

(*) Anche l’accettabilità ortografica [meramente «teorica» perché, appunto, la parola è mal formata sia in italiano che in inglese] è comunque molto dubbia, perché, contrariamente a quanto avviene in hegeliano, la /g/ si trova al confine di morfema, súbito prima del suffisso -ista.
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Federico
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Intervento di Federico »

Infarinato ha scritto:Sí, ma *blogista [...] è mal formato e non rispecchia la pronuncia
Ma questa è un'affermazione piuttosto tautologica, visto quanto s'è detto.
Infarinato ha scritto:Anche l’accettabilità ortografica [...] è comunque molto dubbia, perché, contrariamente a quanto avviene in hegeliano, la /g/ si trova al confine di morfema, súbito prima del suffisso -ista.
Ecco, questa è un'osservazione interessante: bisognerebbe allora andare a vedere come si comporta l'italiano in questi casi.
Trotskismo (o trotzkismo, trockismo...) sembrerebbe dimostrare che si preferisce l'assimilazione (con caduta della y o j), ma non è un caso molto simile.

Invece, nel caso di Occam, chi lo scrive Ockham o Okkam dovrà scrivere ockhamista e okkamista o sempre occamista?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Federico, perché si pone problemi simili? Scelga la grafia che preferisce, tanto nessuno le dirà che è sbagliata. E se qualcuno glielo dice, gli potrà portare mille esempi giornalistici, o anche la Graditiera. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Ma ripeto: non si tratta nemmeno di asettico purismo qui, bensí di coerenza con la natura stessa di un’opera lessicografica, in cui intrinseche esigenze di classificazione e razionalizzazione impongono di operare determinate scelte grafiche, tipografiche, tassonomiche.
Non mi sembra che codesta forma di coerenza sia da richiedere a un dizionario dell’uso. Infatti tutti i maggiori lessicografi italiani mi sembrano allineati su posizioni opposte. Neanche i rari dizionari che nel recente passato hanno più indugiato su posizioni puristiche si sono mai spinti a lemmatizzare forme ortograficamente più coerenti ma non attestate.

Molto diversa è l’impostazione che può avere un dizionario come il TLIO che, per facilitare la reperibilità delle informazioni, può lemmatizzare forme non attestate ma più coerenti con gli altri componenti di una famiglia lessicale. Ma, naturalmente, in questo caso non vi è alcuna prescrizione d’uso: si tratta semplicemente di rendere più accessibili le vere informazioni del vocabolario (cioè la forme attestate).

Possono infine essere diverse le impostazioni, sull’argomento, di alcune scuole lessicografiche straniere ma queste impostazioni vanno sempre calate nell’ambiente culturale che contribuisce a crearle.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Non mi sembra che codesta forma di coerenza sia da richiedere a un dizionario dell’uso. Infatti tutti i maggiori lessicografi italiani mi sembrano allineati su posizioni opposte. Neanche i rari dizionari che nel recente passato hanno più indugiato su posizioni puristiche si sono mai spinti a lemmatizzare forme ortograficamente più coerenti ma non attestate.

Molto diversa è l’impostazione che può avere un dizionario come il TLIO…
Certo, caro Bubu, se uno a Lei non le muta tutti i mutanda, prende proprio tutto alla lettera! :)

Ovviamente, il riferimento ai criteri di lemmatizzazione del TLIO (come quello precedente all’impostazione dell’OED) erano degli esempi di alcune delle «normalizzazioni» che inevitabilmente comportano le esigenze di razionalizzazione e classificazione di un’opera lessicografica. ;)

Anche un «dizionario dell’uso» è prima di tutto un dizionario, non —ripeto— il lemmario allegato a un’edizione diplomatica d’un testo antico.

La coerenza della normalizzazione di /ggi/ in <gghi> (in una parola italian[izzat]a, non in un forestierismo crudo, ovviamente) risponde a esigenze di coerenza interna, e queste a sua volta a esigenze funzionali, non [neo]grammaticali. Questo almeno per quanto riguarda la scelta della forma [ortografica] dell’entrata lessicale: per le varianti, è un altro discorso.

Non applicare una tale normalizzazione sarebbe come lasciare (per [eccesso di] spirito filologico) l’accento grave sulla i d’una parola [italiana] in un dizionario le cui convenzioni tipografiche prevedano l’acuto per i e u (o viceversa), etc. etc.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Certo, caro Bubu, se uno a Lei non le muta tutti i mutanda, prende proprio tutto alla lettera! :)
Abbia pazienza! non tutti possono avere la sua perspicacia. :wink:
Infarinato ha scritto:Ovviamente, il riferimento ai criteri di lemmatizzazione del TLIO (come quello precedente all’impostazione dell’OED) erano degli esempi di alcune delle «normalizzazioni» che inevitabilmente comportano le esigenze di razionalizzazione e classificazione di un’opera lessicografica. ;)
Sì, ma la normalizzazione da lei proposta evidentemente non è così inevitabile, visto che tutti i dizionari che hanno accolto la variante [parzialmente] italianizzata non hanno creduto opportuno applicarla; e certo non per sciatteria ma per scelta oculata.

È giusto, a mio parere, registrare l’entrata come si presenta graficamente con maggior frequenza in scritti italiani, segnalando la pronuncia anomala rispetto alla grafia. Se poi l’adattamento grafico completo dovesse, auspicabilmente, prendere il sopravvento saremo ben felici di spostare bloggista in posizione defilata. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Io piuttosto, al solito, mi chiedo: ma allora perché non riportare anche xké, io so', un pò, e via dicendo?
Se si facesse una distinzione più trasparente tra dizionari normativi e dizionari dell'uso, non sarebbe meglio?
Il sonno della ragione genera mostri.
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Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Federico, perché si pone problemi simili? Scelga la grafia che preferisce, tanto nessuno le dirà che è sbagliata. E se qualcuno glielo dice, gli potrà portare mille esempi giornalistici, o anche la Graditiera. ;)
Semplicemente, non so quale grafia preferire, perché non trovo una regola.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Federico ha scritto:Semplicemente, non so quale grafia preferire, perché non trovo una regola.
E quindi lei stesso appoggia il mio discorso: ci vorrebbero delle regole (che le potrei anche dare, ma non servirebbe), e molti italiani la pensano in questo modo. Purtroppo si preferisce lasciare che ognuno contribuisca a quella che taluni chiamano evoluzione spontanea.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Federico »

Per questo caso mi accontenterei di una regola soggettiva; ma non ho nemmeno questa.
Ho trovato russoiano, che trovo decisamente preferibile al terribile rousseauiano (almeno è chiaro che l'ultima vocale si "perde" sempre); ma allora dovrei scrivere trozchista.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A questo punto preferirei trozzichista, se troschista non l’accontenta. :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:A questo punto preferirei trozzichista, se troschista non l’accontenta. :D
No, ho letto solo ora l'altro suo messaggio, e infatti stavo per cancellare il mio per copiarlo di là.
Bue
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riapro il filone...

Intervento di Bue »

...per comunicarvi che ci ho provato di nuovo. Ho usato blogghista in una traduzione per Adelphi, e mi è stato inesorabilmente cambiato in blogger (non corsivo).
Stessa sorte per "prepubblicazione" riconvertita in preprint (non corsivo) .
"Arrendetevi! Siete Circondati! Siete morti! Svegliaaaaa!"(cit.)
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