«Bloggista» (!)

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

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Ladim
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Intervento di Ladim »

L'erudita passione per il nostro «argomento» dovrebbe prevedere una piccola dose di 'reazionarismo'.

Gli 'apocalittici' farebbero bene a guardare con sospetto questo falso acclimatamento: ché non ha alcun senso – se è parola italiana, va letta dolce, e la trascrizione fonetica dovrebbe tenerne conto; altrimenti, mettiamo l'acca e pronunciamo quel suono 'come' gl'inglesi.

Il lessicografo 'integrato' dovrebbe svolgere una funzione comunque sociale, e tradurre il suono secondo il sistema ortografico italiano (segnalando l'incongruenza, o l'obbrobrio).

Volendo esasperare, si converrà che anche questa volta l'allarme delle 'oche sacre' (e mi ci metto dentro anch'io) non sarà di alcun aiuto (vedo torcere il naso quando un italiano storpia un suono non italiano; dovrò vedere torcere il naso anche quando lo stesso pronuncerà italiana una parola ormai considerata italiana?).

Ma sarebbe uno scherzo serio.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ladim ha scritto: Il lessicografo 'integrato' dovrebbe svolgere una funzione comunque sociale, e tradurre il suono secondo il sistema ortografico italiano (segnalando l'incongruenza, o l'obbrobrio).
A mio parere il lessicografo moderno non può e non deve fare ciò. Egli deve registrare la pronuncia e la grafia dell'uso.
In altre sedi il linguista di professione potrà e dovrebbe promuovere lo studio della lingua e della sua storia in modo che una maggiore sensibilità e conoscenza della materia permettano un migliore e più disinvolto rapporto con essa.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Ladim
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Intervento di Ladim »

I pareri sono pareri, e il mio vale quanto il suo, caro bubu7. Tuttavia, il lessicografo non dovrebbe dimenticare che la lingua, e quindi l'uso storicamente determinato, è soprattutto nei suoni; la tradizione culturale che traduce questi suoni in segni grafici dovrebbe essere [reazionariamente] coerente con il sistema tutto (la «coerenza», quando si sistema, direi che è ancora necessaria). Lei converrà che l'uso impone il suono 'blogghista'; l'ortografia italiana deve interpretare quel suono (alieno) attraverso le proprie regole, ché se è 'coerente' salvare la forma originaria di un forestierismo crudo, sarebbe igienico non turbare l'ortografia italiana in una parola divenuta italiana – la convivenza, qualunque essa sia, risponde sempre a equilibri ad ogni modo ragionevoli (beninteso: non siamo in un contesto 'opaco' quale quello che divide «gli» da «glicide» o «glicolisi»; e nemmeno è immaginabile un'ipotetica confusione che, in un futuro 'allucinato', porterebbe a una «Ghinestra» o a un «ghenerare»...) – ma sono ancora i lessicografi che, nonostante l'uso, consiglierebbero [coerentemente] di trattare come 'invariabili' i forestierismi etc.

Il mio «parere» è questo: almeno per l'ortografia, lasciamolo da parte, l'Uso.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ladim ha scritto:Il mio «parere» è questo: almeno per l'ortografia, lasciamolo da parte, l'Uso.
Ben detto. Altrimenti non sarebbe piú… ortografia! ;)
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ladim ha scritto: Il mio «parere» è questo: almeno per l'ortografia, lasciamolo da parte, l'Uso.
Infarinato ha scritto:Ben detto. Altrimenti non sarebbe piú… ortografia! :wink:


Naturalmente siete liberi di pensarla diversamente ma questa vostra opinione mi sembra che vada contro ogni evidenza storica. Nella storia delle lingue l’Uso ha spesso condizionato le norme ortografiche mentre diversi tentativi artificiali di razionalizzare maggiormente l’ortografia italiana sono caduti nel vuoto.

Quindi, per l’ortografia, non si può prescindere dall’Uso. :wink:
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V. M. Illič-Svitič
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Nella storia delle lingue l’Uso ha spesso condizionato le norme ortografiche mentre diversi tentativi artificiali [radicali e individuali] di razionalizzare maggiormente l’ortografia italiana sono caduti nel vuoto.
Questo è vero, ma fino a un certo punto (ad esempio, l’Accademia della Crusca coi suoi dizionari ha contribuito a fissare diverse norme ortografiche, quali l’impiego dell’h iniziale diacritico [limitandolo] o della grafia [doppia o scempia, a seconda dei casi] della z, e il Bembo [con la collaborazione di Aldo Manuzio] ha fissato praticamente da solo molto del nostro sistema paragrafematico, a cominciare dall’uso generalizzato [ora un po’ fuori moda] dell’accento grave in fin di parola), e, in generale, in tempi molto lunghi
Ladim
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Intervento di Ladim »

Ma bubu7, qui non si tratterebbe di studiare l'uso per comprenderne il comportamento! Scrivere 'così' un suono, ad esempio, che in origine, in altri co-testi, anche da 'noi' si pronunciava velare, è una pura convenzione che andrebbe ancora suffragata coll'autorevolezza (e così è successo, grazie ai nostri primi scrittori – e lei oggi può dirmi che tutti scrivono, e io non direi più nulla) – al riguardo, possiamo leggere dottissimi interventi sulla pronuncia classica del latino, così come sulla storia della 'nostra' trascrizione alfabetica (e ricordo un recente intervento, direi ingenuo, di un opinionista che rimproverava a Benigni di aver pronunciato male il «basciò» dantesco, quando invece, secondo me [fors'anche per la spontaneità], lo avrebbe pronunciato barbianamente bene...). Prendere atto di un cambiamento di questo tipo, e cioè registrarlo 'non come una deviazione', ma come una nuova consuetudine appunto dettata dall'uso, equivarrebbe ad assumere a regola un'evidente ingenuità (la stessa che vorrebbe mettere un suono sibilante, in un contesto nostrano, alla fine di quelle parole non italiane di significato plurale). La teoria serve allo studioso per orientare il senso della propria ricerca: la stessa compilazione di un dizionario [anche dell'Uso] vorrebbe comunque selezionare un «uso» considerato in linea con una certa tradizione: per suggerire, per chiarire, per incoraggiare. Così, con '*'bloggista, questa sana etichetta dell'«uso», per altri versi salutata con grande gioia, mi sembra un po' 'brutalizzata'.

Ma se analizziamo un fenomeno, direi che vale il Suo punto di vista, caro bubu7; se, diversamente, proponiamo una sistemazione della nostra lingua (e il dizionario vuole far ordine!), ecco che le precauzioni teoriche, filologiche, logiche, etimologiche, storiche, euristiche, estetiche, etiche hanno una funzione fondamentale, irrinunciabile, e desiderabile.

Un lessicografo potrebbe dire che il proprio lavoro è schiavo dell'uso senz'altro, e quindi suggerire un nuovo sistema grafico, neo-orto-etc., e spiegare le sue ragioni – le più tecniche e sorvegliate, le più suscettibili e suggestive (come quella che vuole la lingua d'Albione intrinsecamente più bella di qualsiasi altra etc.): tutto è possibile (qualcuno chiese a Galileo di provare il valore estetico della Commedia, e lo fece chiedendo le proporzioni esatte degli spazi infernali). Ma, vede, troppo spesso capita di sentire pronunciate parole 'oscene', figlie di un pensiero 'stupido', anche quando ci confrontiamo con un pensiero ben 'complesso' ed 'elegante': l'abitudine di pensare miserabilmente ci impedisce di pensare altrimenti – mi pare ben grottesca l'immagine di un italiano che prende lezioni di ortografia italiana da un inglese (parimenti mi pare grottesco l'uso di '*'bloggista, il metodo lessicografico che comunque lo promuove, il mondo individuale che ne è l'espressione etc.)!

Le provocazioni vogliono essere anche divertenti, per una conversazione amabilissima. Ma a me pare – ribadisco – poco pertinente (secondo un punto di vista non solo 'descrittivo') una tale sottomissione.

E faccio punto.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ladim ha scritto:Prendere atto di un cambiamento di questo tipo, e cioè registrarlo 'non come una deviazione', ma come una nuova consuetudine appunto dettata dall'uso, equivarrebbe ad assumere a regola un'evidente ingenuità
[...]
La teoria serve allo studioso per orientare il senso della propria ricerca: la stessa compilazione di un dizionario [anche dell'Uso] vorrebbe comunque selezionare un «uso» considerato in linea con una certa tradizione: per suggerire, per chiarire, per incoraggiare.
[...]
se, diversamente, proponiamo una sistemazione della nostra lingua (e il dizionario vuole far ordine!), ecco che le precauzioni teoriche, filologiche, logiche, etimologiche, storiche, euristiche, estetiche, etiche hanno una funzione fondamentale, irrinunciabile, e desiderabile.

Oggi la teoria lessicografica non prevede che la registrazione dei neologismi sia condizionata da ragioni “filologiche, logiche, etimologiche, storiche, euristiche, estetiche, etiche…” né che il dizionario sia il luogo deputato a “sistemazioni” razionali dei neologismi più o meno rispettose della nostra tradizione.
L’Uso è fondamentale perché un neologismo sia registrato. Il compito del lessicografo è quello di valutare l’effettiva diffusione del termine indicando la sua corretta collocazione nello spazio delle varietà linguistiche.
Sarà compito delle grammatiche tentare una sistemazione normativa delle nuove tendenze (se il neologismo in questione ne fosse la spia).

La lingua postunitaria italiana si sta adeguando, con ritardo e in maniera più tumultuosa, a una situazione più “normale” come quella francese. In quest’ultima, a causa del precoce raggiungimento dell’unità politica, l’Uso (soprattutto parlato) ha pesantemente condizionato la “norma” mentre per l’italiano preunitario la norma è stata soprattutto condizionata (come già accennava Infarinato) da sistemazioni artificiali (come quella bembiana) e da usi (essenzialmente in scritti di tipo letterario).

Sul compito e i limiti del lavoro del linguista riporto quanto affermava Francesco Sabatini:
Il compito di chi indaga e riflette sulla lingua […] consiste nel far sì che i processi evolutivi si svolgano nella consapevolezza. Ma i processi sono comunque in atto e proseguono: tale è la forza che regola e domina, quasi senza controllo da parte dei linguisti e grammatici, la comunicazione, specie oggi, dati i suoi potenti e innumerevoli mezzi.

Vorrei sottolineare il discorso, che vado da tempo sostenendo, sulla promozione della “consapevolezza”.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Oggi la teoria lessicografica non prevede che la registrazione dei neologismi sia condizionata da ragioni “filologiche, logiche, etimologiche, storiche, euristiche, estetiche, etiche…” né che il dizionario sia il luogo deputato a “sistemazioni” razionali dei neologismi più o meno rispettose della nostra tradizione.
Mah? :roll: Lei, codesta affermazione cosí recisa, da dove la trae?… Lasciando stare eventuali ragioni d’ordine euristico, etico o estetico, che si confanno forse a una lessicografia di piú vecchia data, non mi sembra proprio che ragioni «filologiche, logiche, etimologiche, storiche» non condizionino piú/possano piú condizionare la lemmatizzazione, perlomeno per ciò che concerne l’ortografia (e, in misura minore, l’ortoepia). Ciò non succede nemmeno nelle moderne lessicografie inglese e francese, in cui pure la corrispondenza tra grafia e pronuncia è [molto] meno stretta [e quindi vincolante] che in italiano: ad esempio, l’Oxford English Dictionary, anche nei suoi piú recenti aggiornamenti, pur riportando tutte le grafie di un parola [di recente introduzione —è questo il punto], mette generalmente a lemma quella [filo]logicamente ed etimologicamente piú sensata.

Non confondiamo la lessicografia (con le sue [intrinseche] esigenze di razionalizzazione e classificazione) con l’indagine linguistica tout court.
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: Mah? :roll: Lei, questa affermazione cosí recisa, da dove la trae?… Lasciando stare eventuali ragioni d’ordine euristico, etico o estetico, che si confanno forse a una lessicografia di piú vecchia data, non mi sembra proprio che ragioni «filologiche, logiche, etimologiche, storiche» non condizionino piú/possano piú condizionare la lemmatizzazione, perlomeno per ciò che concerne l’ortografia (e, in misura minore, l’ortoepia).
Prenda proprio bloggista, dov'è registrato [quando lo è] solo il rimando alla forma più frequente rappresentata dal forestierismo crudo e non viene fatta nessuna considerazione di natura filologica, ecc. né, tantomeno, viene riportata la forma blogghista più rispettosa delle ragioni filologiche, ecc. ma meno frequente.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Prenda proprio bloggista, dov'è registrato [quando lo è] solo il rimando alla forma più frequente rappresentata dal forestierismo crudo e non viene fatta nessuna considerazione di natura filologica, ecc. né, tantomeno, viene riportata la forma blogghista più rispettosa delle ragioni filologiche, ecc. ma meno frequente.
Ma è proprio quest’atteggiamento ipermodernista, falsamente filologico e inappropriatamente pedissequo (e che non ha riscontro nelle moderne lessicografie inglese, francese, spagnola, etc.) che noi contestiamo.
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Infarinato ha scritto: Ma è proprio quest’atteggiamento ipermodernista, falsamente filologico e inappropriatamente pedissequo (e che non ha riscontro nelle moderne lessicografie inglese, francese, spagnola, etc.) che noi contestiamo.
Non condivido il suo giudizio e non ho elementi sufficienti per poter giudicare le altre lessicografie. Osservo però che i diversi orientamenti nazionali non possono prescindere dalle rispettive storie culturali.
Al di là del caso specifico oggetto della discussione su cui ognuno può esprimere il proprio parere mi sembra importante aver riflettuto su quanto l'Uso (sia scritto che parlato; sia letterario che popolare) possa influenzare anche i cambiamenti delle norme ortografiche e su quali siano i limiti che s'impone (volutamente e non per ignoranza) il lessicografo [italiano].
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Intervento di Ladim »

Non è in questione l'ignoranza, semmai proprio la consapevolezza [di sapere quel che si fa e perché]. Ma i lessicografi d'oggi sono cresciuti ascoltando un po' troppa musica popolare angloamericana, hanno forse maturato la loro sensibilità linguistica sulla lettura di troppi autori di lingua inglese, hanno di sicuro trascorso la loro adolescenza confrontandosi troppo spesso con il più recente cinema d'oltreoceano (e l'Uso, fuor d'ironia, deve tener conto anche di questo, lo vedo bene).

Le mie posizioni, dunque, sono necessariamente di «vecchia data».

Ma vorrei ancora una volta, se posso, riassumere la mia idea riguardo a ciò che avrebbe 'un' senso in una discussione come questa, usando le parole proprio di Michele Barbi (e poco importa se l'argomento originale era l'edizione dei nostri classici – ché si trattava di rendere leggibile un testo anche ai nostri contemporanei):
cerchiamo di determinare esattamente i fatti fonetici e morfologici, e quelli rappresentiamo ai lettori coi segni a cui ciascuno sa attribuire il giusto valore. Questo è l'uso dei veri studiosi; e se c'è qualcuno che segua la via più comoda di riprodurre materialmente i testi quali si hanno nei codici, è, il più delle volte, perché, non essendo dotto o filologo, si crede con quell'aria di «esattezza scientifica» di farsi passare per tale.
In questo stralcio barbiano io vedo ciò in cui mi riconosco: l'eventuali ragioni d’ordine euristico, etico o estetico che coinvolgono l'aspetto umano di chi lavora con serietà, sapendo che ogni cosa richiede sempre una scelta motivata e ragionata; vedo poi le ragioni filologiche, logiche, etimologiche, storiche che vanno tenute per ferme senza dubbio; infine la consapevolezza del proprio compito: consegnare uno strumento che deve 'servire', nel nostro caso, alla lingua e al suo parlante – nel caso di Barbi, alla lingua e al lettore.

In ultimo, vorrei sottolineare, e sottolineare bene, quell'«aria di "esattezza scientifica"»...
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Decimo
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Intervento di Decimo »

bubu7 ha scritto:Quindi, per l’ortografia, non si può prescindere dall’Uso. :wink:
Vista la frequenza in rete, dunque, non dovremo meravigliarci se a breve i dizionari registreranno forme che prescindono dalla norma ortografica, come i vari perchè, finchè, apposto col significato di a posto, eccetera. Mi dica: è cosí, bubu7? Perché se cosí non fosse, i lessicografi vacillerebbero su un paradosso... quale criterio infatti permetterebbe di distinguere l'Uso lecito e quello illecito?
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Decimo ha scritto: Vista la frequenza in rete, dunque, non dovremo meravigliarci se a breve i dizionari registreranno forme che prescindono dalla norma ortografica, come i vari perchè, finchè, apposto col significato di a posto, eccetera. Mi dica: è cosí, bubu7? Perché se cosí non fosse, i lessicografi vacillerebbero su un paradosso... quale criterio infatti permetterebbe di distinguere l'Uso lecito e quello illecito?
Salve Decimo, come sta? :)
No, non è così perché la rete è solo una, e neanche la più importante, delle fonti a cui attingono i lessicografi per la registrazione dei neologismi.
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