coniugazione di variare

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franz
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coniugazione di variare

Intervento di franz »

Mi è venuto un dubbio sulla coniugazione del verbo variare, in particolare se la III persona singolare del congiuntivo sia "varii" o "vari".

Il dubbio nasce perché un paio di tavole di coniugazione che ho consultato in linea (quella di Wordreference e quella di Garzanti di cui non riesco a inserire il collegamento diretto) scrivono "varii", mentre Serianni (XI.71.e) dice che la seconda "i" va messa solo per evitare ambiguità (l'esempio è odii da odiare contrapposto a odi da udire).

Nel caso di vari/varii l'eventuale ambiguità col sostantivo o l'aggettivo mi pare difficile da immaginare e propenderei per la forma "vari", ma approfitterei volentieri di una parola da esperti (scusandomi per la banalità della domanda).
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Re: coniugazione di variare

Intervento di Infarinato »

franz ha scritto:Mi è venuto un dubbio sulla coniugazione del verbo variare, in particolare se la III persona singolare del congiuntivo sia "varii" o "vari".
Come al solito, io sono per una grafia che rispecchi [il piú possibile] la fonetica: cosí anche il coniugatore del GRADIT, sia per odiare che per variare (i.e.: odi, vari, etc.).

Se non mi sbaglio (vado a memoria), anche il Serianni non raccomanda esplicitamente la grafia con due i: dice solo che «può tornare utile per evitare ambiguità»… ;)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non è necessario scrivere le due i, ma è lecito, sebbene i verbi di coppie del tipo varare/variare, allevare/alleviare, premere/premiare, udire/odiare, ecc. siano semanticamente cosí ben distinti da non abbisognare di disambiguazione. Scrive il Gabrielli (Si dice o non si dice?, Milano, Mondadori, 1990, p. 195):

Prendiamo il verbo premiare: scrivendo con una sola i la seconda persona dell’indicativo presente, tu premi, non si rischia di confonderla con la seconda persona dello stesso indicativo presente del verbo prèmere? Infatti, le forme complete sarebbero: prem-iare, premi-i; prèm-ere, prem-i. Rispondo: possibilità di confusione in un discorso tra premiare e prèmere ce ne saranno una su mille; ma se quell’una si presentasse, si scriva pure la seconda persona di premiare con due i («Se tu mi premii, ti prometto che studierò»). Casi analoghi: vari-are, vari-i, vàri-ino; var-are, var-i, vàr-ino; allevi-are, allevi-i, allèvi-ino; allev-are, allev-i, allèv-ino, ecc.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
franz
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Re: coniugazione di variare

Intervento di franz »

Infarinato ha scritto:Se non mi sbaglio (vado a memoria), anche il Serianni non raccomanda esplicitamente la grafia con due i: dice solo che «può tornare utile per evitare ambiguità»… ;)
Sì, esatto (e complimenti alla memoria ;)), mi sono spiegato male.
Tuttavia va anche detto che fa riferimento a un passo del Dardano-Trifone (p.207) che è, mi pare, più vicino a una raccomandazione:
Dardano-Trifone ha scritto:Le due i si conservano qualora occorra evitare possibili ambiguità: si scriverà, per esempio, odii (dal verbo odiare) per non confonderlo con odi (dal verbo udire).
Marco1971 ha scritto:Rispondo: possibilità di confusione in un discorso tra premiare e prèmere ce ne saranno una su mille; ma se quell’una si presentasse, si scriva pure la seconda persona di premiare con due i («Se tu mi premii, ti prometto che studierò»)
Vi ringrazio delle risposte, in sintesi, quindi, la grafia con due i è legittima ma ci sono ragioni per evitarla o al più riservarla a casi di effettiva ambiguità.

Ho però un ultimo piccolo dubbio, dalla risposta di Marco1971 mi pare di capire che la scelta tra le due grafie può dipendere dal contesto. Questo significa che si può usare la grafia con doppia i in una frase che può essere ambigua e la grafia normale altrimenti (ipoteticamente anche in uno stesso testo)?
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Marco1971
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Re: coniugazione di variare

Intervento di Marco1971 »

franz ha scritto:Ho però un ultimo piccolo dubbio, dalla risposta di Marco1971 mi pare di capire che la scelta tra le due grafie può dipendere dal contesto. Questo significa che si può usare la grafia con doppia i in una frase che può essere ambigua e la grafia normale altrimenti (ipoteticamente anche in uno stesso testo)?
Sí, la scelta è libera, ma il buon senso suggerisce di evitare queste doppie i (atone; ovviamente se una è tonica è obbligatorio scriverla, come in invíi e sim.), affidando al contesto la rarissima necessità di disambiguare.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
franz
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Intervento di franz »

Chiarissimo, grazie!
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Di nulla, caro Franz. :) Se vuole, ci può anche dare un esempio concreto: è sempre interessante (e non c’era niente di banale nella domanda ;)).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
franz
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Intervento di franz »

Non ho nessun esempio specifico in effetti, dovendolo scrivere mi è venuto un dubbio non del tutto risolto dalle fonti che ho trovato, da cui il ricorso al forum che frequento spesso da lettore.

Il contesto in cui scrivevo non si prestava ad ambiguità con i vari di navi, ma un punto che non mi era chiaro era se, parlando di "rischio di ambiguità" ci si riferisse a un'eventuale ambiguità o a un'ambiguità effettiva nel contesto. Questa confusione mi nasce anche dal fatto che in altri casi in cui si usa una diversa grafia per evitare ambiguità, penso ad esempio a sé/se, la si usa anche quando nel contesto specifico l'ambiguità non è possibile (in questo senso andava qualcosa che ho letto sull'uso di "se stesso/sé stesso", ove si consigliava, appunto, di usare comunque la grafia sé).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Mentre nel caso di sé/se, dà/da, sí/si, abbiamo coppie unidivergenti accolte dall’ortografia comune, nel caso di vari/varii, allevi/allevii, premi/premii si tratta di varianti e non di forme stabilmente riconosciute come distintive. Queste ultime non appartengono all’ortografia comune, e servono soltanto occasionalmente, come s’è detto, in quei rari casi in cui si sente il bisogno di distinguere fra due verbi normalmente inconfondibibili.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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