Genere di «multisala»

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5085
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Genere di «multisala»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Il Treccani in linea registra pel sostantivo «multisala» il genere maschile. Il Sabatini-Coletti in linea dice invece che è femminile, cosí anche l'Hoepli. Il DOP lo dà sia come maschile sia come femminile. Tutt'e tre i dizionari lo marcano come invariabile, mentre il Sabatini-Coletti ammette anche la forma multisale.

Cito dal sito del Fatto Quotidiano:
In meno di due mesi il Cavaliere si è assicurato il controllo dei multisala più importanti del Paese.
E ancora, sempre dallo stesso articolo del medesimo giornale:
Il Cavaliere, in meno di due mesi, si è assicurato il controllo delle multisala cinematografiche più importanti del Paese.
A mio avviso, sarebbe il caso di porre qui un'alternativa: o si sceglie il maschile invariabile, oppure il femminile, declinabile. Che cosa ne pensate?
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mer, 05 gen 2011 21:37, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

È infatti quel che dice il GRADIT: s.f.; anche s.m. inv. Personalmente, lo farei maschile invariabile, sottintendendo ‘cinema’. Quest’oscillazione, come molte altre, si spengerà col prevalere, nell’uso, dell’una o dell’altra forma, ambedue legittime.

Una piccola nota, se m’è concessa: è da preferire sia… sia… a sia… che…. Si veda qui. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5085
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie della risposta e dell'appunto di stile. :)
Avatara utente
Freelancer
Interventi: 1897
Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:Una piccola nota, se m’è concessa: è da preferire sia… sia… a sia… che…. Si veda qui. :)
Per carità! Non usare sia ... che perché si potrebbe sbagliare? Perché promuovere questa forma di autocensura? Si inviti invece a capire quando evitarlo perché potrebbe causare confusione, tutto qui. Io direi anzi che quando non esiste alcuna possibilità di confusione, come nella frase di cui sopra, è preferibile sia...che, mentre l'altro modulo, di registro più alto, andrà preferito in nessi correlativi complessi in cui possa, per l'appunto, esistere il pericolo di confusione.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Io direi anzi che quando non esiste alcuna possibilità di confusione, come nella frase di cui sopra, è preferibile sia...che...
E il motivo, ancora? ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Freelancer
Interventi: 1897
Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

L'ho appena detto: si valuti il registro complessivo e la semplicità (o mancanza della medesima) del nesso correlativo, e si scelga opportunamente, invece di farsi ingabbiare dalla pedissequa conformità a quello che altri vorrebbe si scrivesse sempre.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Per chi ha una forte coscienza storica e si sente vincolato, per amore, alla grande letteratura, la scelta di sia… sia… non rappresenta una pastoia, ma un tributo alla continuità storica. Mi sono permesso questa nota solo perché so che Ferdinand fa parte di quelle persone che desiderano conoscere qual è l’uso considerato migliore. Poi nessuno impedisce a lei o ad altri di fare le proprie scelte in base ad altri criteri (o in base a nessun criterio affatto, non trattandosi, spesso, di scelta ma di meccanica ripetizione).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Freelancer
Interventi: 1897
Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

A me sembra che, anziché dire recisamente 'meglio non usare questo modulo' sulla scia di Della Valle e Patota, facendo così perdere flessibilità nell'uso della lingua a un utente che, a sentir lei, vorrebbe padroneggiarla meglio, sarebbe stato preferibile rimandare per uno studio iniziale alla più moderata trattazione che ne dà Serianni nella sua grammatica, da dove si evince che il criterio fondamentale per la scelta prioritaria del modulo sia...sia è l'analisi della complessità del nesso correlativo e del rischio di confusione, senza quindi precludersi la possibilità di usare un modulo largamente diffuso (infatti usato istintivamente da Ferdinand) e, come Serianni ribadisce, ormai accettato anche dai grammatici più tradizionalisti come Gabrielli.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Sí, è vero, ma vede, oggi ho fatto molto lavoro di ricopiatura e non mi andava di farne dell’altro. Comunque, non mi è chiaro in che cosa consista la perdita di flessibilità; dell’articolo del Gabrielli posso citare la fine:

Ma va da sé che se un consiglio dovessi dare, raccomanderei di attenersi alla vecchia classica forma del sia… sia…, ripetuto anche dieci volte. (Aldo Gabrielli, Il museo degli errori, Milano, Mondadori, 1991 [1977¹], p. 113)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Freelancer
Interventi: 1897
Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

Lei dovrebbe riportare l'intero passo, da cui si capisce che il Gabrielli, qui come in tanti altri casi (e come fa anche lei mi pare), dice più o meno che quando accanto a un modulo che possa essere fatto risalire al latino o comunque all'uso antico si sia affiancato - o abbia preso il sopravvento, come nel caso di avere a che fare di cui si sta discutendo altrove in questo momento - un altro modulo di ormai larghissima diffusione, è da preferirsi il primo. Questa è la perdita di flessibilità: anziché invitare l'utente a migliorare la propria competenza linguistica per scegliere in base ai possibili molteplici fattori, tra cui il registro, gli si consiglia di non porsi alternative e di ricorrere sempre al modulo più antico.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5085
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Mi permetto d'intervenire per chiarire la mia posizione, benché sia stata espressa già da Marco con pregevole sintesi. Il mio desiderio è quello di padroneggiare la buona lingua e perciò ringrazio chi mi addita l'uso migliore. L'uso comune, corrente, è quello che seguo già, come dice lei, Crivello, «istintivamente»: se sono qui, in questo forum, è per raffinare la mia lingua, non per consolidare forme che già conosco e impiego.

Non sottovaluti, poi, le mie competenze linguistiche. È pur vero che, a riguardo di lei, di Marco e di molti altri utenti, io sono solamente un dilettante; tuttavia credo di essere in grado di distinguere le differenze di registro e i termini e i costrutti che si possono adoperare o no a seconda del contesto. Non ho quindi interpretato il suggerimento di Marco come un imperativo categorico di usare, invariabilmente, il sia… sia a ogni costo e in tutti i contesti, ma come, già l'ho detto, un appunto di stile.

Mi sembra che la risposta della Crusca al riguardo sia abbastanza chiara: «La forma sia... che, comparsa per la prima volta nell'Ottocento, oggi è diffusissima, e non può certo essere considerata un errore; noi comunque, vi suggeriamo di non usarla, sia per amor di tradizione, sia perché, in frasi lunghe e complesse, potrebbe generare confusione con altri tipi di che.» Io per amor di tradizione (che non conosco come lei e come Marco, ecc., ma che, cionnonostante, desidero approfondire) preferirò il sia… sia, ma, all'occorrenza, non disdegnerò per amor di variatio adoperare il sia… che.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mar, 19 ago 2014 21:22, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

È interessante quel che dice [mi rivolgo a Roberto], ma la flessibilità della lingua a me pare risiedere in altre sue parti: in sommo grado nel lessico e nella sintassi, nella scelta – questa sí dettata dal registro – d’un vocabolo, dell’ordine delle parole nella frase, e simili. Nel nostro caso, sinceramente, non credo che alcun dizionario né alcuna grammatica asseriscano che sia… sia… appartenga a un registro diverso da sia… che… Ci sono ben altre scelte da compiere che non quelle tra una costruzione di lunga data e una recente, e bisogna capire il perché della mia insistenza su quei richiami: molta gente non sa, per esempio, di sia… sia…/sia… che o avere (a) che fare; dare quest’informazione, con un consiglio volto alla preferenza d’una forma tradizionale, non mi pare né perdita di flessibilità, né impoverimento, ma fedeltà a ciò che dal passato abbiamo ereditato di meglio. Una volta avvertito, il parlante/scrivente farà come vuole, secondo la propria miglior coscienza.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 9 ospiti