[congiuntivo]che tu abbi visto

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

La semplificazione che porta ad un'unica desinenza per le tre persone del singolare credo sia peculiare della lingua letteraria e non dei dialetti, anche toscani, che tendono a distinguere almeno la seconda persona. Oltre agli esempi toscani e mantovani, posso citare il mio dialetto ligure ponentino, che ha la stessa desinenza per la prima e la terza persona singolare ma non per la seconda:
che mi age (che io abbia)
che tü ti agi (che tu abbia)
che elu u l'age (che egli abbia)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Lo stesso accade in veronese: che mi gàvia, che ti te gavi, che lu el gàvia.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

E non dimentichiamoci dell’italiano antico… ;)
Vittorio Formentin nell’[url=http://www.treccani.it/enciclopedia/grammatica-storica_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/][i]Enciclopedia dell’Italiano [/i](2010)[/url] ha scritto:(c) Congiuntivo presente. Alla seconda persona singolare il fior. ant. opponeva -i della I coniugazione (canti < cantes) a -e delle altre classi (abbie < habeas, diche < dicas). «Alla fine del sec. XIII - principio del sec. XIV […] a Firenze […] si tende all’unificazione in -i di tutte le desinenze» (Castellani 1952: I, 70) e dunque si ha canti, abbi, dichi; infine «l’odierna desinenza -a nei congiuntivi dei verbi in -ére, -́ere, -ire si trova qua e là dall’inizio del XIV secolo [per es. in Dante, Inf. VIII, 57: «Di tal disïo convien che tu goda»], e si generalizza fra Trecento e Quattrocento» (Castellani 1952: I, 72).
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GianDeiBrughi
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Intervento di GianDeiBrughi »

Grazie per gli interessanti commenti. :D
Vorrei anche condividere con gli utenti del foro il collegamento al vocabolario di cui parlavo qualche messaggio fa, poiché esso pare sia celato in un angolo abbastanza oscuro della rete.
http://archive.org/details/memorieedocument14acca
In questo documento infatti sono inclusi due volumi: il primo è un trattato sul teatro lucchese, mentre il secondo è il vocabolario vero e proprio.
Spero con ciò di far cosa gradita. :)
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Fabio48
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Intervento di Fabio48 »

In tutta la Lucchesia, forse con maggior concentrazione nel Capannorese e in Garfagnana, sono rimasti molto in uso questi congiuntivi, e non solo fra le persone più anziane:

"Porti i bbimbi a cerca' 'ffunghi? Fa' ammodo che hó paura che si perdino!"
"Ma abbi pazienza... da quando mi desti la tu' parola lu', invece, 'un n'ha mai vorsuto sape' e òra vole che vadi là io ? Ha voglia d'amba', ma me 'un mi 'onvince...Dinni che venghi lu' qua se n'interessa 'l mi' metato!"


Ci sono abitudini veramente radicate e dure a morire; ad esempio potete venire al bar e sentire un ingegnere quarantacinquenne che gioca a "Tressetti" e che accusa "tre trei e tre dui" o chiamare il pediatra dei miei figli che ti dice che per far abbassare la temperatura "bisogna mettigli un po' di diaccio sulla testa"

Cordiali saluti a tutti.
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

:D
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Fabio48 ha scritto:In tutta la Lucchesia, forse con maggior concentrazione nel Capannorese e in Garfagnana, sono rimasti molto in uso questi congiuntivi, e non solo fra le persone più anziane:

"Porti i bbimbi a cerca' 'ffunghi? Fa' ammodo che hó paura che si perdino!"
"Ma abbi pazienza... da quando mi desti la tu' parola lu', invece, 'un n'ha mai vorsuto sape' e òra vole che vadi là io ? Ha voglia d'amba', ma me 'un mi 'onvince...Dinni che venghi lu' qua se n'interessa 'l mi' metato!"


Ci sono abitudini veramente radicate e dure a morire; ad esempio potete venire al bar e sentire un ingegnere quarantacinquenne che gioca a "Tressetti" e che accusa "tre trei e tre dui" o chiamare il pediatra dei miei figli che ti dice che per far abbassare la temperatura "bisogna mettigli un po' di diaccio sulla testa".
Ma se l'ingegnere e il pediatra sono consci di parlare in dialetto, il problema non esiste. Esiste se, come il 90% dei toscani, sono convinti di parlare italiano, mentre in realtà parlano in dialetto. :D Ho avuto esperienze in tal senso, e non solo per il congiuntivo (sentirsi dire in vendemmia: - Metta cotesta pigna nel bussolo che gli è mezzo scemo -, dovete ammettere che crea un attimo di panico in un non toscano).
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Carnby
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Intervento di Carnby »

u merlu rucà ha scritto:Metta cotesta pigna nel bussolo che gli è mezzo scemo
Che varietà toscana sarebbe? Cotesto/a è aretino, mi pare; pigna... boh? Da me si dice pina. Insomma in fiorentino si direbbe: «O che me la pole métte codesta pina ni' bussolo che l'è mezzo voto?».
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Fabio48
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Intervento di Fabio48 »

Una pina d'uva?
Dalle mie parti, le pine (o pigne) sono quelle del pinus pinaster e quelle ben più pregiate del pinus pinea che danno i pinoli.

Quelle dell'uva sono pigne o grappoli.

Buona giornata e buon fine settimana (uicchènde?)
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Intervento di domna charola »

Strobilo, volgarmente detto pigna, termine quest'ultimo che si applica a molte altre cose, ad esempio: una pigna di fogli su una scrivania.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Fabio48 ha scritto:Quelle dell'uva sono pigne o grappoli.
Ah ecco, avevo frainteso. In effetti pigna da me indica una ciocca d'uva :) parecchio compatta (gli è a pigna), non una qualsiasi ciocca.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Carnby ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Metta cotesta pigna nel bussolo che gli è mezzo scemo
Che varietà toscana sarebbe? Cotesto/a è aretino, mi pare; pigna... boh? Da me si dice pina. Insomma in fiorentino si direbbe: «O che me la pole métte codesta pina ni' bussolo che l'è mezzo voto?».
Son passati più di trent'anni, forse la rendo in maniera non perfetta, ma si tratta del dialetto di Buti. Io avevo capito di cosa si trattasse, grazie alla mia passione per i dialetti, ma la stragrande maggioranza dei non toscani a cui ho sottoposto questa frase, non era in grado di comprenderla.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

u merlu rucà ha scritto:Son passati più di trent'anni, forse la rendo in maniera non perfetta, ma si tratta del dialetto di Buti.
La ringrazio. In effetti la questione dialetto toscano è quantomeno controversa. Noi toscani parliamo correntemente in dialetto, anche se, per via della sua vicinanza all'italiano normativo, non è percepito come tale: chi vive sui monti e parla uno dei dialetti di transizione (per es. Gombitelli) quando parla in toscano non dice «parlo in dialetto», cosa che avviene invece quando parla il locale idioma di origine altoitaliana (emiliana). Ci sarebbe poi da discutere se esista un «dialetto toscano» o più «dialetti toscani» e di quale sistema italoromanzo faccia parte il toscano. Molto brevemente, seguendo uno schema «classico», farei iniziare il sistema dalla Toscana stessa e lo farei finire in Calabria settentrionale e Puglia: insomma taglierei il sistema altoitaliano (che andrebbe a finire nel romanzo occidentale) e quello meridionale estremo dall'italoromanzo in senso comune, pur riconoscendone una certa unità di fondo, per ragioni di lingua tetto e di storia culturale comune.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

u merlu rucà ha scritto:Esiste se, come il 90% dei toscani, sono convinti di parlare italiano, mentre in realtà parlano in dialetto.
Un tempo esisteva (ma credo sopravviva ancora) il luogo comune che noi toscani ci capiscono dappertutto, perché si parla italiano. Il dubbio che non fosse vero mi venne da ragazzetto conversando con un'amico di Ravenna, che ogni tanto mi pregava di tradurre quello che dicevo.
Fabio48 ha scritto:Cotesto/a è aretino, mi pare
Non saprei, ma la mia mamma, che è originaria di Chiusure (Siena), l'ha sempre usato — tra l'ilarità mia e di mia sorella [rispetto a codesto/a suona, diciamo, piú ruspante :D].
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[FT] «Dialetti toscani»

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:In effetti la questione dialetto toscano è quantomeno controversa. Noi toscani parliamo correntemente in dialetto, anche se, per via della sua vicinanza all'italiano normativo, non è percepito come tale…
Sull’annosa questione dei «dialetti toscani» mi permetto di rimandare al primo paragrafo dell’omonimo recente articolo di Silvia Calamai nell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani (2011).
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