«Tivvú, tiggí, ciddí...»

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Marco1971
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«Tivvú, tiggí, ciddí...»

Intervento di Marco1971 »

L’articolo apparso oggi nella rubrica di Beppe Severgnini Italians e gentilmente riportato da Fabio48 nella sezione Forestierismi di questo forum ha suscitato molto interesse: abbiamo ricevuto diversi messaggi privati, per la maggior parte entusiastici. Qualcuno tuttavia si prende gioco di noi contestandoci la grafia tivvú (che secondo quella persona dovrebbe essere tivú) e equiparandola all’errato *accellerare. Ho già risposto all’interessato, ma vorrei approfondire la questione.

Perché dunque è preferibile scrivere tivvú, tiggí e ciddí? Perché la lettera T (come A, B, C, D, E, G, I, O, P, Q, U e V) determina il cosiddetto raddoppiamento sintattico, o cogeminazione che dir si voglia. Come scriviamo davvero, abbiccí, soprammobile, frattanto, sicché, ecc. (e non *davero, *abicí, *sopramobile, *fratanto, *siché), cosí, per lo stesso fenomeno della cogeminazione, che è sempre stato reso graficamente nelle parole univerbate, dobbiamo scrivere anche tivvú, tiggí, ecc., grafie accolte, per esempio, nel Sabatini-Coletti e nel Devoto-Oli. È una questione di coerenza e di fedeltà al nostro sistema ortografico.
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