«Parlamentarie» e «quirinarie»

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

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Ferdinand Bardamu
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«Parlamentarie» e «quirinarie»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Da qualche parte in Rete qualcuno ha criticato le parole parlamentarie e quirinarie perché non ben formate. Vediamo se la critica è fondata.

Entrambe rimandano alla competizione elettorale per la scelta di un candidato di partito (il M5S, nel caso specifico) rispettivamente per il parlamento e per la carica di Presidente della Repubblica (che sta al Quirinale).

Il suffisso -àrie è tratto da primarie (calco dell’inglese americano primaries) e si è reso autonomo caricandosi dell’intero significato della parola, in maniera non prevedibile.

A un esame superficiale, infatti, si tratta della forma femminile plurale di un suffisso aggettivale già presente in italiano, -àrio. Primarie però è un sostantivo e, inoltre, è un plurale tantum: non si dice *la primaria del Partito Democratico. Tale peculiarità ha favorito l’estrazione del suffisso, che ha assunto su di sé l’intero significato della parola di cui fa parte.

Venendo alle radici nominali cui si è aggiunto, notiamo che, mentre parlament- non pone alcun problema, quirin- è, a prima vista, sbagliato: a rigor di logica, dovrebb’essere quirinal-. Sennonché qui, secondo me, ha agito il fenomeno dell’aplologia: da *quirinalarie si è passati a quirinarie, con la caduta di una sillaba per evitare l’incontro di una sequenza di suoni simili.

Alla luce di ciò, non ritengo che questi neologismi abbiano alcunché di morfologicamente esecrabile. Concordate?
marmaluott
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Intervento di marmaluott »

Sono esecrabili per la loro inutilità e per il loro carattere puramente d’effetto, propagandistico e dozzinale. Lo stesso che porta a comporre con -poli i nomi giornalistici degli scandali, sulla scia del grottesco *Tangentopoli. È questa rozza logica che ha ispirato la loro formazione, ed è solo un caso se risultano giustificabili a posteriori e a fatica: se si procede cosí, mille altre volte non lo saranno.

Perché dire che ha prodotto un’aplologia chi ha soltanto violentato una radice? Perché assolvere/lusingare l’asineria?

Del resto non è affatto chiaro se le *quirinarie siano le (pre)elezioni all’onore degli altari pagani, alla carica di re di Roma o a chissà che cosa. Al Quirinale certamente no. Nulla impediva di chiamarle primarie quirinalizie (o nell’altro caso parlamentari): questa lingua non ha ancora penuria d’aggettivi e sostantivi. Tutto questo senza contare che non erano nemmeno elezioni bensí sondaggi, e senza entrare nel merito della loro stessa concepibilità giuridica e di riflesso linguistica (sarebbe davvero troppo onore per dei semianalfabeti).

Chi ha creato *quirinarie domani potrebbe creare *condominarie. Lo giustificheremo con una dotta forzatura chiudendo un occhio sulla confusione tra condomino e condominio? È un esercizio simpatico, ma il risultato è sempre e soltanto uno: l’italiano diventa facoltativo.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

marmaluott ha scritto:Sono esecrabili per la loro inutilità e per il loro carattere puramente d’effetto, propagandistico e dozzinale. Lo stesso che porta a comporre con -poli i nomi giornalistici degli scandali, sulla scia del grottesco *Tangentopoli. È questa rozza logica che ha ispirato la loro formazione, ed è solo un caso se risultano giustificabili a posteriori e a fatica: se si procede cosí, mille altre volte non lo saranno. Perché dire che ha prodotto un’aplologia chi ha soltanto violentato una radice? Perché assolvere/lusingare l’asineria?
Mi perdoni, ma il suo ragionamento consiste di argomentazioni perlopiú estralinguistiche. Vorrei farle notare che l’aplologia non è una figura retorica, perciò il mio riconoscerne la presenza in quirinarie non nobilita affatto questa neoformazione.

Mi sembra poi eccessivo asteriscare Tangentopoli. Il suffisso -poli nel significato specifico di ‹scandalo politico› ha subíto forse un’estensione indebita, ma è pur sempre limitato al solo uso giornalistico, e perciò — se questa è la sua preoccupazione — il significato proprio di ‹città, paese› non è in pericolo.

La disinvoltura nel creare o risemantizzare suffissi è d’altro canto tipica della lingua dei giornali: in inglese, ad esempio, -gate serve a formare parole con un significato non lontanissimo da quello di -poli.
marmaluott ha scritto:Del resto non è affatto chiaro se le *quirinarie siano le (pre)elezioni all’onore degli altari pagani, alla carica di re di Roma o a chissà che cosa. Al Quirinale certamente no. Nulla impediva di chiamarle primarie quirinalizie (o nell’altro caso parlamentari): questa lingua non ha ancora penuria d’aggettivi e sostantivi. Tutto questo senza contare che non erano nemmeno elezioni bensí sondaggi, e senza entrare nel merito della loro stessa concepibilità giuridica e di riflesso linguistica (sarebbe davvero troppo onore per dei semianalfabeti).
Ammetto pure che quirinarie possa non essere una parola ben formata (del resto il mio era solo un tentativo d’interpretazione garantito al dibattito di questo fòro). Non mi piace però che il filone, da discussione linguistica, si trasformi in un pretesto per dare addosso a un partito politico.

Ciò detto, vorrei capire se ha delle argomentazioni che entrino nel merito, evitando giudizi di valore estranei alla mia analisi. :)
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Ferdinand Bardamu ha scritto:in inglese, ad esempio, -gate serve a formare parole con un significato non lontanissimo da quello di -poli
E dubito seriamente che gli anglòfoni si struggano per gli effetti che un tale uso potrebbe scatenare sulla loro lingua. :roll:
marmaluott
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Intervento di marmaluott »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
marmaluott ha scritto:Sono esecrabili per la loro inutilità e per il loro carattere puramente d’effetto, propagandistico e dozzinale. Lo stesso che porta a comporre con -poli i nomi giornalistici degli scandali, sulla scia del grottesco *Tangentopoli. È questa rozza logica che ha ispirato la loro formazione, ed è solo un caso se risultano giustificabili a posteriori e a fatica: se si procede cosí, mille altre volte non lo saranno. Perché dire che ha prodotto un’aplologia chi ha soltanto violentato una radice? Perché assolvere/lusingare l’asineria?
Mi perdoni, ma il suo ragionamento consiste di argomentazioni perlopiú estralinguistiche. Vorrei farle notare che l’aplologia non è una figura retorica, perciò il mio riconoscerne la presenza in quirinarie non nobilita affatto questa neoformazione.

Mi sembra poi eccessivo asteriscare Tangentopoli. Il suffisso -poli nel significato specifico di ‹scandalo politico› ha subíto forse un’estensione indebita, ma è pur sempre limitato al solo uso giornalistico, e perciò — se questa è la sua preoccupazione — il significato proprio di ‹città, paese› non è in pericolo.

La disinvoltura nel creare o risemantizzare suffissi è d’altro canto tipica della lingua dei giornali: in inglese, ad esempio, -gate serve a formare parole con un significato non lontanissimo da quello di -poli.
marmaluott ha scritto:Del resto non è affatto chiaro se le *quirinarie siano le (pre)elezioni all’onore degli altari pagani, alla carica di re di Roma o a chissà che cosa. Al Quirinale certamente no. Nulla impediva di chiamarle primarie quirinalizie (o nell’altro caso parlamentari): questa lingua non ha ancora penuria d’aggettivi e sostantivi. Tutto questo senza contare che non erano nemmeno elezioni bensí sondaggi, e senza entrare nel merito della loro stessa concepibilità giuridica e di riflesso linguistica (sarebbe davvero troppo onore per dei semianalfabeti).
Ammetto pure che quirinarie possa non essere una parola ben formata (del resto il mio era solo un tentativo d’interpretazione garantito al dibattito di questo fòro). Non mi piace però che il filone, da discussione linguistica, si trasformi in un pretesto per dare addosso a un partito politico.

Ciò detto, vorrei capire se ha delle argomentazioni che entrino nel merito, evitando giudizi di valore estranei alla mia analisi. :)
A parte il fatto che non è vero che ho svolto considerazioni prevalentemente stralinguistiche (è cosí, forse, se si limita a leggere il primo capoverso, oppure se lo separa dagli altri, visto che a quanto pare li legge e li commenta...), lei mi deve spiegare:

1) Che cosa le fa pensare che non sappia che cos’è un’aplologia o comunque che non abbia letto il suo rimando alla voce della Treccani. Non ho mai inteso trattarla da figura retorica ‒ tant’è vero che ho usato il verbo «produrre» e non, ad esempio, «creare» ‒ e ribadisco quanto ho scritto: non è stato prodotto un fenomeno linguistico, è stata violentata la lingua, è diverso. Lo trovo un atteggiamento molto supponente e anche alquanto offensivo, il suo.

2) Dove ha letto un attacco a un partito politico. Questo invece sa molto di coda di paglia. Io non ho la minima idea di chi abbia inventato quei due pretesi neologismi e di quali siano le sue idee politiche. Lei lo sa? o lo suppone soltanto? o magari è stato lei in persona?

A margine, pensi quel che vuole del mio asterisco su *Tangentopoli.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Marmaluott, si dia una calmata. Il mio precedente intervento non l’attaccava personalmente, perciò respingo al mittente i Suoi insulti.

Le faccio presente che non Le devo spiegare nulla. Se non vuole esprimersi nel merito della mia analisi, almeno eviti di trascendere. Grazie.
marmaluott
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Intervento di marmaluott »

Sa, questa in psicologia si chiama proiezione.
Lei si permette di farmi notare che l’aplologia non è una figura retorica, come se non sapessi neanche leggere, e sono io che insulto. :)

Non ce l’ho con lei, sono calmissimo. Se vuole le dico anche, con la massima umiltà, dove ho appreso il significato della parola: dal dizionario Treccani, visitando la voce a partire da un collegamento inserito in questo stesso forum e trovato, in un altro filone, poco prima di visitare questo aperto da lei. Non lo sapevo. Ma prima. :)
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Carissimo, prendo atto delle Sue parole. Premesso che non ho alcunché di cui scusarmi perché la supponenza della mia affermazione sta tutta nella Sua personale interpretazione, vorrei tuttavia riportare la discussione sulla lingua, non sulla mia o sulla Sua persona o sui meccanismi psicologici che guidano le mie o le Sue risposte. :)

Giacché abbiamo assodato che conosce bene il significato della parola aplologia, vorrei che mi spiegasse perché secondo Lei non è lecito parlare di questo fenomeno per quirinarie. Potrebbe portare qualche controesempio?
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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«Parlamentarie» e «quirinarie»: secrezione linguistica

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Il suffisso -àrie è tratto da primarie (calco dell’inglese americano primaries) e si è reso autonomo caricandosi dell’intero significato della parola, in maniera non prevedibile.
Mi autocito per precisare che la formazione di suffissi come -arie (quirinarie, parlamentarie, ecc.) e -poli (Tangentopoli, Calciopoli, Vallettopoli, ecc.) è dovuta al fenomeno della secrezione: «A differenza degli accorciamenti, gli elementi formati per secrezione esprimono un significato secondario (spesso metaforico) che la parola da cui derivano ha acquisito in particolari contesti» (Enciclopedia dell’Italiano, «Elementi formativi»). Questo procedimento di coniazione di elementi formativi è «del tutto marginale in italiano» e «limitato quasi esclusivamente alla lingua dei media» (ibidem).
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Carnby
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Re: «-gate» e «-poli» (era «Parlamentarie» e «quirinarie»)

Intervento di Carnby »

Riapro il filone per segnalare, che nel recente scandalo, che ha investito Quataria e Unione europea, si parla non solo (all’inglese) di Qatargate ma anche di Emiropoli. :)
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