Irruente o irruento?
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Irruente o irruento?
Mi capita di leggere spesso, sulla stampa, frasi del tipo "Caio apostrofò Tizio con tono irruento"; "una folla irruenta si precipitò fuori dello stadio per aggredire l'arbitro". Entrambe le frasi contengono un errore madornale in quanto in lingua italiana non esiste l'aggettivo "irruento" (con il relativo femminile "irruenta"). L'aggettivo corretto è "irruente" e appartenendo alla seconda classe (come "facile") ha un'unica desinenza tanto per il maschile quanto per il femminile: irruente (maschile e femminile singolare) e irruenti (maschile e femminile plurale). Si dirà, quindi, e in forma corretta: tono irruente e folla irruente. Perché? Perché è un aggettivo che discende dal participio presente latino "irruens, irruentis", dal verbo "irruere" (correre contro, irrompere). È lo stesso caso, insomma, di “volente”, participio presente del verbo “volere”, che nessuno, credo, muterebbe in “volento”. O sono io in errore?
PS: queste forme "errate" noto, ahimè, sono registrate da molti vocabolari come varianti.
PS: queste forme "errate" noto, ahimè, sono registrate da molti vocabolari come varianti.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Consiglierei anch’io di attenersi alla forma regolare irruente e di evitare irruento, forma che non sembra essere stata nell’uso prima del Novecento (ne ho trovato un esempio in Pirandello, in Pavese e in altri autori novecenteschi) e che il Devoto-Oli, come altri dizionari, considera «variante meno corretta».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Scrive Luciano Satta in Come si dice, riguardo a Irruente:Marco1971 ha scritto:Consiglierei anch’io di attenersi alla forma regolare irruente e di evitare irruento, forma che non sembra essere stata nell’uso prima del Novecento (ne ho trovato un esempio in Pirandello, in Pavese e in altri autori novecenteschi) e che il Devoto-Oli, come altri dizionari, considera «variante meno corretta».
Quindi un prescrittivista dirà che irruento è senz'altro da criticare e magari da correggere, mentre un descrittivista dirà che se tanti lo usano, è ammissibile.Si ricordi che questa è la grafia corretta, anche se spesso si legge (Dessì, Montanelli) irruento per analogia con violento.
Ma in questo caso direi che bisogna avversare il diffondersi di irruento, che nulla reca alla lingua se non confusione e inutile sovrabbondanza formale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Certamente. Ma sarebbe sufficiente che a un lettore che chieda un commento in merito alla Crusca per voi si risponda che sarebbe pedantesco opporsi alla diffusione di irruento per analogia con violento, ed ecco che tanti si sentirebbero autorizzati a non fare caso alla distinzione.Marco1971 ha scritto:Ma in questo caso direi che bisogna avversare il diffondersi di irruento, che nulla reca alla lingua se non confusione e inutile sovrabbondanza formale.
Non penso però che gli Accademici, in questo specifico caso, consiglierebbero questa forma, che si fonda s’un’analogia anche discutibile (io parlerei piuttosto d’incuria, francamente). Ma ovviamente bisogna accertare la sua diffusione nell’uso cólto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Penso che lei abbia ragione. Ad esempio, nella Garzantina Italiano, Luca Serianni scrive a proposito di reboante / roboante:Marco1971 ha scritto:Non penso però che gli Accademici, in questo specifico caso, consiglierebbero questa forma, che si fonda s’un’analogia anche discutibile (io parlerei piuttosto d’incuria, francamente). Ma ovviamente bisogna accertare la sua diffusione nell’uso cólto.
La "battaglia" è quindi affidata ai giornalisti e a chiunque altro abbia influenza in questo senso; lo stesso penso accadrà per irruente / irruento. E penso di conoscere già il vincitore, anche se ci vorrà un po' di tempo.la forma corretta è la prima, antico participio del latino REBOARE 'rimbombare'. Il diffuso roboante si spiega con l'assimilazione della prima alla seconda vocale, un fenomeno molto comune nell'evoluzione linguistica delle parole popolari. Solo che, trattandosi di parola dotta e per giunta di uso ricercato, chi l'adopera dovrebbe dar prova di maggiore sensibilità etimologica e attenersi alla variante reboante. L'uso giornalistico mostra che si tratta di una battaglia difficile, ma non ancora persa: nel "Corriere della Sera" del 1995 la forma corretta, singolare e plurale, ricorre 3 volte contro 36 esempi di quella spuria.
Pensavo anch’io proprio a reboante/roboante!
Comunque sembra resistere bene irruente, stando a Google (e sperando che la maggior parte delle ricorrenze non siano il plurale femminile di irruenta ):
irruente: 279.000
irruento: 39.100
irruenta: 16.000
E per reboante/reboanti abbiamo un totale di 1942 ricorrenze, contro le 164.500 di roboante/roboanti!
Comunque sembra resistere bene irruente, stando a Google (e sperando che la maggior parte delle ricorrenze non siano il plurale femminile di irruenta ):
irruente: 279.000
irruento: 39.100
irruenta: 16.000
E per reboante/reboanti abbiamo un totale di 1942 ricorrenze, contro le 164.500 di roboante/roboanti!
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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A proposito, c'è anche un caso inverso: violente invece di violento.Marco1971 ha scritto:Ma in questo caso direi che bisogna avversare il diffondersi di irruento, che nulla reca alla lingua se non confusione e inutile sovrabbondanza formale.
Spesso leggo frasi tipo "si sono scatenate violenti battaglie".
È il caso di ricordare, allora, che violente non esiste. La forma corretta è violento con il femminile violenta e i rispettivi plurali: violenti e violente. Violento, insomma, è un aggettivo della I classe come buono.
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La forma violente tuttavia esiste (il Battaglia la dà come variante antica e il GRADIT la considera obsoleta), ma non è forma oggi stàndara e come tale andrebbe evitata, anche perché non rispondente al normale esito nel passaggio dal latino all’italiano (lat. violentus e non *violentes).
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Non sarebbe il caso che i vocabolari (certi) registrassero solo le forme stàndare per non "confondere" le persone sprovvedute in fatto di lingua?Marco1971 ha scritto:La forma violente tuttavia esiste (il Battaglia la dà come variante antica e il GRADIT la considera obsoleta), ma non è forma oggi stàndara e come tale andrebbe evitata, anche perché non rispondente al normale esito nel passaggio dal latino all’italiano (lat. violentus e non *violentes).
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Forse bisognerebbe che a scuola s’insegnasse a consultare i dizionari, con molte esercitazioni, perché gli alunni finissero coll’essere a loro agio nella consultazione e interpretazione di quegli strumenti.
Violente, ad esempio, si trova preceduto da ‘ant.’ o ‘arc.’, ma non tutti hanno la pazienza di andare a vedere cosa significano queste abbreviazioni a noi trasparenti.
Violente, ad esempio, si trova preceduto da ‘ant.’ o ‘arc.’, ma non tutti hanno la pazienza di andare a vedere cosa significano queste abbreviazioni a noi trasparenti.
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Debbo correggere la mia avventata affermazione: in latino esiste anche la forma violens, violentis, e dunque si spiega la forma antica violente, che presumibilmente serví di base all’avverbio se si pensa all’ablativo violente mente, ‘con mente/animo violento’ (mi correggano i latinisti se vagello).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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