Una mancata cogeminazione

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Marco1971
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Una mancata cogeminazione

Intervento di Marco1971 »

Sappiamo che in antico – e fino all’Ottocento, se la memoria non m’inganna – l’imperativo di alcuni verbi, tra i quali fare, determinava la cogeminazione – meglio nota colla men felice dicitura ‘raddoppiamento sintattico’ – a tutt’oggi presente in forme come fallo, dicci, ecc. Il mio quesito è dunque questo: come mai abbiamo falegname [av. 1565] (e non fallegname), fatutto [1623] (il Battaglia dà la variante fattutto, ignota al GRADIT) ma fabbisogno (che pure è posteriore: 1812!)? Secondo il DELI son tutte voci formate coll’imperativo di fare... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Re: Una mancata cogeminazione

Intervento di Infarinato »

Provo ad abbozzare una risposta, ma tieni conto che non sono un esperto della materia e (quindi) non dispongo nemmeno d’informazioni particolarmente aggiornate.

Innanzitutto, ricordiamo che «[s]ulla natura di questo elemento verbale [dei composti verbo-sostantivo, cioè] non c’è accordo tra gli studiosi, che pensano a un imperativo, a un indicativo o, come forse è preferibile, al puro tema verbale» (Serianni, Grammatica italiana XV.123).

L’imperativo è senz’altro l’ipotesi piú soddisfacente dal punto di vista morfologico: si pensi a basi quali lava- (< lavare, 1ª coniug., imp. lava), reggi- (< reggere, 2ª, imp. reggi), copri- (coprire, 3ª, imp. copri).

Dal punto di vista sintattico-semantico, l’indicativo è forse, invece, la scelta piú logica (almeno alla 3ª persona): si pensi a falegname, «[colui che] fa legname», o a lavapiatti, «[colui/colei/ciò che] lava i piatti», etc. Tuttavia, essa risulta piuttosto schizofrenica (e quindi difficile da giustificare) sul piano morfologico, facendo pensare a una 3ª persona per la prima coniugazione (lava) e a una 2ª per le altre due (reggi, copri). :roll:

Il puro tema verbale, poi, se è forse la scelta che piú appaga i grammatici [di oggi] per il suo carattere di assoluta generalità, pone dei problemi per la 2ª coniugazione, la cui vocale tematica è e, non i (e.g., regge-, non reggi-). Inoltre, se è vero che, quando un modulo diventa produttivo, non ci s’interroga piú sulla sua origine e si applica in modo automatico, c’è da chiedersi come, almeno inizialmente, i parlanti (non i grammatici, cioè) siano arrivati [morfologicamente] all’idea del «puro tema verbale». :?

Detto questo, però, non mi stupirei piú di tanto per le «eccezioni» da te riportate.

Prendiamo il caso di falegname: il TLIO ce ne dà un’[unica] attestazione, romana, risalente al XIV secolo. Ora, ricordiamoci che il romano, prima di essere fiorentinizzato dai papi medici, era un dialetto [alto]meridionale e, comunque, piú affine agli altri dialetti centrali non toscani che al fiorentino.

Se, quindi, supponiamo che la cogeminazione del romano trecentesco fosse piú vicina al tipo laziale (non romano) odierno (o, comunque, centrale non toscano, o anche [alto]meridionale) che non a quello del romano dei nostri giorni, si dovrà ammettere che la 2ª persona degl’imperativi [monosillabici] potesse essere cogeminante (come oggi, anche in toscano non fiorentino, e, fino all’Ottocento, nello stesso fiorentino), ma la 3ª persona dei rispettivi indicativi, per esempio, no.

Inoltre, se è vero che nell’italiano antico la grafia teneva piú conto che oggi del raddoppiamento sintattico, è anche vero che essa era molto piú «anarchica», e da essa non ci può aspettare la stessa coerenza e uniformità attuali.

Concludendo, ogniqualvolta un composto sia di provenienza non toscana (e/o sia stato trasmesso per via essenzialmente scritta e, qualunque ne sia la ragione, l’eventuale raddoppiamento non sia stato segnato), se la composizione non è piú che perspicua, esso verrà probabilmente adottato nella forma in cui è stato tramandato, no questions asked.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie per la tua puntualissima risposta. :)

Vedo ora che nella terza e quarta edizione del Vocabolario della Crusca (la voce, nella quinta, non sembra consultabile), accanto a falegname viene indicato «Lat. Faber lignarius»: non potrebbe allora falegname essere in qualche modo un calco (accorciato: fabbro [del] legname > falegname) dell’espressione latina (il che ci offrirebbe un’ulteriore spiegazione della mancata cogeminazione)? Immagino di no, altrimenti il DELI lo menzionerebbe. :?

P.S. Il GRADIT dovrà quindi retrodatare falegname.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

No. Vaneggio, vagello, vano: ho trovato un’occorrenza di fallegname presso Vasari (nella mia edizione cartacea – stranamente l’edizione presente nella LIZ non contiene questo passo – e in quest’altra):
Mentre visse Bramante fu adoperato da lui nell’opre sue Ventura, fallegname pistolese, il quale aveva bonissimo ingegno e disegnava assai aconciamente. (Vite, III, 5)
E sicuramente non sarà un hapax (ma mi mancano i mezzi per controllare).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Decimo »

Riesumo il filone per aggiungere cautamente un’altra proposta —ancorché limitata al tipo falegname— a quelle già enumerate da Infarinato: la legge Donati-Porena-Castellani, già invocata da quest’ultimo per un caso diverso dalle preposizioni articolate (come riportato qui). L’assenza di geminazione si spiegherebbe dalla peculiarità fonosintattica di /l/, che inattiverebbe il raddoppiamento quando in sillaba atona.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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Intervento di u merlu rucà »

Marco1971 ha scritto:No. Vaneggio, vagello, vano: ho trovato un’occorrenza di fallegname presso Vasari (nella mia edizione cartacea – stranamente l’edizione presente nella LIZ non contiene questo passo – e in quest’altra):
Mentre visse Bramante fu adoperato da lui nell’opre sue Ventura, fallegname pistolese, il quale aveva bonissimo ingegno e disegnava assai aconciamente. (Vite, III, 5)
E sicuramente non sarà un hapax (ma mi mancano i mezzi per controllare).
Sempre dal Vasari, Vita di Michelangelo:
E mandai questa lettera a messere Agostino Scalco, che la dessi al papa; et in casa chiamai uno Cosimo fallegname, che stava meco et facievami masseritie ...
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