«Acclimare/acclimatare»

Spazio di discussione su questioni di carattere morfologico

Moderatore: Cruscanti

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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sennonché una lingua naturale non è una costruzione coerente, perciò è del tutto inutile affannarsi a ricercare la perfetta simmetría. Già questo dovrebbe bastare a rispondere alle Sue preoccupazioni.

Aggiungo solo, per soprammercato, che non è obbligatorio che, nel creare un derivato, si rispetti scrupolosamente l’etimo della radice, in ispecie se è latina. Anzi, tutt’altro. L’italiano non è (piú) il latino, benché con esso mantenga strettissimi rapporti di parentela. E ciò che La scandalizza, la sboccata iscrizione di San Clemente, è una forma molto arcaica di romanesco, come ben sa. Si rammarica forse che il patrizio Sisinnio non abbia detto, in questo fumetto ante litteram, «Scortōrum filii, trăhĭte?». Purtroppo l’impero romano s’è dissolto, e non ci possiamo fare niente. :)

In che senso, poi, «la desinenza [di accorpare] è stata attaccata … brutalmente … alla forma italiana della parola»? Accorpare è una parola ben formata, secondo le regole di formazione delle parole in italiano, perché deriva da corpo, la cui radice è corp- non corpor-. Corpor- si ritrova solo nei cultismi: corporale, corporeo, ecc.

Paradossalmente, la sua critica dovrebbe rivolgersi anche a Dante, il quale, nella sua invettiva contro Firenze nel XXVI canto dell’Inferno, scrive:

Così foss’ei, da che pur esser dee!
ché piú mi graverà, com’ più m’attempo.


Attemparsi è un derivato parasintetico di tempo e non di *tèmpore! Anche Dante si è dimenticato del latino? Per evitare quest’inconvenienti, sarebbe opportuno tener sempre presente la distinzione tra parole di tradizione ininterrotta e cultismi. Per es., incorporare, scorporare, temporale, laterale, litorale introducono tutti radici assenti nello strato ereditario, ovvero corpor- (per corp-, corpo), tempor- (per temp-, tempo), later- (per lat-, lato), litor- (per lid-, lido, anticamente lito).

Lei mi può ribattere che in antico si diceva làtora e còrpora per lati e corpi. Ma si tratta, per l’appunto, di forme antiche, relitti di un plurale in -ora non piú produttivo da parecchi secoli. Insomma, per rispondere alla sua domanda: no, non credo ci siano ragioni [oggettive] per detestare accorpare e derivati.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Manutio ha scritto:Fino a ieri, ogni Italiano di cultura medio-alta, non necessariamente altissima, sapeva che per coniare parole dotte o semidotte di questo genere, al latino bisognava ricorrere, e sapeva che le desinenze italiane vanno applicate al tema dell’autentica parola latina, non al suo esito italiano.
Be', non sempre è andata così: si dice corposo, e non *corporoso e, cambiando radice, abbiamo accorato, che non ha sentito il bisogno di tornare al latino come il suo parente cordiale. Personalmente non sono infastidito da questa doppia possibilità.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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Manutio
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Intervento di Manutio »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
Si rammarica forse che il patrizio Sisinnio non abbia detto, in questo fumetto ante litteram, «Scortōrum filii, trăhĭte?». Purtroppo l’impero romano s’è dissolto, e non ci possiamo fare niente.
Pregherei di non attribuirmi piú sciocchezze di quelle che già dico per conto mio. Naturalmente non mi ‘rammarico’ di niente. Volevo solo notare che se l’italiano è diventato la lingua di cultura che conosciamo, adatta alla vita intellettuale moderna e alla redazione di libri decenti, lo deve al continuo attingere al repertorio del lessico latino (che a sua volta aveva attinto a quello greco), secondo certe regole, che nel caso di accorpare mi sembrano dimenticate. Sono regole rispettate fino a ieri nel coniare e mettere in circolazione parole di quel registro, che in mancanza di meglio chiamo semidotto, e che altri potrà definire piú precisamente e appropriatamente. In questo stesso sito si è accettato piú volte, come criterio opportuno nella coniazione di neologismi, quello di mantenere certe simmetrie, almeno quando ciò non costa nulla. Ora, perché bisogna dire che due cattedre universitarie sono state accorpate, quando le istruzioni mi informano che una certa applicazione è incorporata nel calcolatore con cui sto scrivendo? Non è un inutile rompere la simmetria, e per creare un neologismo superfluo, su questo non cambio idea?
So bene, anche senza risalire a Dante, che si è attempati, non attemporati, ma questa è per l’appunto una parola di altra sfera e altro registro. E naturalmente non mi sogno neppure di ribattere che in antico si diceva làtora e còrpora per lati e corpi, il discorso vorrebbe essere un altro; se non sono riuscito a spiegarmi bene, peggio per me. Ma vorrei concludere con un saluto grato ai confratelli che mi costringono a ripensare e approfondire cose buttate giú con orgogliosa sicurezza.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Manutio ha scritto:Ferdinand Bardamu ha scritto:
Si rammarica forse che il patrizio Sisinnio non abbia detto, in questo fumetto ante litteram, «Scortōrum filii, trăhĭte?». Purtroppo l’impero romano s’è dissolto, e non ci possiamo fare niente.
Pregherei di non attribuirmi piú sciocchezze di quelle che già dico per conto mio.
Via, non se la prenda: era una battuta. Tant’è che mi sono premurato di metterci una faccina. :)

Venendo al nòcciolo della Sua argomentazione, la questione non è l’ininterrotto scambio tra latino e italiano (che nessuno potrebbe mettere in dubbio), ma la correttezza morfologica di accorpare. L’esempio dantesco, astratto dal suo contesto e considerato sotto il solo aspetto grammaticale, calza a pennello. Non solo accorpare è una parola ben formata, ma non si capisce (io non capisco) come il ricorso alla radice corpor- possa migliorarla — o «correggerla».

Quanto al criterio della «simmetría», be’, se è certamente auspicabile, dobbiamo ammettere con rammarico che la lingua non lo rispetta punto. Si dice temporizzare, attempato, tempo e temporale; accorpato, corpo, ma corporale; acclimato o acclimatato, clima e climatico; allogare, luogo e locale. In genere, sono gli aggettivi di relazione che ricuperano il tema del genitivo latino (o greco) o, in ogni caso, la forma piú vicina all’etimo.

Il verbo incorporare è invece un cultismo. Non le so dire se ci provenga dal linguaggio ecclesiastico o da qualche altra fonte, fatto sta che è stato preso e introdotto nel volgare nella sua veste latina.

La motivazione che ha portato un oscuro burocrate a coniare accorpare invece dell’«ortodosso» *accorporare rimarrà per sempre ignota. Ma la inviterei a prendere in esame questi fatti: 1) accorpare è un verbo parasintetico e i verbi parasintetici si formano a partire da sostantivi o aggettivi qualificativi (non relazionali); 2) esiste un verbo analogo per formazione, ancorché ormai arcaico, come attemparsi, usato anche da chi certamente non poteva esser tacciato d’ignoranza del latino.

Appetto a questo, siamo costretti ad ammettere che quel burocrate rispettò le regole nel creare accorpare; *accorporare sarebbe sembrato un latinismo un po’ pedantesco. Per di piú, una simile finezza sarebbe stata sprecata per l’uso grigio e inespressivo che se ne fa nelle carte bollate, non crede?

Una neoformazione scientifica che, sotto l’aspetto morfologico, è uno sconcio è traslare. Quel trasl- ricavato da traslato non ha ragion d’essere. Ma accorpare mi suona benissimo. Piuttosto, capirei l’insofferenza verso il burocratese. Ecco, se la mettiamo cosí, né accorpare né *accorporare van bene, proprio per la loro pàtina cancelleresca. Molto meglio unificare, unire, fondere.
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Manutio
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Intervento di Manutio »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
né accorpare né *accorporare van bene, proprio per la loro pàtina cancelleresca. Molto meglio unificare, unire, fondere.
Precisamente. Ho detto e ridetto per primo che si tratta di un neologismo inutile. Quanto alla parola stessa, continuerò a dire e ridire come quel personaggio di Natale in casa Cupiello, a chi voleva per forza convincerlo che il presepio era bello: «Nun me piace!»
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ecco, quello è il punto: si tratta del suo (raffinato) gusto personale. :) Forse l’impiego burocratico gioca a sfavore del povero accorpare, che, poveretto, in sé non avrebbe nulla di brutto. Con un’altra compagnía che timbri e marche da bollo potrebbe fare pure bella figura, chissà.
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