Sulla difesa della lingua

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Moderatore: Cruscanti

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Fausto Raso
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Sulla difesa della lingua

Intervento di Fausto Raso »

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«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Da un punto di vista lessicografico, è ormai stabilmente acquisito che si debba assumere, nei confronti delle neoformazioni lessicali, l’atteggiamento più imparziale e neutrale possibile, limitandosi, per l’appunto, a registrarle, senza mostrare alcuna preferenza di tipo genetico o glottotecnico.
Ottima filosofia! Gioca coi santi e lascia stare i fanti... È dunque vero che non si tiene alcun conto di quanto dichiarava Jespersen.
Oggi le necessità scientifiche di documentazione favoriscono un’ampia, neutrale, registrazione di tutte le neoformazioni lessicali, straniere o meno, magari in repertori appositamente concepiti per questo scopo...
Necessità scientifiche... Necessità scientifica sarebbe, piuttosto, l’indicare chiaramente all’utente disorientato come fare delle scelte linguistiche distinguendo il grano dal loglio, a meno che la lingua, da patrimonio culturale, sia repentinamente scaduta a protozoo da studiare nei suoi disorganici movimenti.
...metteur en scéne
Metteur en scène, s’il vous plaît.
In conclusione, se, da una parte, è certo che la penetrazione, nell’italiano di oggi, di un numero crescente di forestierismi, non metta [a] repentaglio la coerenza e la consistenza del sistema linguistico, ma ne evidenzi, piuttosto, il dinamismo...
Per favore, smettiamola con questi dinamismi che non significano nulla. Dinamica sarebbe la lingua che piú si riempie le tasche di parole forestiere? Il mondo alla rovescia...
...dall’altra, è largamente condivisibile l’opinione di chi, come Michele Cortelazzo, vede nella passiva accettazione delle parole straniere, da parte dei parlanti italiani, un eloquente segno di passività e disaffezionamento nei confronti della lingua, che ci distingue negativamente da tanti altri europei.
Ecco quel che è certo.
è [È, please, a meno che non sia piú in vigore la regola della maiuscola dopo il punto fermo] dunque lecito domandarsi se esistano le condizioni per adottare opportuni provvedimenti che migliorino la padronanza dell’italiano...
Sarà una domanda retorica, spero. È ovvio che le condizioni esistono. Bisogna vedere se qualcosa davvero si vuole fare, o se non si preferisca continuare a far discorsi su per i peri.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Incarcato
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Dove hai trovato quel modo di dire, Marco? Non l'ho mai sentito...
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Incarcato ha scritto:Dove hai trovato quel modo di dire, Marco? Non l'ho mai sentito...
È un modo di dire toscano. Ecco la definizione del Tommaseo (quella che piú mi soddisfà):

2. [T.] Andare su’ peri, su pe’ peri; di chi va arzigogolando cose più ingegnose che vere. Come si dice, Andar nelle nuvole, sulle nuvole, su per le cime degli alberi. Professori che per parer dotti vanno su’ peri.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Incarcato
Interventi: 900
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Grazie, Marco. :)
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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