Il Garzanti 2010 (2.0)

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Marco1971
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Il Garzanti 2010 (2.0)

Intervento di Marco1971 »

Quali sono i pregi di un buon dizionario? Definizioni precise e articolate; abbondante esemplificazione che mostri in modo tipico come si usa la parola definita; indicazioni affidabili su pronuncia e etimologia; rimandi tra parole straniere non adattate e equivalenti italiani a lemma; marche d’uso sistematiche che indichino le eventuali restrizioni nell’impiego delle parole. La lista non è esauriente, ma questi mi paiono i tratti essenziali ai quali questo Garzanti in gran parte vien meno.

Definizioni precise e articolate? Se si escludono i tecnicismi, molte definizioni del lessico astratto sono assai stringate o constano di soli sinonimi; gli esempi scarseggiano e perlopiú non sono frasi compiute. Quanto alla pronuncia, il dizionario si attiene sí a quella tradizionale, ma con errori: ad esempio dà la sola pronuncia apóllo (invece di apòllo) e dà come sorda la ‘s’ di cosentino (mentre è sonora). Se a caso ho trovato queste perle, ve ne saranno certamente altre.

Un esempio di indicazioni insufficienti sulle marche d’uso: il verbo cerziorare è marcato solo come «raro» ma non è presente un’informazione importante, il fatto che è verbo tipicamente burocratico, quindi non impiegabile, se non a fini scherzosi, fuori di quell’ambito. Il Treccani in proposito scrive: «È voce del linguaggio curialesco (nell’esempio citato, Manzoni contraffà lo stile burocratico del ’600).» E manca ancora la precisazione, dello stesso Treccani: «usato quasi esclusivam. nell’inf. e nei tempi composti col part. pass.» Lo sprovveduto malcapitato potrebbe, seguendo il Garzanti, pensare che sarebbe elegantissima una frase come Vi cerzioro delle ultime novità...

Passando all’etimologia, vediamo che non si menziona per tutte le voci e che è sempre priva di datazione. Su questo però si può anche chiudere un occhio. Non però su un vistoso errore in un lemma! È scritto correttamente arrière-pensée ma subito dopo si legge *arrièr-goût! :shock: Non è un refuso, perché nell’etimologia troviamo: «comp. di arrièr ‘dietro’ e goût ‘gusto’». Ah, certo, hanno pensato che arrière perdesse la ‘e’ al maschile... Beh, è inaccettabile e bastava controllare anche semplicemente nel TLFi in linea.

Ma veniamo agli aspetti positivi (con qualche neo anche qui). Sono state inserite numerose note a riquadri sotto certi lemmi, in cui si danno consigli sulla grafia o la pronuncia di alcune parole. Sono rimasto gradevolmente sorpreso dalla posizione in genere tradizionalista riguardo alla pronuncia per quanto concerne l’accentazione. Ma ecco una cosa che mi pare contraddittoria:

La prima persona del presente indicativo si pronuncia preferibilmente valúto, ma anche la pronuncia vàluto, molto diffusa, è ammessa. Lo stesso vale per la seconda e la terza...

La pronuncia teoricamente corretta, sulla base dell’origine latina, è guaína; tuttavia guàina è cosí comune nell’uso da non poter piú essere considerata scorretta.


Oddío, nulla di male nell’accettare vàluto e guàina, ma perché s’insiste sulla preferibilità di valúto, voce ben piú comune di guaina, e su quest’ultima si lascia correre?

Ancora: sapete qual è la pronuncia di best practice? Arreggetevi forte: /bestprak'taiz/... :?

C’è uno spreco di spazio incredibile con ripetizioni della stessa regola: tutte le parole in -zione hanno la nota che avverte che si scrivono con una sola ‘z’, uguale per i plurali in -cia/-gia con ‘i’ atona e i verbi in -gnare, ecc. Bastava mettere queste regole basilari su una sola pagina, per esempio Regole ortografiche di base e guadagnare spazio per accrescere l’apparato esemplificatorio.

Tra questi riquadri-nota, ce ne sono di piú interessanti, e riguardano il femminile dei nomi di professione. Sono tutti simili, sicché ne riporto solo uno, quello sul discussissimo ministra:

Il femminile di ministro è ministra e cosí si può chiamare una donna che diriga un ministero. Alcuni preferiscono però chiamare anche una donna ministro, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.

Un’innovazione – almeno credo – utile soprattutto per gli stranieri è quella dell’inserimento a lemma, in corpo lievemente ridotto, delle forme verbali irregolari con rimando all’infinito. Il resto è scopiazzatura dal DISC e dal Devoto-Oli: indicazioni (sommarie) delle reggenze, vocabolario di base in blu, ecc.

Tirando le somme: un vocabolario decente, ma che non regge il confronto, a mio parere, con opere di miglior fattura sul mercato, come, appunto, DISC e Devoto-Oli.

P.S. Del cosiddetto WEB-CD vi parlerò, se necessario, dopo averlo saggiato con acribiosa attenzione. Per ora posso dire solo che è aggiornabile fino al 31 dicembre 2012. Il dizionario con CD costa €67, ma nel supermercato dove l’ho comprato ho avuto il 15% di sconto (menomale!).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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