«San Stino di Livenza»

Spazio di discussione su questioni di grafematica e ortografia

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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

domna charola ha scritto:Problema anche sfaccettato, mi pare. Nel caso di Sanremo, se è vero quello che mi insegnavano in prima elementare, dovrebbe derivare dal santo Romolo, rifugiato in quei luoghi (in esffetti sopra sulla collina c'è anche la frazione di San Romolo), quindi in originale sarebbe stato San Remu, però pronunciato con un suono del dialetto ligure non compreso nel nostro alfabeto... però poi è stato attaccato assieme, a differenza di San Stino /santo Stino di cui sopra... insomma, non c'è una regola precisa, e il risultato quindi è molto variabile a seconda dei casi
Il passaggio sarebbe: Romolu > Römu > Rému, con delabializzazione ö > é fenomeno, insieme al parallelo ü > i, non sconosciuto nella Liguria occ., ma attualmente limitato al comune di Pigna e alla sua frazione Buggio e non presente nell'attuale dialetto di Sanremo.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Romolo che diventa Remo: non c'entrano niente i gemelli allevati dalla lupa capitolina, vero? :D
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

A quanto pare neanche la topomastica veneziana possiede un'ortografia stàndara.
Ho trovato questo e questo che parlano della topomastica veneziana, e ho anche visto la mappa di Venezia su Google Mappe, e sui tre siti si hanno talvolta ortografie diverse per la stessa parola.
Così abbiamo Rio terrà e Rio terà, sottopórtego e sotoportego, salizáda, salizzada ma semplicemente salita su Google Mappe.
Nella maggior parte dei casi viene conservato il tipo di strada in veneziano o veneziano italianizzato, ma il nome proprio della strada è in italiano. Anche se c'è un Calle Frutarol.

A Roma c'è Campo de' Fiori e via Tor de' Schiavi, mentre nella Chiesa di Santa Maria dell'Orto c'è incisa Università de' Pizzicaroli e de' Fruttaroli, con università nel senso di «corporazione».
Non so se anticamente questo de' apostrofato in luogo delle preposizioni articolate fosse diffuso solo a Roma o nell'italiano normale dell'epoca.
Ultima modifica di SinoItaliano in data lun, 22 ott 2012 19:28, modificato 1 volta in totale.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

SinoItaliano ha scritto:Non so se anticamente questo de' apostrofato in luogo delle preposizioni articolate fosse diffuso solo a Roma o nell'italiano normale dell'epoca.
In antico era la norma. È una preposizione articolata, con caduta della i finale. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
domna charola
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Intervento di domna charola »

I tentativi di italianizzazione della toponomastica veneziana sono molteplici, e complessivamente dannosi.
Sui muri, le scritte, mai mutate, sono in veneziano, così come nel parlato.
Se qualcuno, edotto da un qualche stradario, per chiedere la strada domanda della "salizzada del fruttivendolo", o non è compreso, oppure viene bonariamente corretto (poi diventerà un aneddoto nei racconti fra amici...). Quindi, a quel punto diventa più comodo per tutti diffondere direttamente i toponimi come sono utilizzati in laguna.

Rio terrà e sottoportego veramente sono ibridi ridicoli, perché se si vuole italianizzare allora chiamiamoli direttamente col loro significato, rio interrato e sottoportico.
Mia nonna mi raccontava sempre della compagna di scuola campagnola che alla domanda della maestra su cosa avesse mangiato la sera prima, per far vedere che parlava italiano venne fuori con un "porcello in tecchia" suscitando l'ilarità di tutti (porseo in tecia = maiale stufato in pentola)... rio terrà è a questo livello.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Nel mio secondo collegamento, vi è un'immagine raffigurante un nizioleto sul muro con scritto Rio Terà Ognisanti.
Però su Google Mappe è stato italianizzato in Rio Terrà Ognissanti.
Insomma, è molto confusionario scrivere in un modo nei cartelli sui muri e in un altro sugli stradari.
Marco1971 ha scritto:In antico era la norma. È una preposizione articolata, con caduta della i finale. ;)
Grazie! :)
Serve anche a segnalare la caduta di gli? O anticamente schiavi reggeva l'articolo i?
domna charola ha scritto:"salizzada del fruttivendolo"
O «del fruttarolo» per i romani. :D
Suppongo che le forme corrette in veneziano siano Rio Terà, Sotoportego e Salizáda, tutte senza doppie. Vero?
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
domna charola
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Intervento di domna charola »

SinoItaliano ha scritto:Nel mio secondo collegamento, vi è un'immagine raffigurante un nizioleto sul muro con scritto Rio Terà Ognisanti.
Però su Google Mappe è stato italianizzato in Rio Terrà Ognissanti.
Insomma, è molto confusionario scrivere in un modo nei cartelli sui muri e in un altro sugli stradari.

Suppongo che le forme corrette in veneziano siano Rio Terà, Sotoportego e Salizáda, tutte senza doppie. Vero?
Concordo sul "confusionario". Ma non esiste proprio che qualcuno dall'esterno (con che qualifica? tipografo compilatore di stradari?) decida che va scritto in un modo che non si è mai usato né pronunciato, e poi noi cambiamo i nizioleti e tutta la toponomastica cittadina.
Qui non è questione di salvaguardare a tutti i costi una lingua che non è più tale o riportare in auge un'indipendenza che ha fatto il suo tempo, ma di decidere chi stabilisce "il nome delle cose".
Se in laguna si continuano a chiamare così, non capisco perché gli stradari debbano tentare maldestri adattamenti.

Dappertutto tutti decidono di chiamare le cose con i nomi non italiani più assurdi e immotivati, e a Venezia invece, ultimo baluardo dell'italiano, bisogna stravolgere la toponomastica per renderla "corretta"? ...solo quando non sentirò più parlare di spendinreviù, bagge e governans... :evil:

Addirittura "salita" per "salizada", in una città in cui le uniche salite sono sui ponti, mi sembra veramente eccessivo!
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Carnby
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Intervento di Carnby »

domna charola ha scritto:Ma non esiste proprio che qualcuno dall'esterno (con che qualifica? tipografo compilatore di stradari?) decida che va scritto in un modo che non si è mai usato né pronunciato, e poi noi cambiamo i nizioleti e tutta la toponomastica cittadina.
Qui non è questione di salvaguardare a tutti i costi una lingua che non è più tale o riportare in auge un'indipendenza che ha fatto il suo tempo, ma di decidere chi stabilisce "il nome delle cose".
Se in laguna si continuano a chiamare così, non capisco perché gli stradari debbano tentare maldestri adattamenti.
Al di là di possibili «maldestri adattamenti», segnalo anche l'incapacità della burocrazia italiana di provvedere a una segnaletica corretta: nel comune di Montespertoli c'è una località che si chiama Botinaccio e sui cartelli figura come «Bottinaccio» (in una zona dove bottino significa «liquame di fogna»!). Per non parlare poi tutte le «oscillazioni» tra -ns- e -nz- e tra -uo- e -o-...
domna charola
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Intervento di domna charola »

Beh... ho appena ricevuto le proteste di un Comune, perché con Legge Regionale abbiamo dichiarato sito protetto un masso erratico chiamandolo "il Baluton" quando invece il nome locale è "la Balota"... devo ancora scoprire chi è che gli ha fatto cambiare sesso... lo avessero tradotto in italiano, ma per mantenere un nome dialettale...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

SinoItaliano ha scritto:Serve anche a segnalare la caduta di gli? O anticamente schiavi reggeva l'articolo i?
L’apostrofo in de’ rappresenta solo la caduta di i. In passato, quando la norma non era ancora ben salda ma piena d’oscillazioni, si poteva trovare i schiavi, specie presso scrittori non toscani:

...che nel suo paese i schiavi facevano questi esercizi... (Baldesar Castiglione, Il libro del Cortegiano, 1528)

...uno de’ schiavi, nominato Chebur... (Straparola, Le piacevoli notti, 1553)

...di liberare tutti i schiavi poloni... (Ramusio, Descrizione della Sarmazia europea di Guagnino veronese, 1557)

...dicendo di sí a quei schiavi suoi fratelli... (Tasso, Intrichi d’amore, 1598)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di SinoItaliano »

Grazie. :)
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Intervento di caixine »

Campo San Stin a Venezia
La chiesa, dedicata a Santo Stefano confessore, era popolarmente detta San Stefanin (e poi San Stin) per distinguerla dalla chiesa di Santo Stefano protomartire

?detta San Stefanin (e poi San Stin)? in merito ho dei dubbi.

Chissà se la località Stienta nel rovigoto e il torrente trentino Stien hanno qualche antica e segreta corrispondenza.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
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Intervento di Carnby »

La località Stienta è citata in un documento del 1159 come Septingenti, quindi è con ogni evidenza un derivato del latino septuāgintā, «settanta» o di septingentī «settecento»; secondo Oliveri, Topononastica veneta, 1961–1962 p. 145, l'etimo si ricollega ad antiche proprietà terriere.
L'idronimo trentino Stien non lo trovo da nessuna parte, tuttavia c'è un toponimo Stián/Steán in Valle di Cadore (Belluno) di cui parla Giovan Battista Pellegrini (Toponomastica italiana, p. 314) e che lui ricollega a un prediale latino Hostīlius; sarebbe corrispondente all'italiano centrosettentrionale Stigliano.
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caixine
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Intervento di caixine »

Per Stienta dobbiamo fare i conti anche con i toponimi Sustinenza e Sustinente.

Ho i testi che tu citi ma le ipotesi dell'Olivieri e del Pellegrini non sono molto convincenti; è la solita derivazione dal latino, pescata tra le parole che più si avvicinano omofonicamente come Lendinara da lendine e Lupia/Lupari/Lupatoto/Lupatia, ecc. da lupo.
Quella poi dal prediale Hostilius è fuori da ogni grazia; i prediali dal latino dal venetico e dal veneto, dal celtico, dal retico, dalle altre lingue italiche, dal germanico e dallo slavo ecc. sono talmente pochi che non costituiscono alcuna regola o modello da adottare in generale come è stato fatto finora dagli "studiosi tradizionali" che si sono inventati paretimologicamente una enormità di prediali romani e latini, un esempio è il testo sulla toponomastica veneta del Dante Olivieri; due casi emblematici quello di Thiene un tempo dato dall'antroponimo Tilliena e quello di Sandrigo da un Fundus Cintericus poi mutato in Senterìco, Senderìco, Sendrigo, Sandrigo.

Le paraetimologie "dotte" non sono meno paretimologiche di quelle dette "popolari".
Ultima modifica di caixine in data dom, 28 ott 2012 6:38, modificato 8 volte in totale.
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Alberto Pento
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

caixine ha scritto:Ho i testi che tu citi ma le ipotesi dell'Olivieri e del Pellegrini non sono molto convincenti; è la solita derivazione dal latino, pescata tra le parole che più si avvicinano omofonicamente.
Perché non sono convincenti? Potrebbe portare qualche prova al riguardo, possibilmente senza copincolla chilometrici? (A proposito, che cosa vuol dire «che piú si avvicinano omofonicamente»? Se ha qualche incertezza nell’impiego della corretta terminologia, le consiglio di usare parole piú comuni. :) )
caixine ha scritto:Quella poi dal prediale Hostilius è fuori da ogni grazia; i prediali dal latino dal venetico e dal veneto, dal celtico, dal retico, dalle altre lingue italiche, dal germanico e dallo slavo ecc. sono talmente pochi che non costituiscono alcuna regola o modello da adottare in generale come è stato fatto finora dagli "studiosi tradizionali", un esempio è il testo sulla toponomastica veneta del Dante Olivieri.
Ancora: un giudizio cosí forte come il suo dovrebb’essere seguito immediatamente da una sua proposta alternativa – possibilmente scevra di copincolla casuali e irrelati –, non dalla solita vacua tiritera sugli «studiosi tradizionali».
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