Sulla norma ortografica

Spazio di discussione su questioni di grafematica e ortografia

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Insomma, lei non segue proprio nessuna logica, se non quella di 1 + 1 = 3. ;) Vorrei poi sapere quale manoscritto autografo di Dante lei abbia consultato, anche se la norma attuale è diversa e chi se ne discosta appare agli occhi di tutti come stravagante.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Scilens
Interventi: 1097
Iscritto in data: dom, 28 ott 2012 15:31

Intervento di Scilens »

Marco1971 ha scritto: Vorrei poi sapere quale manoscritto autografo di Dante lei abbia consultato
Lei è riuscito a vederne?

Vedo che non ha argomenti migliori degli insulti.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

È difficile discutere con lei, visto che elude le domande. Mi fermo dunque qui.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
Interventi: 1303
Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30

Intervento di PersOnLine »

Scilens ha scritto:Non avevo ancora risposto a PersoOnLine:
“del bel paese là dove 'l sì suona” Dante qui mette l'accento su si (nome) per evitare l'ambiguità, non avendo le virgolette, altrimenti la frase si sarebbe potuta intendere come “del bel paese dove quello si suona”, poco comprensibile.
A parte la bizzarria dell'eventuale interpretazione alternativa, dopo un articolo potrebbe starci soltanto un sostantivo, sia esso con o senza accento.
Mi associo, comunque, alla domanda di Marco, perché ho cercato in un testo integrale della Divina Commedia, e quei (pochi) affermativi trovati sono tutti accentati.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5085
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Non avevo ancora risposto a PersoOnLine:
“del bel paese là dove 'l sì suona” Dante qui mette l'accento su si (nome)
Purtroppo non possediamo manoscritti autografi di Dante, perciò «Dante» non può aver messo nessun accento. Peraltro, i manoscritti antichi non presentano i segni diacritici moderni: l’accento è assente, cosí come l’apostrofo.
Scilens ha scritto:In definitiva considerare l'accento sul si affermativo come se fosse una regola ferrea non ha nessuna vera giustificazione.
Però se per Voi quell'accento arbitrario e superfluo fosse davvero così irrinunciabile potrei metterlo, pur malvolentieri, su questo foro.
Marco ha riportato un illuminante passo del compianto professor Nencioni: se davvero volessimo raddrizzare le storture della grafia, dovremmo favorire una maggiore corrispondenza con la pronuncia, non togliere diacritici.

Ci sono diverse ragioni per mettere l’accento a : è un avverbio dotato di accento proprio, al contrario dell’(altrimenti) omografo clitico; possiamo pensare frasi ambigue, in assenza d’accento grafico (sí fa ~ si fa); le regole ortografiche sincronicamente valide richiedono il segnaccento. Se lei contesta l’ultima ragione, dovrebbe però concordare almeno su una delle altre.

Personalmente, favorirei l’eliminazione dell’h etimologico in ho, hai, hanno, in favore di ò, ài, ànno, per eliminare un’eccezione; metterei l’accento grafico su tutte le parole sdrucciole, come accade in ispagnolo; ma, riguardo ai segnaccenti convenzionali, non vedo motivo di scostarsi dalla norma.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5255
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

PersOnLine ha scritto:Mi associo, comunque, alla domanda di Marco, perché ho cercato in un testo integrale della Divina Commedia, e quei (pochi) affermativi trovati sono tutti accentati.
Caro PersOnLine, il fatto è che porsi una tale domanda non ha alcun senso. Il Boccaccio (in qualità di copista della Commedia) scriveva si senz’accento (7º rigo della pagina manoscritta collegata), ma, come ha già detto Marco, allora la «norma» scrittoria era tutt’altra: si scrivevano certi sintagmi tutt’attaccati e se ne separavano altri che ora si scrivono univerbati, si notava [contrariamente a oggi, ancorché saltuariamente] il raddoppiamento fonosintattico e —cosa che qui piú c’interessa— nel tardo XIII secolo e per tutto il XIV [di regola] gli accenti mancavano completamente (cfr. Arrigo Castellani, Sulla formazione del sistema paragrafematico moderno, «Studi linguistici italiani» XXI [1995], 3–47, ora in: Id., Nuovi saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [1976-2004], «Salerno Editrice», Roma 2010, pp. 41–81 [si cita da quest’edizione], p. 57).

Oggigiorno il affermazione (che peraltro è etimologicamente la stessa cosa del «cosí» :roll:) richiede l’accento [grave o acuto], e chi non segue questa elementare norma ortografica viola non solo, per dirla col Nencioni, «un costume grafico che assicura la costanza dell’aspetto visivo della lingua [italiana]», ma anche —a proposito d’«insulti»— il codice di buona condotta di questa piazza. E parole non ci appulcro.
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 726
Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03

Intervento di Brazilian dude »

metterei l’accento grafico su tutte le parole sdrucciole, come accade in ispagnolo;
Anche in portoghese e in catalano.
Avatara utente
Carnby
Interventi: 5288
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Intervento di Carnby »

Brazilian dude ha scritto:Anche in portoghese e in catalano.
Per le somiglianze strutturali, per l'italiano sceglierei il sistema catalano, che accenta anche le piane con /ɛ, ɔ/. L'unica notevole differenza è che (almeno in teoria) il catalano prescrive l'ïato in casi come in valencià ([valensi'a] in valenzano, [balənsi'a] secondo la norma barcellonese); non so se questo potrebbe avere una qualche conseguenza sul numero di accenti grafici utilizzati.
Infarinato ha scritto:Oggigiorno il affermazione (che peraltro è etimologicamente la stessa cosa del «cosí») richiede l’accento [grave o acuto], e chi non segue questa elementare norma ortografica viola non solo, per dirla col Nencioni, «un costume grafico che assicura la costanza dell’aspetto visivo della lingua [italiana]», ma anche —a proposito d’«insulti»— il codice di buona condotta di questa piazza. E parole non ci appulcro.
Invalidiamo i referendum?

Immagine
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5255
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:Invalidiamo i referendum?
Per il [tutto] maiuscolo c’è sempre stata una certa [peraltro mai adeguatamente motivata] tolleranza, che esiste anche in francese.
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 726
Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03

Intervento di Brazilian dude »

Per le somiglianze strutturali, per l'italiano sceglierei il sistema catalano, che accenta anche le piane con /ɛ, ɔ/.
Non mi viene in mente nessuna parola piana accentata - graficamente, suppongo - che soddisfaccia questi criteri. Mi potrebbe fare qualche esempio?
Avatara utente
Carnby
Interventi: 5288
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Intervento di Carnby »

Brazilian dude ha scritto:Non mi viene in mente nessuna parola piana accentata - graficamente, suppongo - che soddisfaccia questi criteri. Mi potrebbe fare qualche esempio?
Per esempio meta (mucchio di letame), mèta (traguardo), metà (un mezzo). Anche senza trovare coppie minime o subminime, non c'è predicibilità del timbro esatto di e, o e quindi l'accento grave andrebbe segnato anche sulle piane.
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 726
Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03

Intervento di Brazilian dude »

Grazie, ma mi riferisco al catalano. Ci sono casi come dona (donna) e dóna (dona), món (mondo) e mon (mio), ma questi sono come da e dà, si e sì, sé e se, te e tè, ecc., in italiano.
domna charola
Interventi: 1633
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Scilens ha scritto:Quando l'accento serve ad evitare un fraintendimento è “obbligatorio” metterlo, ma quando la frase è chiara, come “si, ho capito” diventa superfluo: (...) In definitiva considerare l'accento sul si affermativo come se fosse una regola ferrea non ha nessuna vera giustificazione.
Secondo me, una regola deve essere il più possibile semplice, univoca e soprattutto definita.

Una regola che comprenda una serie di eccezioni (vuole l'accento tranne davanti a ccc e dopo bbb, nonché ddd etc. etc.) dà la possibilità di fare molti più errori di una regola "liscia", senza possibili varianti.

Una regola che si affidi poi a una valutazione soggettiva, diventa una non-regola.
Il "dare adito a dubbi" o meno può essere legato anche a valutazioni personali. Chi conosce di meno la lingua può ad esempio non pensare a possibili dubbi, e quindi saltare l'accento, o considerare dubbia un'espressione che per chi conosce bene i costrutti grammaticali è invece inequivocabile. Col risultato di avere alla fine accenti sparsi a caso, qualche volta sì qualche volta no.
Una regola deve avere una definizione precisa, non può essere una cosa che utilizzo "a spanne", e il rischio secondo me è appunto di ottenere un utilizzo impreciso e "casuale" dell'accento su "si" affermazione.
O tutte le volte privo (ma allora ci sono i casi dubbi) o tutte le volte con accento.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

La cosa che piú m’ha colpito in chi ha suscitato questa digressione è il fatto stesso di rimettere in discussione la convenzione stabilita e universalmente condivisa. Si può, certo, ragionare sulla minore o maggiore convenienza del codice ortografico, ma nessuno lo può modificare, è patrimonio comune, punto di riferimento preciso rispecchiato da tutte le opere di consultazione, e violabile soltanto pena la perdita di credibilità. Far uso d’un sistema proprio equivale a ratificare la propria esclusione, sociale e culturale, perché proprio l’ortografia è, nella coscienza collettiva, il biglietto da visita (lasciamo perdere biglietto di visita) del singolo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 14 ospiti