«Teleangectasia»

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Andrea Russo
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«Teleangectasia»

Intervento di Andrea Russo »

La parola teleangectasia (dilatazione dei capillari) viene riportata dal Treccani in linea come teleangiectasia.
Non so quale sia la regola ortografica in questione, ma quella i non ci dovrebbe proprio essere, come mi hanno confermato anche il DOP, il Sabatini-Coletti e il Devoto-Oli 2012.

Qualche chiarimento in merito? È bene segnalare l'errore alla redazione del Treccani?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

La pronuncia è la stessa, forse deriva dall'influsso di angioplastica.
Il prefisso viene dal greco ἀγγεῖον angeîon «vaso»; in ogni caso ει si dovrebbe pronunciare /eː/.
ippogrifo
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RE: PREFISSO ANGIO

Intervento di ippogrifo »

Carnby ha scritto:La pronuncia è la stessa, forse deriva dall'influsso di angioplastica.
Il prefisso viene dal greco ἀγγεῖον angeîon «vaso»; in ogni caso ει si dovrebbe pronunciare /eː/.
Da cui - per anafonesi (timbro più alto) - si ebbe la posteriore pronuncia bizantina in /'i:/ : /an'gi:on/. Ed è, appunto, da questa che proviene la trascrizione in caratteri latini del prefisso "angio" in tutte le lingue europee (ad es., angioplastique, angioplasty, angioplastik et c. ). La pronuncia italiana ha trattato il prefisso "angio" come se si trattasse di voce latina accentata sull'a, mentre l'accento originario era sull'i - vedi sopra - . Non sempre nei composti in cui la seconda voce inizia in vocale si ha apocope dell'o finale: ad es., angioedema conserva tutti i timbri vocalici etimologici. Il prefisso non è usato soltanto in medicina: ad es., angiosperme et c. .
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Re: RE: PREFISSO ANGIO

Intervento di Infarinato »

ippogrifo ha scritto:
Carnby ha scritto:[…] Il prefisso viene dal greco ἀγγεῖον angeîon «vaso»; in ogni caso ει si dovrebbe pronunciare /eː/.
Da cui - per anafonesi (timbro più alto) - si ebbe la posteriore pronuncia bizantina in /'i:/ : /an'gi:on/. Ed è, appunto, da questa che proviene la trascrizione in caratteri latini del prefisso "angio" in tutte le lingue europee…
Ahem, non è proprio cosí. :) La trafila [correttamente] descritta è quella che porta dalla pronuncia del greco classico a quella del greco bizantino, e poi del neogreco.

La resa del dittongo ει (del greco classico: [eː]) con la ī (del latino classico: [iː]) —come quella di αι [ɐɪ] con ae [ɐᴇ], quella di οι [oɪ] con oe [ɔᴇ] e quella di ου [oː] con ū [uː]— non è una traslitterazione dettata da ragioni fonetiche, bensí una latinizzazione (risalente all’epoca classica) informata a criteri storico-morfologici, non dissimile in questo dalla resa, e.g., dei sostantivi greci della 2ª declinazione uscenti in -ος, -ον con sostantivi della 2ª declinazione latina in -us, -um (o dei maschili della 1ª in -ᾱς/ης con quelli della 1ª latina in -a).

Esempi [classici]: αἴνιγμα > aenigma, Χίμαιρα > Chimaera, ὕπαιθρος > hypaethrus, παλαίστρα > palaestra; ἐμπειρικός > empiricus, εἰκών > icon, παράδεισος > paradisus, Σειρήν >Siren; Κροῖσος > Croesus, οἰκονομία > oeconomia, Φοῖβος > Phoebus, Φοῖνιξ > Phoenix; ἐνθουσιαστής > enthusiasta, λειτουργός > liturgus, Μουσεῖον > Museum, Οὐρανός > Uranus.

Come si vede, in epoca classica una vera corrispondenza fonetica tra i dittonghi greci (ormai quasi tutti monottongati) e le corrispondenti rese latine non c’era: anzi, ει (classico, cioè [eː]) non solo non corrispondeva a ī [iː], ma avrebbe trovato un perfetto corrispondente nella ē latina (mentre all’epoca η valeva [ɛː]). La corrispondenza c’era semmai in epoca arcaica (… ma anche qui occorre fare attenzione al fatto che, e.g., solo alcuni ει [classici] discendono da un *ei indoeuropeo, la maggior parte risultando invece dalla contrazione ε [e] + ε [e], cioè appunto [eː] fin dall’inizio).

In conclusione, come i latini non scrivevano [né pronunciavano] piú deico per dico in epoca classica, altrettanto naturalmente rendevano l’ει greco con ī. Da questa latinizzazione storico-morfologica deriva quindi la forma angio- (e simili), non dalla pronuncia bizantina del dittongo greco.
ippogrifo
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PREFISSO ANGIO

Intervento di ippogrifo »

Ringrazio Infarinato per il contributo, che non è un semplice chiarimento, ma costituisce l'inquadramento di riferimento della situazione storico-linguistica.

Ho usato il termine "bizantino" (pronuncia chiusa dei dittonghi greci) in questo senso: non tutte le voci che hanno contribuito a formare e costituire le parole scientifiche che attualmente usiamo sono attestate in latino. Non possiamo, quindi, essere certi che tutte siano effettivamente transitate attraverso il latino. In questo caso, rimane l'ipotesi alternativa di un prestito - successivo - diretto dalla lingua greca - classica -, ma pronunciata, ormai, dai dotti con pronuncia "reuchliniana" - cioè di tipo "bizantino", dittonghi chiusi -.

Questa fu, infatti, la pronuncia introdotta in Italia dai maestri greci alla ripresa degli studi della lingua dopo secoli d'oblio. E, anche se attualmente in Italia si adotta per il greco classico la pronuncia erasmiana introdotta da Erasmo da Rotterdam (dittonghi aperti), la pronuncia reuchliniana (dittonghi chiusi) è rimasta viva in Italia nelle scuole e presso le persone colte fino a epoche storicamente recenti.
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Infarinato
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Re: PREFISSO ANGIO

Intervento di Infarinato »

ippogrifo ha scritto:Ho usato il termine "bizantino" (pronuncia chiusa dei dittonghi greci) in questo senso: non tutte le voci che hanno contribuito a formare e costituire le parole scientifiche che attualmente usiamo sono attestate in latino. Non possiamo, quindi, essere certi che tutte siano effettivamente transitate attraverso il latino.
Avevo ben compreso il senso del suo intervento, caro Ippogrifo ;) …e su questo punto siamo assolutamente d’accordo.

Ciò su cui non concordo è l’ipotesi che segue (teoricamente possibile, ma poco plausibile), ovvero…
ippogrifo ha scritto:…l'ipotesi […] di un prestito - successivo - diretto dalla lingua greca - classica -, ma pronunciata, ormai, dai dotti con pronuncia "reuchliniana" - cioè di tipo "bizantino", dittonghi chiusi -.
Qui la pronuncia (erasmiana o reuchliniana che sia) non c’entra [ormai piú]. È invece piú economico supporre che, al momento di creare un neologismo con elementi greci, lo scienziato di turno avesse però la necessità di scriverlo in caratteri latini, ovvero (meglio) di latinizzarlo, ed è altrettanto pacifico che per far ciò, in parte per ragioni d’uniformità coi grecismi effettivamente transitati attraverso il latino, in parte in omaggio al modello di «latinizzazione classica» (che, come abbiamo ricordato, è precedente a qualsiasi forma di iotacismo), non potesse che rendere l’ει greco con la ī latina, etc. :)
ippogrifo
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RE: PREFISSO ANGIO

Intervento di ippogrifo »

Caro Infarinato, la ringrazio nuovamente per le ulteriori informazioni cortesemente fornite e vorrei chiarire che nessuno può porre in dubbio - e, ovviamente, men che meno io - che il paradigma da lei esposto sia quello tramite il quale sono giunte all’italiano e alle altre lingue europee le parole dell’antichità classica greca.

Il problema che mi ero posto riguarda, invece, un aspetto di continuità e validità temporale, cioè fino a quale epoca il paradigma citato possa essere ritenuto l’unica modalità cui attribuire la “resa” di termini o anche solo prefissi e suffissi del linguaggio scientifico di formazione molto più recente.

Tullio De Mauro - prendo dalla Treccani in linea, articolo sui “grecismi” - assegna alla lingua italiana circa 8.000 “grecismi” e il redattore della voce - Riccardo Tesi - riferisce che almeno la metà vanno considerati di derivazione diretta dal greco, senza l’intermediazione latina.

4.000 voci prive d’intermediazione latina non sono poche.

Il redattore, inoltre, riferisce che, ad es., l’introduzione tra Seicento e Settecento nelle università tedesche, olandesi e inglesi della pronuncia erasmiana avrebbe indirettamente favorito un nuovo tipo di traslitterazione “lettera per lettera” marginalizzando - in queste nazioni - la pronuncia medievale o moderna del greco. Riporta quali esempi di “aspetto antilatino” di parole di origine greca dei lessici specialistici contemporanei: “p(ai)d(ei)a, d(ei)ttico, (ei)detico, cal(ei)doscopio e mon(oi)co”. Ho posto tra parentesi i “dittonghi” conservati dalla pronuncia erasmiana e ho trascurato “pleistocene” perché rappresenta un esempio discutibile (un dittongo è conservato, ma uno no). In modo del tutto complementare, se è vero quanto afferma l’autore in merito a una trascrizione diretta fondata sulle regole della pronuncia erasmiana, sembrerebbero ipotizzabili - in epoca moderna e in ambienti scientifici di nazioni in cui veniva usata la pronuncia dei dittonghi chiusi, indipendentemente da come si voglia definirla - trascrizioni dirette dal greco basate su questo tipo di pronuncia.

A mia comprensione, per altro, ravviso un vero elemento di discontinuità rispetto al paradigma latino soltanto nell’adozione della pronuncia erasmiana (aperta) - e delle trascrizioni basate su di essa - . Mentre l’adozione di pronunce “chiuse” - comunque si vogliano definire - che rendono con “i” in caratteri latini il “dittongo grafico” “ει” - al quale è assegnata la pronuncia /i:/ già a partire dal IV sec. a. C. - mi sembra, sostanzialmente, in linea con quanto già avveniva nel latino. Si tratta soltanto - nel caso delle pronunce “chiuse” del greco - di un esito (“i”) “scientificamente univoco” e, quindi, assolutamente prevedibile. Mentre il paradigma latino poteva consentire alternative nella resa di “ει”: esistevano - a partire da “ει” greco - tanto “mus(i)um” e “Odyss(i)a” quanto “mus(e)um” e “Odyss(e)a”. Infatti, l’italiano ha museo e Odissea.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

I composti italiani dalla base angio sono tutti di derivazione diretta dal greco.

Utilizzando gli strumenti statistici della seconda edizione del GRADIT elettronico (che comprende i due aggiornamenti cartacei attualmente disponibili) si ottengono i seguenti risultati.

Totali composti in cui è presente l’elemento etimologico angio: 141. Circa l’85% di questi sono stati creati dal XX secolo e circa l’11% nel XIX secolo. I primi composti risalgono alla seconda metà del XVIII secolo; in quest’ultimo secolo abbiamo solo due composti (poco più dell’1%): angiologia (1755) e angiosperma (1797).

Una derivazione antica dal greco si ritrova per il tardo latino angium e ha inoltre lasciato tracce in alcuni dialetti italiani (abruzzese e tarantino). Inoltre dal greco bizantino deriva l’otrantino anghì ‘brocca’. Per queste derivazioni antiche si veda il DEI, alla voce angelo3.

Tornando al problema sollevato da Andrea nell’ apertura della discussione si vede che il Treccani in linea riporta una serie di varianti: « teleangiectaṡìa (o teleangioectaṡìa; anche telangiectaṡìa o telangioectaṡìa) ».

Altri vocabolari, tra i quali quelli menzionati da Andrea, riportano una serie analoga di varianti ma facendo riferimento, come voce consigliabile, a teleangectasia. Ci troviamo di fronte a un proliferare di varianti legato, probabilmente, alla lunghezza e alle caratteristiche di questo composto ternario. I parlanti sono portati, in vario modo, a rendere più scorrevole la pronuncia elidendo alcune opportune lettere ai confini degli elementi costituenti il composto.

Una ricerca generica con Google dà i seguenti numeri di occorrenze: telangiectasia (724.000), telangectasia (98.200), telangioectasia (637), teleangiectasia (62.000), teleangectasia (65.700), teleangioectasia (254).

Premesso che non esiste in questo caso una regola vincolante sulla formazione dei composti contenenti angio (o tele), sulla base della frequenza di occorrenze direi di evitare solo le varianti contenenti l’elemento pieno angio.

Quello del Treccani non si può quindi definirsi un vero e proprio errore anche considerando che la versione in linea è quella della prima edizione del Vocabolario risalente alla fine del secolo scorso: nel periodo trascorso dalla sua pubblicazione è possibile che sia cambiato il rapporto delle frequenze relative delle varianti (e quest’ultimo è uno dei fattori che condiziona la scelta della variante consigliabile).
Ultima modifica di bubu7 in data mar, 01 apr 2014 14:41, modificato 1 volta in totale.
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V. M. Illič-Svitič
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

bubu7 ha scritto:Tornando al problema sollevato da Andrea nell’ apertura della discussione si vede che il Treccani in linea riporta una serie di varianti: « teleangiectaṡìa (o teleangioectaṡìa; anche telangiectaṡìa o telangioectaṡìa) ».

Altri vocabolari, tra i quali quelli menzionati da Andrea, riportano una serie analoga di varianti ma facendo riferimento, come voce consigliabile, a teleangectasia. Ci troviamo di fronte a un proliferare di varianti legato, probabilmente, alla lunghezza e alle caratteristiche di questo composto ternario. I parlanti sono portati, in vario modo, a rendere più scorrevole la pronuncia elidendo alcune opportune lettere ai confini degli elementi costituenti il composto.

Una ricerca generica con Google dà i seguenti numeri di occorrenze: telangiectasia (724.000), telangectasia (98.200), telangioectasia (637), teleangiectasia (62.000), teleangectasia (65.700), teleangioectasia (254).

Premesso che non esiste in questo caso una regola vincolante sulla formazione dei composti contenenti angio (o tele), sulla base della frequenza di occorrenze direi di evitare solo le varianti contenenti l’elemento pieno angio.

Quello del Treccani non si può quindi definirsi un vero e proprio errore anche considerando che la versione in linea è quella della prima edizione del Vocabolario risalente alla fine del secolo scorso: nel periodo trascorso dalla sua pubblicazione è possibile che sia cambiato il rapporto delle frequenze relative delle varianti (e quest’ultimo è uno dei fattori che condiziona la scelta della variante consigliabile).
La ringrazio molto della sua chiara ed esauriente risposta. :wink:

Probabilmente qualche risposta sarà pure presente negli altri interventi, ma a una prima lettura non mi sembra (né – tra l'altro – mi sono impegnato piú di tanto, ché non sono argomenti di cui m'intendo).
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Infarinato
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Re: RE: PREFISSO ANGIO

Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:I composti italiani dalla base angio sono tutti di derivazione diretta dal greco.
Chiariamo, però, ciò che implicito nelle parole di Bubu: «sono tutti di derivazione dòtta dal greco».

Anche sul «diretta» non ci giurerei. Per esempio, l’Oxford English Dictionary c’informa che l’inglese angiosperm (e lo stesso probabilmente vale, attraverso eventuali ulteriori mediazioni, per i suoi equivalenti in tutte le altre lingue europee) è coniazione [risalente al 1690] del botanico e medico tedesco Paul Hermann nella forma latinamoderna», per dirla con l’OED] angīospermus. ;)

Tornando al pur piacevole fuori tema, di cui mi scuso (con Andrea e con tutti) e che per quanto mi riguarda m’impegno a chiudere qui, mi permetto di fare due ultime osservazioni.
ippogrifo ha scritto:[A]l “dittongo grafico” “ει” […] è assegnata la pronuncia /i:/ già a partire dal IV sec. a. C.
Codesta datazione è forse troppo alta: il Lejeune (Phonétique historique du mycénien et du grec ancien, Parigi: «Klincksieck», 2005 [1972¹]: 230) c’informa che gli scambi ει/ῑ diventano frequenti [nella κοινή] solo a partire dal III sec. a.C.
ippogrifo ha scritto:[E]sistevano - a partire da “ει” greco - tanto “mus(i)um” e “Odyss(i)a” quanto “mus(e)um” e “Odyss(e)a”. Infatti, l’italiano ha museo e Odissea.
L’ει greco rappresentava [in epoca classica] una [eː] molto chiusa (probabilmente —e qui rettifico la mia «perfetta corrispondenza» di cui sopra— piú chiusa dell’ē latina), che però in posizione prevocalica si apriva un po’ di piú (e qui le ipotesi dei fonetisti storici si fanno molto varie e complesse, e ci porterebbero davvero troppo lontano dall’argomento della nostra discussione), per cui il latino [sempre classico] ricorre saltuariamente a ē in questi casi (mai a ei, però ;)), traslitterazione che diventa prevalente fino quasi a stabilizzarsi completamente nelle terminazioni dei neutri in -εῖον e degli aggettivi in -ειος.

Insomma, pur non negando la validità di gran parte di quanto da Lei affermato, caro Ippogrifo, vorrei ribadire il carattere convenzionale (e quindi indipendente dal tipo di pronuncia [successivamente] adottato) che da un certo punto in poi assume la «traslitterazione [latina] classica» del greco antico, la quale è servita da modello per la creazione di neologismi greci in epoca moderna.
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bubu7
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Re: RE: PREFISSO ANGIO

Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Chiariamo, però, ciò che implicito nelle parole di Bubu: «sono tutti di derivazione dòtta dal greco».
Grazie per il necessario chiarimento, Infarinato.
Infarinato ha scritto:Anche sul «diretta» non ci giurerei. Per esempio, l’Oxford English Dictionary c’informa che l’inglese angiosperm (e lo stesso probabilmente vale, attraverso eventuali ulteriori mediazioni, per i suoi equivalenti in tutte le altre lingue europee) è coniazione [risalente al 1690] del botanico e medico tedesco Paul Hermann nella forma latinamoderna», per dirla con l’OED] angīospermus. ;)

Sulla derivazione diretta o meno ha fatto bene a sollevare il problema.

Da un’indagine più approfondita sui risultati del GRADIT risulta che molti dei termini di ambito botanico, contenenti la radice angio, presentano nella nota etimologica la dicitura ‘dal lat[ino] scient[ifico]’. In questi casi, quindi, non si tratterebbe di derivazione diretta ma il passaggio dal latino non penso che abbia avuto qualche influenza per la forma della successiva coniazione del termine nell’italiano.

In tutti gli altri casi rimane ipotizzabile una derivazione dotta, e diretta, dal greco.

Mi sembra comunque condivisibile quanto da lei affermato in conclusione del suo ultimo intervento:
Infarinato ha scritto:...vorrei ribadire il carattere convenzionale (e quindi indipendente dal tipo di pronuncia [successivamente] adottato) che da un certo punto in poi assume la «traslitterazione [latina] classica» del greco antico, la quale è servita da modello per la creazione di neologismi greci in epoca moderna.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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EPISTEMOFILIA

Intervento di ippogrifo »

Desidererei solo fornire un semplice chiarimento prima di poter chiudere definitivamente anche da parte mia un argomento importante, ma che potrà - anche da più d’uno - essere ritenuto tangenziale rispetto alla centralità del foro.

Tutto quanto ho esposto nei contributi precedenti in merito ai grecismi non è da attribuirsi a mie considerazioni né a mie opinioni personali. Che non contano nulla in generale né - men che meno - su argomenti di questo tipo. Ho soltanto tentato di esporre - certamente si sarebbe potuto fare in modo molto migliore - la tesi elaborata da Riccardo Tesi. Riferita anche dalla Treccani in linea e accessibile direttamente a chi avesse interesse a leggere le opere dell’autore citato. Tesi che postula una discontinuità rispetto al paradigma tradizionale/classico. Discontinuità dovuta all’abbandono del latino, della sua conoscenza e della sua consapevolezza da parte degli uomini di scienza in Europa. Solo un esempio: Newton scrive ancora in latino la sua opera sulle forze fisiche, ma già scrive in inglese - 1704 - su argomenti di ottica. Anche se venne ancora effettuata una traduzione in latino. Non direttamente dallo scienziato. La tesi postula che - a seguito dell’abbandono del latino e in dipendenza delle tempistiche con cui ciò è avvenuto negli ambienti culturali e scientifici delle varie nazioni europee - l’esigenza di dover “trascrivere” nuovi prestiti scientifici o culturali dalla lingua greca viene affrontata e gestita mediante due diverse modalità - che corrispondono alle due diverse “pronunce” del greco classico - in cui di “effettivamente latino” permangono solo i caratteri della trascrizione effettuata, perché - ormai - lo scienziato del caso non conosce più il latino a livello di cultura personale né più l’utilizza nelle proprie opere. La descrizione esposta da R. Tesi - per altro - corrisponde abbastanza bene alle condizioni della “modernità” in Europa. Le datazioni possono variare in dipendenza degli ambienti nazionali considerati, ma questi risultano essere dettagli.

Per quanto concerne la spiegazione degli esiti in “ei” la validità della teoria risulta “autoevidente”. Il paradigma classico non potrebbe spiegarli.

Relativamente agli esiti in “i”, volendo - :wink: -, ma non è intenzione di nessuno, si potrebbe anche “discutere”. Perché essi risulterebbero “spiegati” anche dal paradigma classico.

Il vero differenziale della tesi di Tesi - :wink: - consiste, però, nel fatto che essa - a partire da certe epoche e ambienti storici - riesce a spiegare in modalità congruenti sia gli esiti specifici in “i” sia anche le condizioni degli ambienti culturali che li hanno prodotti.

Riccardo Tesi è stato allievo di Ghino Ghinassi - a sua volta, allievo di Bruno Migliorini -. Proviene, quindi, dal prestigioso ambiente culturale della “scuola fiorentina” che ha sempre rivestito grande interesse e importanza in merito agli studi sulla lingua italiana e ai suoi sviluppi storici.


Un’ultima osservazione in merito alla duplice direttrice intrapresa dal dibattito - l’imprescindibile inquadramento storico-linguistico d’Infarinato e l’ottima sintesi dei dati dell’uso fornita da Bubu -.
Che sarei tentato di definire sinteticamente - e malamente, auspicando che non me ne vogliano troppo - come il “perché” e il “come”.

Risulta chiaro che alcuni aspetti del “perché” possano risultare meno immediati e - perfino - un pochino ostici. Ciò dipende anche molto dall’estrema variabilità interindividuale dei lettori e dei loro interessi specifici. Per altro, un livello ragionevolmente “completo” di risposta non può prescindere da nessuno dei due indirizzi. Il solo contributo “normativo” - come si scrive, come scrivono - potrebbe lasciare scoperta la curiosità “epistemofilica” di chi desidera affrontare - almeno un pochino - anche perché si scrive o s’è scritto in un certo modo. E potrebbe non consentire di cogliere le radici profonde di certi aspetti della nostra lingua o - addirittura, con approcci apparentemente “neutri” - di porli allo stesso livello del “quasi” banale dilemma possibile tra “ciliege” e “ciliegie” - che risulta essere esclusivamente italiano -. E dal quale - in questo caso - siamo estremamente lontani. Sotto, infatti, c’è tutto un mondo: il mondo della nostra cultura, il mondo della cultura occidentale. Che non ci è stato chiesto di scegliere, ma nella quale oggettivamente viviamo.
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Infarinato
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Re: EPISTEMOFILIA

Intervento di Infarinato »

ippogrifo ha scritto:Tutto quanto ho esposto nei contributi precedenti in merito ai grecismi non è da attribuirsi a mie considerazioni né a mie opinioni personali. Che non contano nulla in generale né - men che meno - su argomenti di questo tipo. Ho soltanto tentato di esporre - certamente si sarebbe potuto fare in modo molto migliore - la tesi elaborata da Riccardo Tesi.

[…]

Per quanto concerne la spiegazione degli esiti in “ei” la validità della teoria risulta “autoevidente”. Il paradigma classico non potrebbe spiegarli.

Relativamente agli esiti in “i”, volendo - :wink: -, ma non è intenzione di nessuno, si potrebbe anche “discutere”. Perché essi risulterebbero “spiegati” anche dal paradigma classico.

Il vero differenziale della tesi di Tesi - :wink: - consiste, però, nel fatto che essa - a partire da certe epoche e ambienti storici - riesce a spiegare in modalità congruenti sia gli esiti specifici in “i” sia anche le condizioni degli ambienti culturali che li hanno prodotti.
Benissimo, ma allora citiamolo, il Tesi…
Riccardo Tesi, in Enciclopedia dell’italiano (2010) (sottolineature mie), ha scritto:Fino al Rinascimento il criterio di traslitterazione delle parole greche seguiva lo standard fissato nel latino classico: gr. ai, ei, oi > lat. ae, ī, oe > it. e, i, e (ad es., cinedo, ironia, economia). L’introduzione tra Seicento e Settecento nelle università tedesche, olandesi e inglesi della cosiddetta pronuncia erasmiana del greco antico ha favorito indirettamente un nuovo tipo di traslitterazione, con la riproduzione lettera per lettera della base greca (gr. ai, ei, oi > ai, ei, oi) e ha definitivamente marginalizzato alcuni fenomeni di ‘disturbo’ causati dalla pronuncia medievale o greco-moderna (Tesi 1994: 275-301).
Direi, quindi, che nel nostro caso e per il prefisso in esame (…in altri casi e per altri grecismi giuntici in epoche non troppo recenti è giustissimo affrontare la cosa con l’atteggiamento critico suggeritoci da Ippogrifo) l’ipotesi piú economica rimane quella d’una fedele aderenza al modello classico, l’onere della prova ricadendo su chiunque sostenga l’influenza di «fenomeni di ‘disturbo’ causati dalla pronuncia medievale o greco-moderna». ;)
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Formazione di angio- per traslitterazione dal greco

Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Direi, quindi, che nel nostro caso e per il prefisso in esame (…in altri casi e per altri grecismi giuntici in epoche non troppo recenti è giustissimo affrontare la cosa con l’atteggiamento critico suggeritoci da Ippogrifo) l’ipotesi piú economica rimane quella d’una fedele aderenza al modello classico, l’onere della prova ricadendo su chiunque sostenga l’influenza di «fenomeni di ‘disturbo’ causati dalla pronuncia medievale o greco-moderna». ;)
Si potrebbe quindi concludere che nonostante questa nuova modalità di traslitterazione dal greco (riproduzione lettera per lettera) si ritrovi in molte parole moderne del linguaggio scientifico, questo non si può dire per la formazione della base di derivazione angio- derivata dal greco ἀγγεῖον. Nel caso di angio-, sebbene si tratti di una base moderna (attestata nel latino delle classificazioni linneane dalla fine del XVII secolo [Hermann, 1690]), è stato usato per la sua formazione un tipo di traslitterazione latina classica (che ha prodotto, ad esempio, la voce tardo latina angium ‘vaso’ alla base, come dicevo in un precedente intervento, di una serie di forme popolari conservate nei dialetti meridionali).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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