Virgolette inutili?

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Stefano Borselli
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Virgolette inutili?

Intervento di Stefano Borselli »

Sperando di aver compreso le regole di comportamento, chiedo lumi ai competenti frequentatori di questo fòro.
È solo una mia personale, e anomala, idiosincrasia o siamo di fronte ad un diluvio di virgolette inutili? Ho segnato in rosso quelle che a me paiono tali in tre esempi qui sotto: i primi, scelti casualmente, provengono da interventi in Cruscate il terzo dall'articolo di un noto commentatore politico.
le sue considerazioni, per certi versi, colgono nel segno, e ci dicono che più di recente l'italiano non adatta più, che la frequenza di alcuni nessi consonantici comincia a incidere con un 'peso' diverso, che insomma sono «cambiati significativamente» alcuni «criteri di accettabilità» etc.
A ogni modo, mi riesce difficile pensare che in sciatore vi sia un dittongo. Nel senso che è sicuramente così, ma nel pronunciar la parola non avverto un "indebolimento" d'uno dei due segmenti vocalici. Ma mi rendo conto che è soltanto una questione d'orecchio.
Ho aderito subito con entusiasmo alle 10 proposte “aperte” lanciate da il Fatto Quotidiano. Con entusiasmo, perché l’iniziativa voluta da Antonio Padellaro, Marco Travaglio e Peter Gomez riprende la più nobile tradizione del grande giornalismo americano dall’epoca di Thomas Jefferson: l’impegno politico diretto delle testate democratiche. Allora, perché ancora inesistenti i grandi partiti politici rappresentativi, oggi in Italia perché ormai autoreferenziali, “rappresentativi” solo del kombinat affaristico-politico-corruttivo che caratterizza innanzitutto e per lo più l’establishment del nostro paese. Esiste certamente un’opposizione parlamentare, che si esprime in sostanza esclusivamente nel Movimento 5 Stelle, il cui carattere ondivago e la cui struttura organizzativa e comunicativa “proprietaria” si sono però dimostrati deleteri di fronte alla potenza della tenaglia messa in atto dal patto Renzi-Berlusconi propiziato dal lord protettore del nuovo regime: Giorgio Napolitano.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Innanzitutto, benvenuto. :) Abbiamo alcune poche regole di comportamento, che sono piú che altro regole di buon senso e non sono state esplicitate se non un paio d’anni fa, proprio per questo. Perciò, non si preoccupi: le basterà la sua passione per la nostra lingua a farla ambientare.

Venendo al suo quesito, credo che le virgolette di distanziamento — questa è infatti la funzione di questo segno di punteggiatura nelle parole evidenziate in rosso — siano talvolta lasciate all’arbitrio personale. La sua impressione, comunque, è confermata dal Serianni. Nella voce «Virgolette» dell’Enciclopedia dell’Italiano della Treccani, si legge:

È stato notato come di questo tipo di virgoletta [quella di distanziamento], nella lingua scritta contemporanea, si faccia spesso abuso, con il rischio di trasmettere un’impressione di scarsa competenza (Serianni [Italiani scritti, Bologna, il Mulino] 2003: 57).
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data ven, 13 feb 2015 9:06, modificato 1 volta in totale.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Caro Stefano, benvenuto.
La svirgolettatura è fuori controllo, corrisponde alla citazione, al grassetto, al citato trai denti, al non condiviso ma diffuso, ai modi di dire non grammaticali e anche a quelli grammaticali, si virgoletta quel che si vuole evidenziare e quel che non si condivide.
Un cavallo di troia. Tanto per fare un esempio, ma di quelli che contano poco però, io l'uso per evidenziare e separare dal resto del discorso.
Un uso generico che ancora nessuno ha censurato, ma che non è ideale.
Al di là delle grammatiche vecchie il virgolettato e i suoi varii modi d'esser rappresentato ancora aspettano una collocazione che non verrà diretta.
Lo sbando potrà trovare qualche appiglio se la nostra cernita d'esempii sarà ristretta. Il criterio della cernita è poco più che individuale.
Più che il mio parere non posso dire: si regoli come può e come crede sia logico. La statistica non potrà darLe indicazioni meditate.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Stefano Borselli
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Intervento di Stefano Borselli »

Grazie per il saluto :D . Provo a riformulare la domanda, ma prima si noti che i brani citati sono tutti di ambito saggistico-comunicativo, non narrativo-espressivo.
È solo un’impressione personale o trovate anche voi che togliendo quelle virgolette: a) non si perde nulla e il testo appare piú chiaro; b) diminuiscono i richiami soggettivistici e arbitrari, impropri in questo tipo di prosa; c) la lettura diviene piú scorrevole, meno sincopata o per meglio dire meno meccanica, piú umana?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ferdinand Bardamu ha scritto:È stato notato come di questo tipo di virgoletta [quella di distanziamento], nella lingua scritta contemporanea, si faccia spesso abuso, con il rischio di trasmettere un’impressione di scarsa competenza (Serianni [Italiani scritti, Bologna, il Mulino] 2003: 57).
[url=viewtopic.php?p=47086#p47086]Stefano Borselli[/url] (sottolineature mie) ha scritto:[S]i noti che i brani citati sono tutti di ambito saggistico-comunicativo, non narrativo-espressivo.
È solo un’impressione personale o trovate anche voi che togliendo quelle virgolette: a) non si perde nulla e il testo appare piú chiaro; b) diminuiscono i richiami soggettivistici e arbitrari, impropri in questo tipo di prosa; c) la lettura diviene piú scorrevole, meno sincopata o per meglio dire meno meccanica, piú umana?
Sono sostanzialmente d’accordo. A mio avviso, però, bisogna sempre considerare il contesto diamesico e diafasico in cui di volta in volta ci si trova.

Per esempio, in un fòro come questo (e in generale in tutta la comunicazione elettronica, dai brevi messaggi pubblicati sulle reti sociali alla stessa posta elettronica), dove si discute perlopiú informalmente e assai concisamente (spesso anche animatamente) per iscritto, una virgoletta, un segno d’interpunzione e anche una faccina in piú possono servire a comunicare meglio il tono d’un intervento (la componente pragmatica, insomma), evitando cosí spiacevoli fraintendimenti.

E forse proprio tale [piú o meno impellente] necessità comunicativa spinge oggi a estendere impropriamente tali espedienti espressivi a scritti di carattere piú formale, dove essi costituiscono spesso un abuso.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Concordo con Infarinato. Non ci avevo posto mente. Riguardo agli esempi portati nel primo intervento, farei pertanto una distinzione tra i due passi tratti da questo fòro e l’articolo di Flores d’Arcais.

La discussione per iscritto richiede un sovrappiú di segni grafici che surrogano i segni paraverbali e non verbali della conversazione a quattr’occhi.

A mio parere, questo vale meno per gli articoli di giornale, benché siano destinati alla rete. In questo caso, una maggiore sobrietà gioverebbe, se non altro perché il formato dell’articolo presuppone una maggiore ponderazione e non implica un’interlocuzione diretta con qualcuno.
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Stefano Borselli
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Intervento di Stefano Borselli »

Per favore ditemi se la sto facendo troppo lunga.

Ho letto la voce della Treccani suggerita da Ferdinand Bardamu. «Ha funzione di distanziamento la coppia di virgolette [...] usata per contrassegnare un’espressione non ritenuta appropriata perché di uso settoriale, gergale o dialettale, e di cui è richiesta un’interpretazione ironica, allusiva o in generale di tipo traslato».
Ebbene, mi sembra che, negli esempi, le virgolette per «peso» «indebolimento» «aperte» rientrino tutte nel tipo traslato. Registriamo quindi una crescente difficoltà con le forme metaforiche. Come ci fosse un’incertezza radicale, una paura dell’inevitabile ambiguità della lingua viva. Preoccupante.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Stefano Borselli ha scritto:[M]i sembra che, negli esempi, le virgolette per «peso» «indebolimento» «aperte» rientrino tutte nel tipo traslato. Registriamo quindi una crescente difficoltà con le forme metaforiche. Come ci fosse un’incertezza radicale, una paura dell’inevitabile ambiguità della lingua viva. Preoccupante.
Forse, ma io ci vedo anche del semplice burbachismo terminologico, dettato magari da deformazione professionale [accademica].

Per esempio, indebolimento ha in linguistica (segnatamente, in fonologia diacronica) un significato tecnico ben preciso, che lo scrivente conosceva o di cui conosceva [o supponeva —e, sí, qui un po’ di «paura» c’è ;)] perlomeno l’esistenza: di qui il virgolettato disambiguante.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Infarinato ha scritto:Per esempio, in un fòro come questo (e in generale in tutta la comunicazione elettronica, dai brevi messaggi pubblicati sulle reti sociali alla stessa posta elettronica), dove si discute perlopiú informalmente e assai concisamente (spesso anche animatamente) per iscritto, una virgoletta, un segno d’interpunzione e anche una faccina in piú possono servire a comunicare meglio il tono d’un intervento (la componente pragmatica, insomma), evitando cosí spiacevoli fraintendimenti.

E forse proprio tale [piú o meno impellente] necessità comunicativa spinge oggi a estendere impropriamente tali espedienti espressivi a scritti di carattere piú formale, dove essi costituiscono spesso un abuso.
Proprio per questo, secondo me, occorre prestare molta attenzione all'uso - e all'abuso - di questi segni, proprio per non far perdere loro la forza espressiva.
Nel parlato, in alcuni casi, con l'appoggiatura e con il gesto sottolineo un certo termine, introdotto nel discorso con uso apparentemente improprio ma che, in quel caso, rende l'idea, assume significato proprio in quanto trasferito da altro contesto. Ma non lo faccio a caso, tutte le volte che uso il medesimo termine, o ogni n termini che dico, così, tanto perché dà colore al discorso; sottolineo solo quando noto la necessità di evidenziare questo tipo di uso traslato, applicato a un singolo termine in uno specifico contesto.

Anche nel parlato, a braccio, compio scelte comunicative ben precise. Il fatto che queste scelte siano istintive - perché veniamo al mondo parlando, e non scrivendo - non vuol dire che non ci siano. Tornando alle virgolette, come non ne abuso parlando, così secondo me vanno rispettate nello scritto.

Prendiamo gli esempi fatti: il primo su cui mi cade l'occhio è proprio il già citato "indebolimento".

"A ogni modo, mi riesce difficile pensare che in sciatore vi sia un dittongo. Nel senso che è sicuramente così, ma nel pronunciar la parola non avverto un "indebolimento" d'uno dei due segmenti vocalici. Ma mi rendo conto che è soltanto una questione d'orecchio. "

Siamo in un ambito linguistico, fra addetti ai lavori o fra cultori della materia, e il termine "indebolimento" mi pare sia usato in maniera propria, nel suo significato tecnico.
Quindi, perché virgolettarlo?
Oppure, mi viene da pensare che non sia assolutamente il termine scientifico idoneo, ma un qualcosa che, per scelta espressiva, viene usato impropriamente ("di cui è richiesta un’interpretazione ironica, allusiva o in generale di tipo traslato", recita Treccani), fuori dal suo campo di applicazione normale, ma che si ritiene sia efficace nonostante tutto ciò.

Insomma, se virgoletto ogni volta a caso o a senso, finisco per far perdere forza alle virgolette quella volta che le uso, volutamente, per comunicare fra le righe: "attenzione, sembra che dica una cosa, ma non fermarti alla superficie: esamina bene il contesto e traine il significato vero (ironico, allusivo, gergale etc.)".
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

domna charola ha scritto:"A ogni modo, mi riesce difficile pensare che in sciatore vi sia un dittongo. Nel senso che è sicuramente così, ma nel pronunciar la parola non avverto un "indebolimento" d'uno dei due segmenti vocalici. Ma mi rendo conto che è soltanto una questione d'orecchio."

Siamo in un ambito linguistico, fra addetti ai lavori o fra cultori della materia, e il termine "indebolimento" mi pare sia usato in maniera propria, nel suo significato tecnico.
No, non nel significato tecnico-specialistico che ha in italiano.

E poi l’ho già detto: l’autore del passo citato magari non conosceva il significato tecnico del termine, ma ne conosceva o ne supponeva l’esistenza. Di qui il cautelativo distanziamento.

Come sempre, est modus in rebus: non abusiamo di virgolette, puntini di sospensione o punti esclamativi, ma non abbiamone nemmeno paura, soprattutto in contesti diamesici e diafasici come questo (certi [lunghi] interventi di Cruscate senza nemmeno un corsivo o una coppia di virgolette, con pochi o un solo capoverso sono magmi indistinti quasi impossibili da decifrare). Meglio una virgoletta in piú e un fraintendimento in meno. ;)
domna charola
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Intervento di domna charola »

Non so... io ce l'ho istintivamente con le virgolette perché mi trovo a far correzione di testi in cui magari parlando di geografia trovo frasi tipo:
"La valle del "Sarca" ha un andamento particolare..."
o, in un testo sul costume:
"Tizio indossa una "tunica" bianca"
e così via.
Il Sarca si chiama Sarca normalmente, naturalmente, e le virgolette non vedo perché metterle. Analogamente, una tunica è una tunica, e, a meno che il Tizio non indossi qualcosa di strano che non so come definire, le virgolette sono superflue.
L'impressione che ho è che si virgoletti troppo il termine poco conosciuto, per propria ignoranza della materia e quindi considerandolo come qualcosa di strano, astruso, e si estenda questo uso indiscriminatamente a tutte le parole che non si è sicuri di conoscere bene. Però, in molti casi, questo è un problema personale di chi scrive, non una norma che interessa tutti i lettori.

Non riesco a spiegarmi bene. però più di una volta mi sono imbattuta in virgolette veramente fastidiose, se non addirittura irritanti.
Avatara utente
Stefano Borselli
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Intervento di Stefano Borselli »

domna charola ha scritto:Non riesco a spiegarmi bene, però più di una volta mi sono imbattuta in virgolette veramente fastidiose, se non addirittura irritanti.
domna charola è riuscita a descrivere perfettamente i motivi all'origine di questo filone. Aggiungo un dato quantitativo: sistemando i contributi alla rivista che curo, mi trovo normalmente ad eliminare, col previo consenso degli autori, dal 70 al 100% delle cosiddette virgolette di distanziamento.
Devo dire che qualche autore, ma non tutti, col tempo migliora. Perciò auspico un approfondimento delle cause, anche psicologiche, di questo abuso.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Infarinato ha scritto:Per esempio, indebolimento ha in linguistica (segnatamente, in fonologia diacronica) un significato tecnico ben preciso, che lo scrivente conosceva o di cui conosceva [o supponeva —e, sí, qui un po’ di «paura» c’è ;)] perlomeno l’esistenza: di qui il virgolettato disambiguante.
Noto con piacere che Infarinato ha scandagliato minuziosamente i sentimenti e le ragioni che quel giorno costrinsero il sottoscritto a virgolettare la parola, cogliendo nel segno! :lol: Indebolimento, in quel frangente, esprimeva perfettamente l'idea che avevo in mente, ma non ero sicuro che il termine fosse adatto alla situazione, ché, come s'è visto, ha un significato tecnico preciso. Di qui la necessità di ricorrere alle virgolette, come a dire: non tacciatemi d'eresia se ho usato impropriamente il vocabolo in questione. :D
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