Etimologia

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

Moderatore: Cruscanti

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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie del collegamento!
Adesso ho a disposizione una serie di elementi, assieme ad un po' di libri che ho accumulato.
Cercherò di approfondire l'argomento.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Il collegamento fornito da U merlu ruca' su Alinei è interessante, ma attenzione, la tesi della continuità paleolitica va in una direzione opposta rispetto alle altre ipotesi enunciate ed è quella sì una teoria estremamente controversa e pressoché rigettata da gran parte dei linguisti. Fra l'altro, i suoi assertori sono troppo inclini a ricondurre al paleolitico qualunque cosa, perché le loro affermazioni non possano destare sospetto: si pensi al fatto che riportano al paleolitico anche la linea di confine renano-danubiana fra area celtico-italica e romanza e area germanica, che è spiegabilissima con fatti storici molto più tardi (il confine dell'Impero Romano d'Occidente in età tardo-antica, tanto per fare un esempio banale di spiegazione plausibile).
La teoria della continuità paleolitica cerca di ricondurre le origini indeuropee della più parte delle lingue del continente a un'epoca risalente alla fine del paleolitico superiore, pretendendo per altro che l'indeuropeo fosse una protolingua parlata in Europa qualcosa come oltre trentamila anni fa! Inoltre, se l'ipotesi Venneman sui proto-baschi è considerata controversa da alcuni linguisti, tuttavia ha dalla sua gli studi sulla diffusione delle popolazioni umane nella preistoria, condotti da Luca Cavalli Sforza, che è poi la fonte primaria di quanto qui detto relativamente ai traccianti genetici come marche delle migrazioni umane antiche. Nell'ambito degli studi di paleogenetica umana, l'antichità dei Baschi in Europa è un dato stabilito (fra l'altro contestato dagli assertori della continuità paleolitica), tanto che è usata come pietra di paragone per stabilire l'antichità di altre popolazioni del continente, come avviene nella comunicazione scientifica rinvenibile a questo rimando:

http://emdb.lettere.unige.it/congressi/ ... rabino.htm

Il rimando relativo alle linee migratorie umane fra paleolitico e neolitico in Europa è rinvenibile qui:

http://magazine.enel.it/boiler/arretrat ... europa.asp

Ciò che resta controverso è se la migrazione neolitica, che interessa in particolare il mediterraneo, sia già indeuropea o no, considerando che essa coinvolge aree abitate da popolazioni come quella cretese, la cui lingua, celata sotto la lineare A, è sconosciuta, e la cui religione si ricollega a un mondo di dee madri e di potniai tipicamente pre-indeuropee, almeno stando alla visione tradizionale degli studi. Della lingua cretese alcuni pensano tuttavia che fosse collegabile con lingue anatoliche simili all'ittita e al luvio, considerando la fonotassi delle poche parole leggibili (in particolare toponimi in -so come Ko-no-so e A-mi-ni-so) in lineare A a partire dai quindici sillabogrammi che di essa sono stati decifrati e considerando l'ipotesi che il nome cretese di Creta, conservato come Keftiw nei geroglifici egizi, come Kaptara nei testi cuneiformi mediorientali e come Kaphtor (la terra dei Filistei) nella Bibbia, sembrerebbe riconnettersi alla radice indeuropea della parola per "testa", in una forma non dissimile a quella che assume nelle lingue anatoliche, dove si attua in parte una sorta di rotazione consonantica in certo modo analoga -per pura conincidenza- a quella del germanico, con trasformazione di occlusive in fricative (il nome indica la terra del sacro capitello della colonna che regge il cielo a nord, in mezzo al Grande Verde, cioè al Mediterraneo Orientale).
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

A conferma di quanto dice amicus-eius:
Alinei cita in una sua opera (La teoria della continuità ed alcuni esempi di lunga continuità nel lessico dialettale neolatino) l'esempio delle denominazioni del vomere che nell'Italia nord-occidentale è chiamato massa, mentre dal Panaro ad oriente è chiamato vomere. Alinei riconduce massa a *mattea 'bastone' (il vomere in origine era una specie di bastone di legno) e afferma che senz'altro questo è il tipo più antico, mentre vomere è un'innovazione. Domanda: perché massa dovrebbe derivare da *mattea (con asterisco, quindi forma non attestata!) e non da massa, ben attestato e (ho aperto il Castiglioni Mariotti) con il significato (oltre quello canonico di 'massa, ammasso, blocco, mucchio') anche di 'massa metallica'? Il termine massa potrebbe, quindi, essere stato attribuito quando i primitivi vomeri di legno furono sostituiti da quelli metallici. Nei dialetti nord-occidentali (per es. ligure, piemontese), normalmente, l'esito fonetico è lo stesso, però massa nel senso di 'mazza, bastone' è passato da *mattea a massa attraverso una fase mazza, mentre massa 'vomere', se deriva da massa 'massa metallica', non dovrebbe essere passata attraverso la fase mazza. Vi sono ancora dialetti arcaici che hanno mantenuto la z (cito per la Liguria Castelvittorio, Bajardo, Taggia, Sassello), e che dicono mazza (per 'mazza'). Se per 'vomere' usassero massa, ecco che la teoria di Alinei resterebbe campata per aria. Nel VPL (Vocabolario delle Parlate Liguri) ho trovato una conferma: a Sassello si dice maza per 'mazza' e masa (s sordo) per 'puntale del vomere dell'aratro'.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Conoscevo per sentito dire sia l’ipotesi di Alinei sia alcune delle numerose obiezioni che le sono state mosse. Voglio però studiarmela più attentamente…
amicus_eius ha scritto:3) l'unica traccia genetica significativa, che si irradia dal Caucaso verso i Balcani e verso il bassopiano sarmatico meridionale, risale a settemila anni fa;
amicus_eius ha scritto:Inoltre, se l'ipotesi Venneman sui proto-baschi è considerata controversa da alcuni linguisti, tuttavia ha dalla sua gli studi sulla diffusione delle popolazioni umane nella preistoria, condotti da Luca Cavalli Sforza, che è poi la fonte primaria di quanto qui detto relativamente ai traccianti genetici come marche delle migrazioni umane antiche. Nell'ambito degli studi di paleogenetica umana, l'antichità dei Baschi in Europa è un dato stabilito …
Mi sembra di capire a questo punto che per traccianti genetici lei stia intendendo la distribuzione del fattore Rh…
Se ho indovinato, l’alta percentuale del fattore Rh negativo presente nella zona basca, caucasica e nordeuropea non è spiegabile necessariamente come indizio di un’irradiamento da una zona determinata ma, in alternativa, come relitto di una distribuzione più ampia. In altre parole, tenuta ferma l’antichità dei baschi, i dati genetici non indicano necessariamente che essi si siano mossi provenendo da un’altra zona. Al contrario, le variazioni percentuali del fattore Rh positivo depongono a favore di una irradiazione in Europa delle popolazioni agricole mediorientali.
Non è automatica inoltre nessuna conclusione migratoria neanche dalle somiglianze (non casuali) del vocabolario basco con quello berbero o di alcune popolazioni caucasiche.

Comunque sento la necessità di approfondire i miei studi su questi argomenti. Questa discussione mi è stata di grande aiuto e spero di poter riparlare tra qualche tempo di questi argomenti con una preparazione più solida.

Colgo l’occasione di esprimere a lei e a tutti i partecipanti a questo forum i miei migliori auguri per l’anno nuovo e, se non chiedo troppo, la inviterei a leggere la mia letterina di Natale.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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caixine
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Intervento di caixine »

Buona sera,
provengo dal forum della Crusca, con altro nome, dove ho già avuto il piacere di colloquiare con tutti voi.
Vi ringrazio per l'ospitalità e mi auguro di poter contraccambiare con il mio modesto e costruttivo contributo, da curioso dilettante, alle discussioni.

A proposito di radici linguistiche, che ne pensate del lavoro del filologo Giovanni Semerano, condensato nella sua opera "L'origine della cultura europea" con le sue ipotesi sulle origini (parzialmente) semitiche sia per il basco, per l'etrusco che per il cretese?
Qualcuno di Voi mi può dire qualcosa in merito?

Gentile amicus_eius
La seguo con acuto interesse perché è uno studioso appassionato e valente.

Buon Natale.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
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caixine
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Intervento di caixine »

Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.
Ultima modifica di caixine in data dom, 08 gen 2006 11:42, modificato 4 volte in totale.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
Alberto Pento
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

caixine ha scritto:Mi fa piacere che l'Alinei abbia scoperto e forse anche dimostrato che molti termini delle nostre lingue locali o dialetti discendano direttamente dal "diasistema nostratico prelatino dell'area italica" e non dal latino.
E che il latino stesso derivi (in parte) da quel "diasistema nostratico..." di cui partecipano anche le nostre lingue attuali derivate da quelle/o, per cui si potrebbe quasi, paradossalmente, affermare che sarebbe il latino che deriva (in parte) dalle nostre lingue locali o dialetti e non viceversa.
Non facciamo confusione, Caixine… o meglio: non facciamo dire all’Alinei ciò che non hai mai detto.

Le lingue romanze (cui appartiene la stragrande maggioranza delle lingue parlate in Italia, inclusi francese, catalano, ladino e sardo, che pure appartengono a rami ben separati e diversi da quello cui appartiene la maggioranza dei «dialetti italiani») derivano da, o meglio «continuano» tutte il latino.

[Lingue non romanze parlate in Italia sono, ad esempio, il tedesco, il grecanico e il xoraxané.]

Alinei non mette in discussione nulla di ciò. Semplicemente, per lui gl’Indoeuropei (e, fra questi, ovviamente, i Latini) non sono invasori, ma autoctoni, o per lo meno autoctoni rispetto ad altre popolazioni tradizionalmente considerate tali, quali, ad esempio, gli Etruschi.

A supporto della sua tesi, egli porta, oltre a una serie di testimonianze archeologiche, dati linguistici (di natura prettamente lessicale e/o fonetica) vòlti a dimostrare «l’intrinseca debolezza della cronologia romanza tradizionale». Tutto qui.

Ma dire che, in virtú d’uno sparuto gruppo di vocaboli o fenomeno fonetico di sostrato, una lingua come -che so?- il veneto :mrgreen: non è una lingua neolatina sarebbe come dire che il maltese (lingua semitica) è una lingua romanza per la presenza di numerosi prestiti lessicali italiani; anzi, sarebbe peggio.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Concordo con quanto detto da Infarinato. La teoria della continuità è 'rivoluzionaria' rispetto alle teorie tradizionali. Io non sono in grado di affermare se sia corretta o meno, però ho rilevato (con stupore perché Alinei si definisce prima di tutto un dialettologo), nell'esempio del 'vomere', la mancanza di una approfondita analisi dell'evoluzione fonetica dei dialetti interessati. I liguri, i piemontesi e i lombardi occidentali non sono tornati indietro al 'bastone': semplicemente 'massa' (vomere) non deriva da *mattea bensì da massa latino nel senso di 'massa metallica' (questo, almeno, è il mio parere, fino a prova contraria, ovviamente :wink: ). Su questo argomento mi piacerebbe conoscere il parere di altri utenti.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Piccola aggiunta a quanto ho già detto su massa 'vomere'. Il termine in questione esiste anche in Sicilia (non in tutte le località), non solo nell'Italia Nord-Occidentale:
http://www.gondrano.it/fare/lab/grano/aratri.htm
Gli aratri.
Testo e illustrazioni tratti da: A. Uccello, Civiltà del legno in Sicilia, Cavallotto editore, Palermo, 1992
......Si procede, infine, a modellare, sempre con l'ascia, il dentale, si fa cioè l'ammassatura, in modo che il vomere di ferro, detto massa, vi aderisca perfettamente......
Problema: massa è indigeno in Sicilia o è giunto con i colonizzatori galloitalici (provenienti quasi sicuramente da una zona a cavallo tra il Piemonte meridionale e la Liguria all'incirca nel XII sec.)? Se fosse indigeno, non potrebbe derivare da *mattea perché in Sicilia, non ci sono dubbi, l'esito sarebbe mazza. Probabilmente è arrivato con i coloni gallitalici. Ma, in quell'epoca, il suono era -z- non -s- (come testimonia lo stesso Dante nel De vulgari eloquentia in cui paragona
la zeta dei toscani a quella dei genovesi.
Il brano, tradotto in italiano, suona:
"Se taluno poi stimi ciò che asseriamo dei Toscani non doversi asserire dei Genovesi, questi solo tenga ben presente che, se i Genovesi perdessero per smemoratezza la lettera zeta, dovrebbero o ammutolire del tutto o rifarsi una parlata novella.
È infatti la zeta grandissima parte della loro parlata e questa lettera, appunto, non si pronuncia senza molta asprezza".). Il siciliano avrebbe dovuto tranquillamente conservare mazza con -z- sorda. Questa è un'altra prova che massa 'vomere' deriva da massa e non da *mattea.
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caixine
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Intervento di caixine »

Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.
Ultima modifica di caixine in data dom, 08 gen 2006 11:42, modificato 1 volta in totale.
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Alberto Pento
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Intervento di caixine »

Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.
Ultima modifica di caixine in data dom, 08 gen 2006 11:42, modificato 1 volta in totale.
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Alberto Pento
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Intervento di bubu7 »

amicus_eius ha scritto:...bisogna ricordare che l'indoeuropeo è sin dall'inizio un diasistema, con varianti diacoriche e diatopiche...
Solo una piccola curiosità.
C'è qualcuno che mi sa dire la differenza di significato tra i due termini evidenziati in grassetto?
Ho notato che amicus_eius usa spesso il termine diacorico, termine che non ho trovato in nessun vocabolario. Visto che nell'occasione citata, ripresa dalla seconda pagina di questo filone, il termine è usato insieme a diatopico, immagino che tra i due termini ci sia una differenza di significato che non riesco a cogliere...
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

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Intervento di bubu7 »

u merlu rucà ha scritto:per bubu7:
http://forum.accademiadellacrusca.it/ph ... ighlight=&
Grazie u merlu rucà, ma forse non sono stato sufficientemente chiaro.
Conoscevo la risposta di amicus_eius data nel luogo da lei citato:
Diacorico: che varia da regione a regione (gr. chora: spazio, regione)
Quello che volevo dire è che per il tipo di variazione definito da amicus_eius io avrei usato il termine diatopico.
Non ho mai trovato il termine diacorico, neanche nel dizionario di linguistica curato da Beccaria.
Sarei curioso di sapere se si tratta di un neologismo coniato da amicus_eius e la differenza di significato rispetto a diatopico.
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Infarinato
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«Diatopico»/«diacorico»

Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Sarei curioso di sapere se si tratta di un neologismo coniato da amicus_eius e la differenza di significato rispetto a diatopico.
Un «neologismo coniato da Amicus eius» non è ché da sempre lo usa il Canepàri. ;)

Non m’è chiarissima la distinzione che il nostro Amicus sembra fare tra diatopico e diacorico. Direi, però, che normalmente/etimologicamente diatopico è al contempo piú puntuale e piú generico di diacorico
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