La locuzione "alla sans façon"

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

Moderatore: Cruscanti

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Stephanus
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La locuzione "alla sans façon"

Intervento di Stephanus »

Mi sono imbattutto in questa locuzione francese che ho sentito nella forma (dialettale?) sanfasò (in realtà chi me l'ha detta l'ha pronunciata più o meno così: alla jonfajòn, con pronuncia francesizzante della "j"). Qualcuno sa quando e come questa locuzione è entrata nella nostra lingua? E se ci sono varianti italianizzate della detta locuzione?

Grazie.
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Ferdinand Bardamu
Moderatore
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Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Nel mio dialetto (veronese), esiste, usata in ambito familiare, la locuzione ala sanfasó o ala sanfasón col significato di alla carlona, senza precisione e accuratezza.

La medesima locuzione è diffusa, a quanto ho trovato in Rete, anche in siciliano, in napoletano e in romanesco.

In uno Studi di lessicografia italiana: Volumi 12-13 trovato su Google in visualizzazione frammentaria ho potuto leggere:

sanfasò: nella locuz. avv. alla sanfasò, alla buona, senza cerimonie («noi si diceva alla bona, ma c'era chi diceva alla sanfasòn»)

Come vede, non c'è marca d'uso, cosa che mi fa pensare si tratti d'una forma (quasi) panitaliana, sebbene sia confinata esclusivamente all'uso familiare e colloquiale. Ma manca una porzione significativa di testo prima di quello citato: può darsi che sia catalogato fra i costrutti dialettali.
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u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
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Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

Sono abbastanza vicino alla frontiera francese ma, stranamente, non ricordo questa espressione nel mio dialetto. Chiederò a mio padre, che ha quasi novant'anni.
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Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Il GRADIT registra la sola variante sanfason e rimanda a sans façon. Data la locuzione al 1786 (in «La donna galante ed erudita» di G. Cornoldi Caminer).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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