Perché «olio» e non *«oglio»?

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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ippogrifo
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APPUNTI METODOLOGICI

Intervento di ippogrifo »

u merlu rucà ha scritto:L'esito del latino classico oleum da *elaiwom è parallelo a seu, deus, platea e balneum; in questi ultimi due l'esito è proprio la palatalizzazione che ci attenderemmo anche in *oglio. Forse in oleum (come in deus, dove non si vede perché la vocale tonica è in prima sillaba) l'antica /w/ è rimasta più a lungo - graficamente mimetizzata con /u/ seguente - e ha conservato uno iato che, è vero, oggi non c'è più, ma potrebbe essere stato sufficiente ad impedire la palatalizzazione sia nel ligure sia in italiano. Si tratta ovviamente di un'ipotesi.
Sarei estremamente cauto nell'invocare categorie esplicative che - ad es., almeno secondo la "versione tradizionale" della storia della lingua greca, non erano già più vitali nell'Atene di Pisistrato - VI sec. a. C. - ! :wink: Proprio per rispetto del metodo. Gli studiosi attribuiscono, infatti, all'inconsapevolezza del "digamma" molte incongruenze metriche delle versioni dei poemi omerici redatti in quell'epoca. Ne scrisse anche Ugo Foscolo, nato suddito di Venezia, ma in terra greca e da madre greca, il quale battezzò "Digamma cottage" la sua villa in Inghilterra. I fenomeni linguistici vanno spiegati mediante aspetti attinenti alla loro epoca e al loro contesto specifico. Nel nostro caso, nell'ambito della neo-latinità italiana. Per altro, occorre ricordare che le grafie latine erano notevolmente trasparenti. Non "opache" come quelle del francese o dell'inglese attuali nei confronti dell'effettiva pronuncia. Se i nostri progenitori avessero inteso indicare /'olewa/ al plur., ad es., avrebbero tranquillamente scritto "oleua". Ma così non è stato e si riscontra "olea". Procedendo così, si ritonfa in spiegazioni "ad hoc" . . .
Inoltre, non risulta mai metodologicamente accettabile invocare lo stesso principio esplicativo per il ligure e l'italiano. La preminenza della nostra lingua - l'italiano - è dovuta ad aspetti culturali e politici, ma "in origine" la genesi e la perigenesi delle due varietà linguistiche avvennero in parallelo. Altrimenti, non si sarebbero avuti due sistemi linguistici distinti - con inventari fonetici distinti et c. - che vanno approcciati con categorie esplicative differenti. Altrimenti, si rischia di non capirci più nulla. :wink:
PaDaSu
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Re: Perché «olio» e non *«oglio»?

Intervento di PaDaSu »

u merlu rucà ha scritto:L'esito del latino classico oleum da *elaiwom...
Beato lei che ha certezze! Da parte mia solo dubbi e non pochi.

Questo non è un foro di latino e prenderò le meritate bacchettate dall'amministratore, ma talvolta per attraversare a piedi asciutti il ruscello dobbiamo tentare di trovare le pietre, seppure esistano.

Sappiamo che il greco elaiwon (dove ho riportato come w il suono del digamma greco) poi svoltosi in elaion, deriva dal greco miceneo erawo.
In etrusco antico (metà del VII secolo a.C.) si ha eleiva (il suono è quello del digamma etrusco nel VII secolo a.C.) per oliva e eleivana in pertinentivo con il significato: di oliva.
Ma nella Tabula Cortonensis (inizio II secolo a.C.) ci si trova di fronte ad un eliunt con molto probabile significato di ulivicoltore.
Il nesso etrusco -LEI- si è trasformato in -LIU-, che appare prossimo al latino -LEU-.

Il fatto che il nesso -LIU- si ritrovi nell'italiano odierno è solo una coincidenza dovuta alla brevità del termine.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Le mie sono solo ipotesi, non certezze assolute. Del resto le ipotesi possono essere confermate o smentite, anzi sono fatte apposta. Quanto al fatto che si tratti di soluzioni ad hoc, mi sembra che nessuno abbia proposto una soluzione che non sia ad hoc: cultismo, per evitare omofonie ecc.
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Re: APPUNTI METODOLOGICI

Intervento di u merlu rucà »

ippogrifo ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:L'esito del latino classico oleum da *elaiwom è parallelo a seu, deus, platea e balneum; in questi ultimi due l'esito è proprio la palatalizzazione che ci attenderemmo anche in *oglio. Forse in oleum (come in deus, dove non si vede perché la vocale tonica è in prima sillaba) l'antica /w/ è rimasta più a lungo - graficamente mimetizzata con /u/ seguente - e ha conservato uno iato che, è vero, oggi non c'è più, ma potrebbe essere stato sufficiente ad impedire la palatalizzazione sia nel ligure sia in italiano. Si tratta ovviamente di un'ipotesi.
Sarei estremamente cauto nell'invocare categorie esplicative che - ad es., almeno secondo la "versione tradizionale" della storia della lingua greca, non erano già più vitali nell'Atene di Pisistrato - VI sec. a. C. - ! :wink: Proprio per rispetto del metodo. Gli studiosi attribuiscono, infatti, all'inconsapevolezza del "digamma" molte incongruenze metriche delle versioni dei poemi omerici redatti in quell'epoca. esplicative differenti.
Bisogna partire dal presupposto che il greco antico che si studia nei licei è fondamentalmente l'attico con qualche spruzzata di ionico. In questi dialetti il digamma è scomparso precocemente, ma in altri, fra cui il dorico, il digamma è rimasto e se ne trovano tracce ancora oggi, per esempio nello zaconico, unica parlata greca attuale che non discende dalla koinè di base ionico-attica.
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TERMINOLOGIA

Intervento di ippogrifo »

u merlu rucà ha scritto:Le mie sono solo ipotesi, non certezze assolute. Del resto le ipotesi possono essere confermate o smentite, anzi sono fatte apposta. Quanto al fatto che si tratti di soluzioni ad hoc, mi sembra che nessuno abbia proposto una soluzione che non sia ad hoc: cultismo, per evitare omofonie ecc.
Mi pare che - sia pure con tutta la buona volontà reciproca - non ci si riesca a intendere sui termini. Che olio - in italiano - sia voce dotta o semidotta, se si preferisce - è autoevidente. Ciò che risulta meno evidente è il perché né gli studiosi ce lo spiegano. D'altronde, risulta ovvio che una voce dotta possiede - in parte - caratteristiche proprie tipiche del sistema linguistico d'origine. Così è per glaciazione, pluviale, clero rispetto, ad es., a ghiaccio, pioggia e - che so? - chierichetto. Sotto codesto aspetto l'italiano - e non solo - risulta quasi lingua "duplice". In codesti casi le motivazioni socio-linguistiche risultano del tutto autoevidenti. In nessuna di codeste considerazioni risultano implicate ipotesi "ad hoc". L'ipotesi "ad hoc" si configura quando s'ipotizza - ad es. - che si sia avuto olio in virtù di particolari caratteristiche - non dimostrabili né generalizzabili - dell'originario "oleum" e non confermate da nessun altro rappresentante della stessa "classe" di appartenenza del vocabolo in questione. Codesta sì che sarebbe un'ipotesi "ad hoc". No, non tutte l'ipotesi, quindi, sono eguali. Un'ipotesi deve poter spiegare un'ampia generalità di casi in subordine ad alcuni criteri unificanti. Non può sorgere per spiegare - senz'alcuna possibile riproducibilità - una singola eccezione, mentre tutte le altre voci analoghe presentano esiti diversi. Così sarebbero capaci tutti . . . Il foro sta procedendo in modo corretto: posto che olio è forma dotta - dato oggettivo - cercarne, se possibile, una motivazione adeguata. "Cultismo" per olio non rappresenta affatto ipotesi "ad hoc", ma semplicemente l'"etichetta" appropriata per "classificare" il dato reale. Che induce a ricercare un livello esplicativo ulteriore di carattere "socio-linguistico".

P.S. sul ligure:

io non mi permetto di criticare nessun contributo. Mi sono soltanto mostrato critico nei confronti di alcuni autori. Quando l'Azzaretti che lei implicitamente cita formula la sua ipotesi sulla voce olio contraddice se stesso, perché non si rende conto che la voce in questione dovrebbe aver subito una metatesi. Proprio quella che l'autore ipotizza per tutti i casi in -řj-. Ma se fosse d'interesse, se ne dovrebbe parlare in un altro filone per correttezza metodologica e chiarezza espositiva.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Quello che mi riesce difficile è considerare olio come un cultismo. Ci sono indubbiamente cultismi nei dialetti liguri, ripresi dal lessico notarile (scitu "appezzamento di terra"), ecclesiastico (diavu "diavolo"), medico (pecùndria "ipocondria, malinconia"), ma olio mi sembra impossibile che possa essere considerato un cultismo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Oleoso è indubbiamente un cultismo; olio no, o non del tutto. Ma è tuttavia abbastanza chiaro che la sua evoluzione fonetica dal latino OLĔUM è incompleta, talché la parola si trova a metà strada fra l’origine e l’esito atteso *oglio.

Rohlfs mette olio accanto a quelli che paiono cultismi a tutti gli effetti, cioè Sicilia, palio, Italia, Emilia. Oltre a non sceverare il caso di olio dagli altri, Rohlfs pare contentarsi dell’ipotesi «latineggiante», e pure il Guarnerio, citato sopra da Infarinato, non va piú in là della semplice constatazione: «[Q]uesto vocabolo [huile], in pressochè tutto il territorio romanzo, mostra delle forme senza il l palatalizzato, come si staccassero da *OLE[Ŭ] […]». Spiegare quest’eccezione con ipotesi che non siano ad hoc pare molto difficile… :roll:
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Se il ligure presentasse una forma *olju, ricorrere al cultismo sarebbe inevitabile, ma il passaggio -l- > -ř-, per me, esclude l'ipotesi del cultismo a meno di non ipotizzare l'introduzione del cultismo nel periodo tra il termine del passaggio -lj-> -ʎ/ʤ e l'inizio di quello -l- > -ř-.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Il Devoto nega l'ipotesi che olio sia un cultismo; riporto quanto scrive nel suo avviamento all'etimologia italiana.
Giacomo Devoto ha scritto:olio (non *oglio), lat. olěum, dal gr. élaion appartenente allo strato (più recente) di dialetti ion. che, spec. da Cuma, hanno diffuso la tecnica della lavorazione delle olive. Il passaggio da el a ol è regolare perché la l- non è seguita da -i-. La quantità breve all'interno (cfr. invece la lunga in olivum) è dovuta alla sua posizione antevocalica; v. OLIVA, OLIVO.
E più sotto...
Giacomo Devoto ha scritto:oliva, lat. oliva, dal greco elaíwā 'olivo' e 'oliva', appartenente allo strato linguistico più ant. dei grecismi it., arrivato per via di terra, prob. da Taranto, attraverso dialetti dor. che hanno conservato più a lungo il digamma (-w-). Il dittongo -ai- è passato regolarm. in -ī- in sill. interna.
Ultima modifica di Carnby in data sab, 10 mag 2014 21:11, modificato 1 volta in totale.
ippogrifo
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CULTISMO?

Intervento di ippogrifo »

Sia gentile. Mi sono perso. Non riesco a vedere dove l'autore neghi. I nostri amici ragionavano di cultismi rispetto all'origine latina. E il Devoto scrive "olio (non *oglio)".
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Carnby
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Re: CULTISMO?

Intervento di Carnby »

ippogrifo ha scritto:Sia gentile. Mi sono perso. Non riesco a vedere dove l'autore neghi. I nostri amici ragionavano di cultismi rispetto all'origine latina. E il Devoto scrive "olio (non *oglio)".
Per il semplice motivo che in entrambe le voci scrive «lat. olěum» e «lat. oliva»; per i cultismi scrive sempre «dal lat.» ecc.
ippogrifo
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Re: CULTISMO?

Intervento di ippogrifo »

Carnby ha scritto:
ippogrifo ha scritto:Sia gentile. Mi sono perso. Non riesco a vedere dove l'autore neghi. I nostri amici ragionavano di cultismi rispetto all'origine latina. E il Devoto scrive "olio (non *oglio)".
Per il semplice motivo che in entrambe le voci scrive «lat. olěum» e «lat. oliva»; per i cultismi scrive sempre «dal lat.» ecc.
Premesso che non conosco l'organizzazione del testo del Devoto, dato, però, che scrive "olio (non *oglio)", evidenziando così che non si raggiunge completamente l'evoluzione linguistica prevedibile, non mi pare che denoti una conclusione sostanzialmente diversa da quella dei nostri amici.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Carnby ha scritto:Il Devoto nega l'ipoetsi che olio sia un cultismo; riporto quanto scrive nel suo avviamento all'etimologia italiana.
Giacomo Devoto ha scritto:olio (non *oglio), lat. olěum, dal gr. élaion appartenente allo strato (più recente) di dialetti ion. che, spec. da Cuma, hanno diffuso la tecnica della lavorazione delle olive. Il passaggio da el a ol è regolare perché la l- non è seguita da -i-. La quantità breve all'interno (cfr. invece la lunga in olivum) è dovuta alla sua posizione antevocalica; v. OLIVA, OLIVO.
E più sotto...
Giacomo Devoto ha scritto:oliva, lat. oliva, dal greco elaíwā 'olivo' e 'oliva', appartenente allo strato linguistico più ant. dei grecismi it., arrivato per via di terra, prob. da Taranto, attraverso dialetti dor. che hanno conservato più a lungo il digamma (-w-). Il dittongo -ai- è passato regolarm. in -ī- in sill. interna.
La quantità breve in olěum, secondo Devoto, è dovuta alla posizione antevocalica, mentre la lunga di oliva è dovuta alla posizione davanti a -w-. Ma se la forma originaria fosse élaiwon, dorico, anziché cumano-ionico élaion, allora dovremmo avere -ī-. Non è che ci siano state forme che derivavano dal dorico, non documentate, ma che coesistevano, a livello parlato, con quelle derivate dal cumano o comunque da dialetti che avevano perso il digamma? Non ci sarebbe nulla di strano, considerando che nel meridione ci sono molti termini derivati dall'osco e non dal latino. Potremmo avere una trafila:
élaiwon > oliwom > olivum > olio (con caduta tardiva di -v- avvenuta quando l'evoluzione -lj- > -gl- si era conclusa).
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ippogrifo
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IPOTESI "AD HOC"

Intervento di ippogrifo »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Oleoso è indubbiamente un cultismo; olio no, o non del tutto. Ma è tuttavia abbastanza chiaro che la sua evoluzione fonetica dal latino OLĔUM è incompleta, talché la parola si trova a metà strada fra l’origine e l’esito atteso *oglio.

Rohlfs mette olio accanto a quelli che paiono cultismi a tutti gli effetti, cioè Sicilia, palio, Italia, Emilia. Oltre a non sceverare il caso di olio dagli altri, Rohlfs pare contentarsi dell’ipotesi «latineggiante», e pure il Guarnerio, citato sopra da Infarinato, non va piú in là della semplice constatazione: «[Q]uesto vocabolo [huile], in pressochè tutto il territorio romanzo, mostra delle forme senza il l palatalizzato, come si staccassero da *OLE[Ŭ] […]». Spiegare quest’eccezione con ipotesi che non siano ad hoc pare molto difficile… :roll:
Premesso che condivido tutte le considerazioni linguistiche esposte, permane in me il dubbio che non stiamo utilizzando il concetto di "ipotesi ad hoc" nello stesso modo. Lei ha anche visto la fatica nell’allineamento terminologico col Merlo. Premesso che, ovviamente, non sono un epistemologo, tento di fare chiarezza. Soprattutto nelle mie idee. Ciò che è fondamentale chiarire consiste nel fatto che un’ipotesi “ad hoc” NON è un’ipotesi “specifica”. Certamente non è tale in epistemologia né in filosofia della scienza. “Bignamizzando” brutalmente, un’ipotesi “ad hoc” non può essere accettata come scientifica perché non risulta essere “falsificabile”.

Se uno studioso scopre un documento venusiano in cui si riscontra la voce “marò” e risolve così il caso, egli formula un’ipotesi - specifica e non “ad hoc” - perfettamente scientifica. Infatti, ciò potrà tranquillamente consentire che una successiva scoperta di un documento marziano più antico ancora attribuisca a questa seconda lingua l’origine del vocabolo. Si tratta d’ipotesi “specifiche”, non “ad hoc” - almeno nel linguaggio scientifico che, forse, anche in questo caso, può differire dall’uso comune -.

Se s’ipotizza una motivazione riscontrata valida - almeno fino al riscontro di una prova migliore - per spiegare la mancata completa evoluzione di olio, si formula un’ipotesi specifica, perfettamente accettabile e non “ad hoc” nell’accezione scientifica negativa del termine.

Il significato scientifico di “ad hoc” implica inaccettabilità scientifica, non specificità.

Sarebbe “ad hoc” - invece - se si stabilisse, ad es., che olio non ha completato il suo iter - dibattito col Merlo - in virtù di caratteristiche specifiche - qualunque esse siano - dell’antecedente “oleu(m)” non dimostrabili né negabili e che questo antecedente non condivide con nessuno dei vocaboli a lui simili che hanno - invece - avuto esito dimostrabilmente diverso. Perché si tratterebbe di una condizione che mai nessuno potrebbe sottoporre ad alcuna verifica “sperimentale”/oggettiva e di cui mai nessuno potrebbe riuscire a provare - ad es. - la falsità oggettiva.

Questo è quanto ci dice la scienza, anche se - messaggi scambiati col Merlo - molti autori di linguistica non si rendono nemmeno conto di ciò di cui si sta trattando.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie della precisazione, ippogrifo. Effettivamente ho impiegato un’espressione inappropriata.
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