«Castoro» e dintorni

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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u merlu rucà
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«Castoro» e dintorni

Intervento di u merlu rucà »

Il termine della lingua letteraria italiana (e francese, spagnola, portoghese) deriva dal greco κάστωρ, forma del tutto isolata nel panorama delle lingue indoeuropee, che presentano compattamente esiti da un indoeuropeo *bhebhru- con raddoppiamento di *bher- “bruno” (antico germanico *beƀruz; antico celtico *bebro; slavo comune bebrŭ; avestico bawra). κάστωρ viene fatto derivare o, almeno, accostato al sanscrito कस्तूरी kastūrī “muschio” (nel senso di profumo). Per contro alcuni ritengono che sia il sanscrito a derivare dal greco. Potrebbe, invece, trattarsi di un termine straniero. La maggior parte delle pelli di castoro proveniva dal Ponto, quindi è ipotizzabile un prestito da una delle lingue di quella regione (che si affacciava sul Mar Nero). Un termine indigeno per castoro potrebbe essere stato λάταξ (ὥσπερ ἐνυδρὶς καὶ λάταξ καὶ κροκόδειλος “come la lontra, il castoro e il coccodrillo” in Aristotele) da una radice indoeuropea *lat- “umidità, acquitrino”. Il latino, nel corso della sua storia, presenta quattro termini (di cui i primi tre da *bhebhru- ) per indicare il castoro: fiber; feber; beber/biber; castor. Il primo è sparito dall’uso abbastanza presto; compare per la prima volta in un verso di Plauto conservato da Festo, poi in Columella, Seneca, Plinio, Silio, infine viene confinato presso i glossatori. Feber è una variante dialettale di fiber, probabilmente di origine sabina, usata da Varrone e Fedro. Beber (e biber Polemius Silvius) compaiono nel tardo latino (V/VI sec.) e derivano da una voce gallica *bebros (o, a mio parere, eventualmente ligure, in quanto molto simile al gallico). Castor compare a partire da Cicerone e finirà per imporsi nell’italiano letterario, mentre nei dialetti centrosettentrionali esistevano forme derivate da beber/biber (a.lucc. bievora f. ‘castoro’ (av. 1424, LEI),
a.vén. bieveri pl. (LEI), a.it. bievero m. (1313, LEI), it. bevero (1468, LEI). La definitiva scomparsa del castoro (probabilmente nel XVI sec.), e, di conseguenza, delle forme dialettali settentrionali, ha certamente favorito l’affermazione di castoro. La stessa cosa deve essere avvenuta anche in Spagna e Portogallo, che presentano oggi castor anziché befre/bebaro e veiro. Più difficile da spiegare l’affermazione in francese, in quanto il castoro sopravvive ancora oggi in alcune zone della Francia con relative denominazioni dialettali, in particolare provenzali.

Bibliografia
  • Sindou Raymond, «Pour servir a l’histoire des noms du castor dans la Romania», Revue de linguistique romane, 1957
  • M.T. Antunes, «Castor fiber na gruta do Caldeirão. Existência, distribuição e extinção do castor em Portugal»
  • www.atilf.fr/FEW
Largu de farina e strentu de brenu.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Qui il castoro è ormai estinto, tuttavia c'è la nutria, di aspetto apparentemente simile tranne per la coda, lunga e affusolata come quella di un ratto.
Nutria però è un nome, per così dire, improprio, dato che è la versione spagnola di lontra. Alcuni preferiscono castorino, che è il nome anche dato alla pelliccia della nutria, così come il lapin è la pelliccia di coniglio. Su un libro degli anni '70, tradotto dall'inglese, ho trovato addirittura coypu, che è la versione inglese di origine spagnola, a sua volta presa dal mapuche.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:Qui il castoro è ormai estinto, tuttavia c'è la nutria, di aspetto apparentemente simile tranne per la coda, lunga e affusolata come quella di un ratto.
Nutria però è un nome, per così dire, improprio, dato che è la versione spagnola di lontra.
Ma c'è ancora la lontra? Qui da me c'è un pozzo, detto "della lontra" che mi suggerisce una sua presenza per lo meno in tempi passati.
Avatara utente
Carnby
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Intervento di Carnby »

valerio_vanni ha scritto:Ma c'è ancora la lontra? Qui da me c'è un pozzo, detto "della lontra" che mi suggerisce una sua presenza per lo meno in tempi passati.
Un tempo la lontra era diffusa in tutta l'Italia continentale e peninsulare; secondo Corbett e Ovenden (a cura di Pandolfi) dovrebbe essere sempre presente in qualche zona alpina, intorno a Comacchio, nella Toscana amiatina e Lazio settentrionale, alcune stazioni isolate di Abruzzo, Molise e Puglia e tra Salerno, Potenza e Calabria settentrionale. In ogni caso, non ci sono toponimi nella mia zona facilmente associabili alla lontra.
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