"Considerazioni" sulla lingua italiana

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

Moderatore: Cruscanti

amicus_eius
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Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Cerchiamo allora di ricondurre il discorso all'interno dei temi di pertinenza.

Onestamente, io che la scuola la vivo dall'interno, come insegnante di italiano (e di un altro paio di materie altrettanto famigerate, ma di azione distruttiva più circoscritta, rispetto alla matematica), non nutro particolare amore per le riforme che hanno segnato l'ultimo ventennio della scuola italiana. In particolare, l'articolo di Berlinguer, uno dei corresponsabili del degrado attuale, appare semplicemente come l'imparaticcio mal scritto di un politicante, che nel mondo post-sovietico ha cercato di tradurre nel vecchio linguaggio della massificazione totalizzante, l'idea della massa in eccesso, strisciante nel rampantismo del nuovo linguaggio delle cosiddette identità forti e delle presunte eccellenze.

Ma qui non è questione di paraventi ideologici, o di teorie didattiche. In generale, il clima che si avverte nella scuola è quello di un depauperamento di risorse, accanto a una mancanza di orientamenti riconoscibili. Al di là dei proclami dei ministri che si avvicendano sulla gran cattedra d'Italia, ciò che rimane, per chi vive la situazione dall'interno, è il delinearsi di un progressivo scadimento di qualità, specialmente in aree del Paese ormai abbandonate alla deriva di un degrado sistemico radicato.

Tornando alle vecchie dieci tesi (e a quello che più ci interessa, al di là degli scoppi d'ira e delle parolacce, che alla lunga lasciano francamente ristucchi) nel frattempo, per quanto riguarda le grammatiche italiane, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Intanto, cominciamo col dire che le vecchie dieci tesi, quando attribuiscono alla pedagogia tradizionale la ruminazione di un Aristotele mal digerito, errano del tutto, nel momento in cui ignorano che molto di quelle grammatiche è una vulgata linguistica cavata da una ricca tradizione che va dagli stoici fino alla logica di Port Royal. In secondo luogo, la stigmatizzazione negativa di questa tradizione è in buona sostanza ciucceria allo stato puro, nel momento in cui il documento della vetero-ideologia didattichese anni Settanta del secolo breve ignora la forte rilevanza che le tradizioni di ricerca antiche e medievali in ambito grammaticale e logico, a partire da Aristotele e dalle grammatiche sanscrite, rivestono nella storia della linguistica occidentale intesa come scienza.

Il fatto che all'ultimo convegno in merito ci fossero solo cinquantenni, che il pensionamento se li porti davvero in fretta, è forse un segno di vitalità latente. In mancanza di spazi per esprimersi, dato che li hanno occupati tutti i gerontocrati della nostra cosiddetta intellighenzia, decoro e mente al bello italo regno, l'indifferenza verso i dieci (o dodici) comandamenti di certi "saggi" è forse l'indizio di un sano, serpeggiante rifiuto per soluzioni che, piovute dall'alto, hanno prodotto, nello specifico, non altro che nuove grammatiche, queste sì imparaticci mal digeriti, che propongono a studenti sempre più condizionati da modelli impropri, una sorta di pastiche non ben definito, fra Saussure e la linguistica generativo-trasformazionale. Testi simili, che oscillano a tratti fra il compendio universitario e le scienze di Topolino, vengono poi calati nei sempre più evanescenti e vacui "momenti di riflessione sul linguaggio verbale" (per quanto riguarda le medie inferiori) e nelle sempre più caotiche ore di italiano di bienni superiori, in cui il poco tempo rimasto va impiegato per recuperare ciò che il vuoto della scuola media inferiore post-riforma dei cicli ha cancellato. Nel frattempo, il contesto esterno alla scuola della demotivazione e del disinteresse continua ad agire, con una vera e propria Verfuehrung, a tutti i livelli. In una lingua che sa di poco, ed è usata male, si parla di oroscopi, di pupe e secchioni, di briatori, di paparazzi in galera per ricatto, e si diffondono, fra ipocrisia dogmatica e declassamento della conoscenza, tante piccole grandi catastrofiche bugie: dalle sciocchezze razzistiche di certo insularismo provinciale, agli articula fidei precopernicani di certa gerarchia religiosa.

Forse la discussione va davvero chiusa. Ma non perché siamo fuori tema, poiché in linea di principio la lingua riflette in modo olistico, anche se non sempre trasparente, l'integralità di una dimensione antropologica. La discussione va chiusa, perché né le teorie didattiche mal digerite dai politicanti, né l'intrinseca doppiezza che le tante riforme e riformine della scuola mostrano, al di sotto dell'efficientismo del didattichese e di certi salutismi sociali dell'ultim'ora fondati su nulla, né i documenti "innovativi" nati morti già al tempo della loro formulazione, né le desolate, e demagogiche, constatazioni a danni fatti, possono dirci qualcosa di veramente rilevante su alcunché, né in campo linguistico, né in altro ambito di quel poco che, fra l'analfabetismo scientifico della locale post-filosofia, i dogmi dei fideismi e il pressappochismo delle nostre deboli politiche culturali, ancora sopravvive in Italia delle conoscenze e della coscienza critica occidentali.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Bentornato, caro amicus. :)

Devo confessarle però che a queste geremiadi preferisco i suoi interventi su temi più specificamente linguistici; interventi che non hanno mai mancato d'insegnarmi qualcosa.

Spero di ritrovarla presto in altre discussioni di questo forum. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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