italiano lingua immobile

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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atticus
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italiano lingua immobile

Intervento di atticus »

Che la lingua italiana scritta e parlata vada degradando è opinione comune. Basta leggere gli interventi degli utenti il Forum dell'Accademia della Crusca sul tema Morbus anglicus.
Orbene, a mio parere, il fenomeno di cambiamento (meglio sarebbe dire "di scadimento") è fisiologico per due motivi:
a lungo l'italiano è stato una lingua non debole, come qualcuno ha scritto, ma immobile e conservatrice (la grammatica, per esempio, nell'arco di sette secoli ha visto pochi mutamenti);
la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione ha portato la lingua parlata là dove una volta essa non giungeva.
Proprio perché immobile, a un certo punto, con l'italianizzazione di massa favorita dalla scolarizzazione di massa, l'italiano ha principiato ad assorbire termini e locuzioni che prima respingeva, o cui resisteva meglio (vedi i vari purismi).
Il passo successivo verso lo scadimento ha coinciso con l'èra televisiva: mentre cinquant'anni fa, per imparare l'italiano, bisognava portarsi in luoghi come la scuola, dove ci si esprimeva correttamente; in seguito, è bastato accendere il televisore per sentir parlare italiano (O. Castellani Pollidori). Un certo italiano. Un italiano diverso da quello che si apprendeva a scuola: un italiano parlato da conduttori, da giornalisti, da uomini di sport, dalla pubblicità, nei film.
Pertanto, è cambiato il modello di lingua da apprendere e da parlare. E l'italiano da immobile s'è fatto instabile.
Prendiamo il caso dei giovani.
Una volta - e penso ai primi anni Sessanta, quando frequentavo il Liceo - la disobbedienza linguistica risultava un fatto alquanto eccentrico: ci si adeguava, per lo piú, all'italiano dei libri per lo scritto, all'italiano degli adulti per il parlato (E. Banfi); attualmente, l'industrializzazione prima e la globalizzazione dopo hanno dato luogo a un unico gusto, anche in fatto di lingua. In pratica è nato un unico linguaggio e, per conseguenza, un incontro di lingue (tra cui campisce l'inglese) che ha condotto alla babele delle lingue.
L'italiano, lingua conservatrice, ha patito piú di altre tale confusione, dal momento che aveva accolto poco o punto i cambiamenti, fino a quando le circostanze glie l'avevano permesso.
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Per molti aspetti l'intervento di Atticus coglie nel segno. Noi riusciamo a capire Dante e Boccaccio servendoci di un ristretto apparato di note. Ad esempio, la traduzione del Boccaccio da un italiano all'altro, ad opera di Busi, ha in buona sostanza lasciato il tempo che ha trovato (può essere interessante come divertissement stilistico nell'ambito della scrittura di Busi stesso, al limite...). Un francese del XXI secolo non ha propriamente la stessa fortuna (se fortuna si può chiamare), con il Roman de la Rose; se poi ci mettiamo nell'ottica di un inglese che approccia Chaucer, o addirittura il Beowulf, peggio che andar di notte.

Il problema sta forse nel far sì che la vecchia lingua, vagamente artificiale (appena risciacquata nell'Arno ottocentesco), della tradizione dotta, non ceda il posto a una totale disidentificazione linguistica.
Avatara utente
u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 1337
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

Quando cresce il numero dei parlanti, cresce proporzionalmente la possibilità di introduzione di varianti, individuali o di particolari gruppi, e, di conseguenza, viene accelerato il processo di cambiamento ed evoluzione di una lingua. All'inizio del XX secolo forse un 10% della popolazione (e, probabilmente, è una stima ottimista) era in grado di esprimersi più o meno correttamente in italiano. Bisogna anche tener conto che, pure le persone colte, abitualmente, parlavano dialetto. Le occasioni per l'uso dell'italiano erano, pertanto, limitate e molto 'ufficiali'.
Un confronto interessante potrebbe, comunque, essere quello con l'ebraico, che, da lingua morta (già Gesù parlava aramaico), o, meglio, solamente liturgica, è diventato nuovamente lingua parlata. Non saprei, però, citare bibliografia adeguata.
Uri Burton
Interventi: 235
Iscritto in data: mar, 28 dic 2004 6:54

DANTE

Intervento di Uri Burton »

amicus_eius ha scritto:Noi riusciamo a capire Dante e Boccaccio servendoci di un ristretto apparato di note.
La presenza d’un ellenista come Amicus «in piazza» è sempre un piacere, e non lo dico certo perché in un altro intervento ha avuto la bontà di trovarmi spiritoso.
Per tornare a Dante, penso che possano interessare (1) questo articolo dell’Economist che ricalca il giudizio di Thomas Eliot (tra i due sommi non c’è un secondo: la Divina Commedia da sola vale l’opera omnia di Shakespeare) e (2) questa lettura narratologica d’un brillante studioso norvegese.
Uri Burton
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