Ancora sul valore passivo del participio passato: aiuto!

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Ladim
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Intervento di Ladim »

Non ho sottomano la sua grammatica; ma [domanda] non può essere che il Serianni proponesse appunto un'interpretazione 'assoluta'? In questo caso il participio veicolerebbe 'anche' una forma passiva: interpretando la participiale manzoniana come assoluta, cambia il soggetto dell'infinitiva e spunta fuori un 'agente' (per noi, l'indizio della forma passiva) impersonale.

Renzi fa giustamente notare che un accusativo richiede un nominativo che svolga anche la funzione di agente (altrimenti avremmo un caso obliquo).

Dardano-Trifone ci spiega che cos'è un participio assoluto.

Tutti e tre vanno d'accordo: basta metterli insieme con ordine.

Insomma: per capire se la forma del verbo è passiva, bisogna guardare l'agente (e non il modo o il tempo verbale: ché «sono guardato» è forma passiva di un tempo presente): se coincide con il soggetto grammaticale, abbiamo una forma attiva, altrimenti: passiva.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ladim ha scritto:Non ho sottomano la sua grammatica; ma [domanda] non può essere che il Serianni proponesse appunto un'interpretazione 'assoluta'?
Certo che è così.
Quell'esempio è riportato proprio nel paragrafo in cui il Serianni tratta del participio assoluto (XI.415) e, come dicevo in un mio precedente intervento, il Serianni invita a intendere il participio nel valore passivo.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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bartolo
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Intervento di bartolo »

Serianni:
«Caratteristici i participi passati assoluti, ossia con un soggetto diverso da quello della reggente (nel caso di un verbo transitivo, si intenda il participio nel valore passivo): "il signore entrò, e data un'occhiata per la camera, vide Lucia rannicchiata nel suo cantuccio e quieta" (Manzoni, I Promessi Sposi, XXII 4; =essendo stata data un'occhiata».

Dardano-Trifone:
«Superato questo problema, tutto si aggiusterà.
In questo esempio il participio ha un suo soggetto ("questo problema") diverso dal soggetto della principale ("tutto") rispetto alla quale è sintatticamente autonomo; si chiama perciò participio assoluto (dal latino absolutus 'sciolto').
Non è più assoluto quando il soggetto è lo stesso: vinti dalla stanchezza, si misero a dormire».

Renzi:
«(492) La porta restò chiusa per molti anni.
Il participio passato usato nella costruzione assoluta ha interpretazione attiva e non passiva, come mostra l’uso del clitico accusativo:
(493) Una volta chiusa la porta, Piero si allontanò. / Una volta chiusala, Piero si allontanò».

Eccoli in fila.
Ladim
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Intervento di Ladim »

In questo caso (e alludo al passo del Serianni, ché il resto è pacifico), se un verbo transitivo indica un'azione attraverso un participio assoluto, sì, la forma non può essere che passiva: l'«occhiata [soggetto] data» ci indica l'esperiente, e non l'agente (se l'azione ricade sul soggetto, va da sé che da qualche parte vi deve pur essere 'chi' compie [logicamente] l'azione – per la forma attiva: «cessato [intr.] il temporale [soggetto=agente], partimmo per casa»).
E l'«interpretazione», allora, l'unica possibile, è quella di Serianni (altro che 'economia'!).
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bartolo
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Intervento di bartolo »

Chiedo scusa se insisto, caro Ladim, ma forse non ho capito le intenzioni del Renzi, che, repetita iuvant al tardo sottoscritto, recita:

«Il participio passato usato nella costruzione assoluta ha interpretazione attiva e non passiva, come mostra l’uso del clitico accusativo:
(493) Una volta chiusa la porta, Piero si allontanò. / Una volta chiusala, Piero si allontanò».

Domando: l'affermazione del Renzi non si riferisce forse alla prima delle due frasi esemplificative e non usa forse la seconda come "chiarificazione" dell'asserzione da me evidenziata in grassetto? Se così fosse - e continuo senz'altro a non comprenderla, ottimo Ladim - il Renzi non sta forse dicendo che quel participio può essere interpretato (ché è solo questo che mi interessa: la possibile e corretta interpretazione "attiva" del participio assoluto) attivamente ("Dopo che ebbe chiuso la porta, Piero si allontanò»)?

Grazie :cry:
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Bue ha scritto:Scusate l'ennesimo intervento guastafeste, ma seriamente mi chiedo: qual è l'utilità vera di aver stabilito se il valore di un dato participio assoluto sia attivo o passivo?
Cambia qualcosa nelle regole sintattiche effettive, ossia sulle costruzioni ritenute o no accettabili?
O è solo una questione di puntiglio classificatorio?
Grazie

PS la mia era una domanda seria, ma vedo che è stata ignorata. Ho tolto la battuta giocosa, sperando fosse quella a non farmi prendere sul serio.
Ah, allora non stavi scherzando!
Ma il patto non era che parlavi seriamente solo se lo dichiaravi esplicitamente? :D

In campo linguistico le classificazioni e le definizioni non servono per cambiare qualcosa ma per capire meglio il fenomeno.
Ma questo è così ovvio che pensavo seriamente stessi scherzando. :)
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V. M. Illič-Svitič
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

bartolo ha scritto:... il Renzi non sta forse dicendo che quel participio può essere interpretato (ché è solo questo che mi interessa: la possibile e corretta interpretazione "attiva" del participio assoluto) attivamente ("Dopo che ebbe chiuso la porta, Piero si allontanò»)?

Grazie :cry:
Caro bartolo, rifletta un attimo.
Non si rende conto che con questa interpretazione il participio non può essere più inteso come "assoluto" (si riguardi la definizione di participio assoluto)?
E possiamo pensare che il Renzi possa credere il contrario?
È possibile che il Renzi con "participio nella costruzione assoluta" intenda qualcosa di diverso da participio assoluto, ma questo non mi sembra molto importante, non crede? :)
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V. M. Illič-Svitič
Bue
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Intervento di Bue »

bubu7 ha scritto:In campo linguistico le classificazioni e le definizioni non servono per cambiare qualcosa ma per capire meglio il fenomeno.
Ma questo è così ovvio
Siccome in vari altri campi le classificazioni invece servono solo per dare un nome, ma non aggiungono nessuna informazione utile, mi chiedevo se questo (questo in particolare, non la classificazione linguistica in generale) non fosse uno di questi casi. E' un po' come la storia dei nomi dei complementi, insomma.
Ladim
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Intervento di Ladim »

Adesso che leggo con un po' più di attenzione, e un po' più di calma, le due frasi del Renzi (e Le chiedo scusa: pago lo scotto di non poter avere il modo e il tempo di leggere con agio, e questi miei interventi, allora, si macchiano di un'eccessiva corrività), capisco i suoi dubbi.

I due esempi del Renzi, dunque, non hanno la stesso significato sintattico. In questo starei col Serianni. Se abbiamo un verbo transitivo, l'esperiente-soggetto subisce l'azione intrapresa da un 'agente' (espresso o non espresso): in questo caso «la porta»-soggetto subisce l'azione dell'«aprire» – e se «la porta» è soggetto (come lo è nel primo esempio), va da sé che il costrutto è assoluto, giacché il soggetto della reggente è quel «Piero».

«Una volta chiusala, Piero si allontanò» ha tutt'altra struttura, e Renzi si sbaglierebbe: il clitico qui ha una funzione deittica, ma indicherebbe un 'oggetto' che si trova al di fuori del contesto linguistico – un oggetto presupposto e presente nella memoria dell'interlocutore. «-la», pertanto, svolge [inequivocabilmente] il ruolo sintattico di complemento oggetto, e il soggetto è lo stesso di quello della reggente (Piero): non si tratterebbe quindi di un costrutto assoluto.

Se dunque Renzi dice che il costrutto assoluto, col participio, ha sempre valore attivo, afferma una cosa che non sottoscriverei. La forma attiva è soltanto coi verbi intransitivi, o con gl'inaccusativi.

La confusione, forse, si spiega col fatto che il soggetto di una participiale assoluta, costruita con un verbo transitivo, condivide alcune peculiarità logiche del complemento oggetto della forma attiva: ma se traduciamo sintatticamente un 'esperiente soggetto' in un 'esperiente oggetto', così come fa il Renzi, trasformiamo la struttura sintattica, modificandola nel profondo (pur mantenendo la stessa circostanza semantica).

Mi faccia sapere.

[La risposta che vorrebbe Bue è da prendere fin troppo seriamente perché io possa mettermi qui, ora, a scriverla: ma il mio timore è che la risposta potrebbe anche non interessargli (sono cose per appassionati, direi, e l'utilità, in questo caso, risiederebbe, in generale, nel controllo e, in particolare, nella nostra capacità di lettura... Ma devo fare punto).]
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bartolo
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Intervento di bartolo »

Grazie, ruminerò nella fine settimana vista la densità della sua risposta, e interverrò da lunedì per commentare. Sempre che a Bue non dispiaccia quest'indugio prolungato. Grazie ancora :wink:
Bue
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Intervento di Bue »

Ladim ha scritto:La risposta che vorrebbe Bue è da prendere fin troppo seriamente perché io possa mettermi qui, ora, a scriverla: ma il mio timore è che la risposta potrebbe anche non interessargli (sono cose per appassionati...
Beh credevo di essermelo conquistato sul campo, il titolo di appassionato...
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ladim ha scritto: I due esempi del Renzi, dunque, non hanno la stesso significato sintattico. In questo starei col Serianni. Se abbiamo un verbo transitivo, l'esperiente-soggetto subisce l'azione intrapresa da un 'agente' (espresso o non espresso): in questo caso «la porta»-soggetto subisce l'azione dell'«aprire» – e se «la porta» è soggetto (come lo è nel primo esempio), va da sé che il costrutto è assoluto, giacché il soggetto della reggente è quel «Piero».

«Una volta chiusala, Piero si allontanò» ha tutt'altra struttura, e Renzi si sbaglierebbe: il clitico qui ha una funzione deittica, ma indicherebbe un 'oggetto' che si trova al di fuori del contesto linguistico – un oggetto presupposto e presente nella memoria dell'interlocutore. «-la», pertanto, svolge [inequivocabilmente] il ruolo sintattico di complemento oggetto, e il soggetto è lo stesso di quello della reggente (Piero): non si tratterebbe quindi di un costrutto assoluto.

Se dunque Renzi dice che il costrutto assoluto, col participio, ha sempre valore attivo, afferma una cosa che non sottoscriverei. La forma attiva è soltanto coi verbi intransitivi, o con gl'inaccusativi.

La confusione, forse, si spiega col fatto che il soggetto di una participiale assoluta, costruita con un verbo transitivo, condivide alcune peculiarità logiche del complemento oggetto della forma attiva: ma se traduciamo sintatticamente un 'esperiente soggetto' in un 'esperiente oggetto', così come fa il Renzi, trasformiamo la struttura sintattica, modificandola nel profondo (pur mantenendo la stessa circostanza semantica).
Il fatto è, caro Ladim, che non ho trovato da nessuna parte della GGIC (almeno leggendo nei luoghi dove rimanda l'indice analitico) una definizione di participio assoluto paragonabile a quella di Dardano, in particolare per quanto riguarda l'indipendenza del soggetto della subordinata.
Ho il dubbio che Renzi per participio assoluto intenda semplicemente un participio usato da solo e non come componente di tempi composti.
In questo caso la frase analizzata, che fuori dal contesto mantiene una certa ambiguità, potrebbe essere interpretata anche come subordinata con lo stesso soggetto.
Quindi:
Una volta chiusa la porta = essendo stata chiusa la porta (participio assoluto secondo Dardano e Serianni).
Una volta chiusa la porta = avendo Piero chiusa la porta (due versioni equivalenti della stessa frase con interpretazione attiva).
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V. M. Illič-Svitič
Ladim
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Intervento di Ladim »

Non ho sottomano nemmeno il Renzi, e quindi non posso verificare, secondo il mio pensiero, le fonti; e sembrerebbe molto strano, in una grammatica come la GGIC, vedere ignorato il significato chiarissimo di subordinazione 'assoluta'.

Ma fermerei ancora due o tre considerazioni.

Senza aggiungere niente, senza affidarci a una 'traduzione' più o meno controllata, dovremmo proporre un'interpretazione la più possibile fedele alla struttura sintattica che stiamo analizzando. La subordinata «Chiusa la porta», quindi, non andrebbe presentata con una traduzione sintattica: bisognerebbe analizzarla esattamente come si presenta.

Se rispondiamo al nostro quesito coinvolgendo una 'traduzione', forse, rischiamo di tradire il messaggio. Non abbiamo sotto gli occhi «avendo Piero chiusa la porta», e nemmeno «essendo stata chiusa la porta» (queste due proposte vorrebbero equivalere alla giusta interpretazione: ma se l'interpretazione è sbagliata, ecco che l'equivalenza della traduzione non ci serve a nulla).

Guardiamo la nostra «porta» così come si presenta nel testo (proponendo alcuni confronti e tenendo fermo il comportamento sintattico del modo participio).

Di norma il participio passato dei verbi transitivi assume diatesi passiva (è qui un indizio fondamentale che ci permette d'individuare il soggetto delle subordinate participiali assolute): quella del Serianni è allora una norma, e non un'idea o una proposta.

Il soggetto – vorrei poi ricordare – è anche la «'cosa' o la 'persona' che si trova nella condizione indicata dal verbo» (e questa, mandata a memoria, dovrebbe essere, mi pare, la semplice spiegazione fornita dal GRADIT); qui la perifrasi esplicativa, col participio, dovrebbe essere sempre con 'essere': 'bevuto il caffè' = è bevuto; è mangiato, è chiuso, è guardato etc.

Altri esempi.

Una volta entrato nella stanza, Piero si fermò: il verbo (qui intransitivo) «entrare» condividerebbe lo stesso soggetto della reggente, indicando la circostanza in cui esso viene a trovarsi – ma questa coreferenza è una mera convenzione grammaticale. In realtà io potrei anche logicamente alludere a un secondo individuo, poniamo, un Mario. Sotto il profilo logico, niente mi vieta di pensare a un soggetto diverso; ma l'economia sintattica, e la norma, oltreché la consuetudine, mi fanno pensare proprio a Piero; diversamente, espliciteremmo il soggetto: Una volta entrato Mario, Piero si fermò. Ecco che abbiamo un participio assoluto (costruzione legittima, ma che vorrebbe in chiaro i due soggetti) di forma o diatesi attiva.

Una volta mangiata la mela, Piero uscì: il verbo (qui transitivo) «mangiare» ci indica ancora la condizione del soggetto, la mela, e lascia inespresso l'agente (che potrebbe anche non essere Piero): la natura transitiva del verbo, abbinata a un soggetto esperiente, rende, al participio passato, la diatesi passiva (ripeto il già detto).

Il participio passato di una proposizione dipendente dovrebbe quindi indicare, grammaticalmente, sempre la condizione di un soggetto (e qui, direi, intravediamo la Norma che alza l'indice).

Guardato il quadro, Piero uscì, dal punto di vista sintattico, non equivale in nulla a Guardatolo, Piero uscì, per la semplice ragione che il pronome -lo accoglie in sé, morfologizzato, il caso accusativo, non quello nominativo. Lo rimanda a un complemento oggetto, e pertanto postula la forma attiva del verbo (transitivo) e suggerisce pure la 'coreferenza' del soggetto con quello della reggente.

Direi quindi che un participio passato di un verbo transitivo ha sempre forma passiva ed è sempre un participio assoluto, salvo che non vi sia un complemento oggetto chiaramente morfologizzato: in questo caso, la forma è attiva e il soggetto è il medesimo di quello della reggente ('-lo'='quadro': Guardatolo, Piero uscì; *Mario guardatolo, Piero uscì mi pare inaccettabile).

Per Bue: non mi fraintenda; i suoi interventi hanno spesso un simpatico tono canzonatorio (un tono che, personalmente, non mi dispiace), e la mia replica voleva solo essere moderatamente scettica, per non dire cauta.
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